Uno dei principali sponsor internazionali del gen. Haftar sarebbe“deluso” dal generale libico per aver “fallito” nel suo tentativo di espugnare la capitale Tripoli in un’offensiva lanciata all’inizio di aprile. Non solo gli Emirati Arabi Uniti (Uae), si starebbero preparando a “sostituire” l’uomo forte della Cirenaica con l’attuale ambasciatore libico ad Abu Dhabi, Aref al Nayed. E’ questa la notizia che da alcuni circola su diversi media libici, vicini però al nemico di Haftar, cioè il governo d’Accordo Nazionale (GNA) di Fayez al Sarraj, rivale del generale.
Secondo l’emittente Libya Alahrar, la piccola petromonarchia che spesso agisce per conto dell’Arabia Saudita, avrebbe chiesto al parlamento di Tobruk di nominare Al-Nayed alla guida del governo di Tobruk, eterno rivale del governo di Tripoli riconosciuto dalla comunità internazionale.
Al-Nayed, secondo quanto scrive il sito Libya Express, dovrebbe diventare anche l’uomo chiave in Libia degli Emirati. Stando alle stesse fonti, Haftar sarebbe caduto in disgrazia a causa della sua incapacità di prendere il controllo di Tripoli dopo tre mesi di offensiva militare, appoggiata proprio ad Abu Dhabi.
L’offensiva ha incontrato una forte resistenza da parte delle forze fedeli al governo di Tripoli, tra cui alcune milizie locali. Haftar si è venuto così a trovare sotto crescenti pressioni internazionali affinché cessi l’operazione militare che ha ucciso centinaia di persone, tra queste quelle che hanno destato maggiore sdegno sono gli almeno 50 migranti la uccisi scorsa settimana in un raid aereo delle forze Haftar su un centro di detenzione.
Ma in quel caso, il ministro dell’Interno del governo di Tripoli, Fathi Bashagha, aveva ribadito in una intervista alla Cnn la sua accusa proprio contro gli Emirati Arabi Uniti, ritenendoli di essere responsabili dell’attacco al centro di detenzione per migranti di Tajoura,. “Accusiamo gli Emirati di aver bombardato il centro con un F16” di fabbricazione americana, aveva tuonato Bashagha, aggiungendo che “è in corso un’indagine libica sulla rotta del caccia, che crediamo sia entrato nello spazio aereo libico dall’Est controllato da Khalifa Haftar”.
La riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza dello scorso 4 luglio, aveva chiesto a tutti gli stati membri il “pieno rispetto dell’embargo sulle armi in Libia, di non intervenire nel conflitto e di non adottare misure che potrebbero aggravarlo“.
Il fuoco di fila contro gli Eau, incluse alcune pressioni da parte degli Stati Uniti, hanno probabilmente portato gli Emirati Arabi Uniti e rivedere repentinamente le loro alleanze in Libia. “Abu Dhabi ha minacciato Haftar che avrebbe ritirato il sostegno militare e il sostegno finanziario alle sue forze se avesse resistito alla sua nuova visione per la Libia”, ha detto una fonte all’emittente Libya Alahrar, secondo la quale lunedi, Haftar e al Nayed si sarebbero incontrati a Bengasi, nell’est libico.
La fonte ha aggiunto che gli Emirati hanno già informato la Missione Onu in Libia della proposta di un governo di Al-Nayed nella Libia orientale ma non avrebbero ancora ricevuto risposta.
Qualche tempo prima degli Emirati Arabi Uniti, anche un altro importante sponsor internazionale aveva lasciato per strada il gen. Haftar. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ricevendo a Instabul domenica scorsa il premier di Tripoli Al Serraj, aveva chiesto alle forze del generale libico Khalifa Haftar di “mettere fine al loro attacco a Tripoli”. Inoltre
Erdogan ha inoltre ribadito il proprio sostegno al “governo riconosciuto dalla comunità internazionale e ha invitato le forze del generale Haftar, il cui autoproclamato Esercito nazionale libico manca di ogni legittimità, a mettere fine al loro attacco alla capitale libica Tripoli”.
Nei giorni scorsi, le milizie di Haftar avevano accusato la Turchia di essere direttamente coinvolta negli scontri in corso attorno a Tripoli dall’inizio di aprile, tanto da prendere di mira materiali, aziende e cittadini turchi in Libia. Un drone turco era stato bombardato sulla pista dell’aeroporto di Tripoli, mentre sei turchi erano stati arrestati la scorsa settimana e rilasciati solo dopo che Ankara aveva minacciato di colpire le forze di Haftar.
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