Abbastanza inaspettatamente, a Vilnius, si sono decise la rimozione della targa dedicata al komplize hitleriano Jonas Norejka e la ridenominazione di una delle principali arterie della città che, dopo il 1991, era stata intitolata a un altro complice nazista e antisemita – Kazys Škirpa – fondatore del Lietuvos Aktyvistų Frontas anti-sovietico.
Poi però, venendo incontro alle richieste dei nazionalisti – gli stessi che devastano i monumenti ai soldati dell’Armata Rossa caduti su quelle terre – sulla “conservazione della memoria storica“, il nuovo Presidente lituano Gitanas Nausėda ha optato per il coinvolgimento nella disputa di “storici competenti”, in modo da non inasprire il “confronto tra opinioni diverse”.
Nel frattempo, ha annunciato “una moratoria sulla cancellazione della memoria storica”, in attesa che “i competenti” stabiliscano quali siano o non siano “gli eroi nazionali” che, da una trentina d’anni, in Lituania e non solo, sono costituiti dai complici degli hitleriani, aperti nazisti, sciovinisti, antisemiti, mentre l’epoca sovietica è stata dichiarata “occupazione”, la simbologia sovietica equiparata a quella nazista, e la negazione di tutto ciò è perseguita penalmente.
Soprattutto negli ultimi dieci anni, sotto la presidenza di Dalja Gribauskajte, i rapporti con Mosca, pur senza rompere le relazioni diplomatiche, sono stati completamente azzerati, fino a dichiarare la Russia “Stato terrorista” e chiedere con insistenza a USA e NATO di “garantire la sicurezza del fianco orientale dell’Occidente” con tutte le armi possibili, quasi a rinverdire l’epopea del Granducato di Lituania (Lietuvos Didžioji Kunigaikštystė) e della sua lotta col Principato di Mosca a partire dal XIII secolo, allorché il primo dominava una larghissima parte dei territori delle odierne Bielorussia, Ucraina, Moldavia, Polonia, Lettonia, Estonia, fino ad arrivare a stabilire il confine col Principato di Mosca nell’area di Smolensk.
E’ così che continua a rimanere in carcere l’esponente del Fronte socialista popolare di Lituania, ex deputato ed ex vice Sindaco di Vilnius, Algirdas Paletskis, arrestato lo scorso ottobre con l’accusa di “spionaggio a favore della Russia”.
A luglio, nonostante le peggiorate condizioni di salute, il suo arresto è stato prolungato di altri tre mesi, dopo che, nel marzo scorso, nel caso giudiziario sulla “aggressione sovietica contro la Lituania”, oltre 60 persone, tra cui l’ex Ministro della difesa dell’URSS, Dmitrij Jazov, erano state accusate di “crimini di guerra” e “crimini contro l’umanità”, per i fatti del 13 gennaio 1991 a Vilnius, a proposito dei quali, già nel 2010, lo stesso Paletskis aveva rischiato l’arresto, per aver dichiarato alla televisione lituana che “i nostri hanno sparato sui nostri”.
Nella vicina Lettonia, invece, dove il nuovo Presidente, Egils Levits, è entrato in carica a luglio, un mese dopo il suo omologo lituano … accadono più o meno le stesse cose. Una delle prime dichiarazioni di Levits è stata contro “il disordine” che regnerebbe nel settore dei media, per cui le persone russofone del paese (oltre il 30% della popolazione) si ostinano a voler essere informate nientemeno che attraverso i canali di lingua russa: “A lungo termine” ha detto, “non è salutare uno spazio informativo bilingue”.
A suo dire, molti media in lingua russa mettono deliberatamente in cattiva luce la Lettonia, nel quadro della “guerra ibrida” scatenata dal “regime di Putin”. Così che, se si porteranno i lettoni russofoni a passare a giornali, siti web e canali tv in lingua lettone o inglese, allora la coscienza di queste persone sarà ripulita dalla “propaganda del Cremlino”.
Su questa linea, dal 2017, giovanissimi ucraini, orfani di “eroi majdanisti” caduti in Donbass, vengono ospitati nei lager estivi della milizia “Jaunsardze”, ramo giovanile dell’organizzazione armata volontaria “Zemessardze” (Difesa territoriale), inquadrata nelle Forze armate lettoni e impegnata in costanti esercitazioni contro il “pericolo di aggressione” russa. Per quanto ci sia da dubitare della carenza, in Ucraina, di simile “preparazione”, ora Jaunsardze si occupa della “formazione ideologica”, oltre che dei giovanissimi russofoni lettoni, anche di quelli ucraini, per educarli, come sostiene il Ministro della difesa Artis Pabriks, imperterrito ammiratore delle ex SS lettoni, in uno “spirito patriottico” e ostacolare la “propaganda russa” su di loro.
Lo stesso Pabriks, se nel 2004, nei panni di Ministro degli esteri, aveva preteso da Mosca il riconoscimento del “fatto dell’occupazione sovietica della Lettonia, dal 1940 al 1991”, oggi se la prende con le “misere” spese militari chieste dalla NATO: “Con questo 2% non possiamo in alcun modo risolvere i problemi della difesa aerea e costiera. Ho detto molte volte che dobbiamo andare oltre, perché il 2% è solo il minimo per la nostra sicurezza, che non è in grado di garantirne una serie di aspetti”. Musica per le orecchie di Bruxelles, Washington, Londra.
In visita a giugno al porto di Klajpeda, in Lituania, in occasione dell’inizio delle ennesime manovre NATO “Baltic Protector”, la ex (da maggio a luglio 2019) ministro delle difesa di sua maestà, Penny Mordaunt, plaudendo alla “perfetta preparazione baltica contro la crescente aggressività russa” – cioè la dislocazione di missili “Iskander” nella regione di Kaliningrad, in risposta ai sistemi “Aegis” in Romania e Polonia – ha promesso l’aumento delle presenza militare britannica nella regione, nel quadro della creazione del comando delle Forze unite di spedizione a guida britannica. Forze non certo “difensive” (la parola stessa “spedizione” lo testimonia), che si affiancano ai contingenti multinazionali in Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia (rispettivamente sotto comando britannico, canadese, tedesco e USA) e a cui si aggiungono ora elementi più recenti.
Come ricorda Sergej Orlov su Svobonaja Pressa, a giugno è giunta in Estonia una prima partita di 18 sistemi razzo anticarro USA “Javelin”, come tranche della fornitura di 80 sistemi, per 40 milioni di euro. La tedesca EuroSpike GmbH ha consegnato alla Lituania due trasporti truppe tedeschi “Boxer”, i primi di una serie di 88 veicoli (per 390 milioni di euro), completi di torretta armata col sistema razzo anticarro israeliano “Spike-LR”. A uso e consumo della memoria storica degli “eroi” komplizen dei nazisti.
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