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Ucraina: banchetti per i monopoli occidentali, nemmeno briciole per il Donbass

Ultime notizie dall’Ucraina. Il Ministro degli esteri Vadim Pristajko ha dichiarato che Kiev potrebbe ritirarsi dagli accordi di Minsk, se la riunione del “quartetto normanno”, prevista per la prima decade di dicembre, non darà i risultati attesi dai golpisti.

L’inviato dei padroni di casa, il consigliere USA presso l’Osce, Gregory Makris, ha addirittura dichiarato che, in vista delle elezioni nelle Repubbliche popolari, previste dagli accordi di Minsk, gli organi politico-amministrativi di LNR e DNR dovrebbero essere sciolti.

Sul fronte dei combattimenti, continuano, pur con minore intensità, i martellamenti delle forze ucraine sul Donbass: negli ultimi giorni, colpiti nella DNR la periferia nord di Donetsk, i villaggi di Staromikhajlovka, Luganskoe, Dokučaevsk, Petrovskoe; nella LNR: Loginovo, Kalinovka, Kalinovo, Želobok.

Ma, secondo le milizie della DNR, continuano anche gli scontri tra reparti neonazisti e forze dell’esercito ucraino, in particolare nei cosiddetti “punti pilota” per l’arretramento delle forze: nell’area di “Petrovskoe-Bogdanovka”, terroristi di “Pravyj Sektor”, che si oppongono al piano di smilitarizzazione della linea di separazione tra le forze, hanno mitragliato un camion di soldati ucraini, uccidendone uno e ferendone altri quattro; a nord di Jasinovataja, quattro militari della 92° Brigata meccanizzata, sono morti bruciati vivi nell’edificio in cui erano acquartierati, colpito da nazisti ucraini.

Per completare il quadro, la Rada ha approvato in prima lettura (ne occorrono altre due) la legge sulla vendita ai privati di terreni agricoli. Per avere un’idea della questione, scrive Viktor Čërnyj su news-front, nel 1990 la superficie media di un kolkhoz ucraino era di 3.400 ettari; e se in Polonia, oggi, 15 milioni di ettari possono andare a due milioni di agricoltori (potendone detenere ciascuno non più di 500 ha), i 40 milioni di ha di fertilissimi terreni agricoli ucraini potrebbero esser suddivisi in “particelle” da 200.000 ha (tanti se ne può accaparrare un singolo proprietario) in mano a 200 privati: o anche meno, se si considera la molto reale possibilità che monopoli occidentali controllino le azioni degli oligarchi locali.

Uno dei quali, Gennadij Balašov, leader del cosiddetto “Partito libertario 5.10”, ha “espresso gratitudine a Zelenskij”, che con tale legge consente “lo sviluppo sul nostro territorio della produzione agricola di compagnie danesi, olandesi, svizzere, francesi, tedesche, polacche”.

Peccato che ciò significhi un moderno “enclosure act”, sul modello descritto da Marx per l’Inghilterra dei secoli passati, che portò alla cacciata di milioni di contadini dalle terre demaniali e alla loro riduzione a mendicanti nelle città. Tra l’altro, il formale divieto di vendita di terreni agli stranieri è facilmente aggirabile mediante la creazione di società fittizie, con cui già operano gruppi transnazionali quali Dole Food, Frash Del Monte Produce o First Farms.

In compenso, l’impresa energetica USA che fa capo ai compari del Segretario per l’energia Rick Perry, ha ottenuto un contratto per l’esplorazione dei giacimenti di petrolio e gas ucraini nell’area di Varvinskoe. Nel corso della visita di Perry a Kiev, per l’insediamento di Vladimir Zelensky, il cosiddetto “evangelizzatore” del GNL yankee – da lui definito “gas della libertà” – avrebbe consegnato al neo Presidente ucraino un elenco di “raccomandati” come consulenti energetici: guarda caso, i suoi vecchi sponsor Michael Bleyzer e il socio d’affari nella “Aspect Holdings”, Alex Cranberg.

Appena una settimana dopo, Bleyzer e Cranberg hanno presentato domanda di esplorazione e, secondo quanto scrive dailymail.co.uk, dei nove blocchi assegnati, la loro offerta è stata l’unica vincitrice, non essendoci stata la partecipazione di alcuna società ucraina.

In questa situazione, le prospettive per il Donbass sono tutt’altro che positive.

L’Ucraina non ha alcuna intenzione di ripristinare le infrastrutture civili del Donbass distrutte dalle forze di Kiev, ha dichiarato a LuganskInformTsentr il presidente dei sindacati della LNR per le piccole imprese innovative Andrej Kočetov; questo, nonostante gli abitanti Pervomajsk, le cui abitazioni erano state distrutte o danneggiate dai bombardamenti ucraini nel 2014, abbiano intentato cause dinanzi alla Corte europea per i diritti dell’uomo.

“E’ del tutto prevedibile” ha detto Kočetov, “che gli abitanti del Donbass chiederanno alle autorità ucraine, che a parole intendono reintegrare il Donbass, di coprire le perdite subite per le azioni di guerra”; del resto, ha detto Kočetov, “i militari ucraini hanno distrutto deliberatamente le infrastrutture civili, per odio o per divertimento”. Ma, per ottenere qualcosa, “i civili devono intentare causa contro le autorità di Kiev, che hanno cinicamente chiuso gli occhi sui saccheggi dei soldati ucraini in Donbass”. Ma, già da tempo è chiaro che “l’Ucraina non ha intenzione di ripristinare il Donbass”.

La Presiedente del Tribunale popolare ucraino per le indagini sui crimini di guerra del regime di Petro Porošenko, Elena Šiškina, ha detto che dall’inizio del conflitto in Donbass, fino a marzo 2018, sono stati presentati al Tribunale penale internazionale e alla Corte europea per i diritti umani oltre 2.500 testimonianze di crimini ucraini contro i civili.

Roman Gubajdulin, capo del dipartimento della Procura della LNR per il controllo della legalità nella sfera militare ha riferito che, tramite la Procura, dal luglio 2018, gli abitanti colpiti dai bombardamenti ucraini hanno presentato oltre 300 denunce alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Al 25 febbraio 2019, la Procura generale della LNR ha riconosciuto oltre tremila abitanti vittime delle azioni delle forze ucraine in Donbass.

Anche la vice Ministro degli esteri della LNR, Anna Soroka ha parlato di 16 denunce per atti di genocidio commessi dalle forze ucraine, presentate da abitanti di dieci distretti della LNR alla Corte europea dei diritti dell’uomo con il concorso della Commissione speciale della Repubblica.

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