Una inchiesta interna del governo degli Stati Uniti nel 2014 per capire cosa non stava funzionando nella infinita guerra afghana che stavano combattendo ininterrottamente fa 2001, senza risultati e con una enormità di perdite umane e di soldi. Vietnam 2, se non peggio. E l’allora governo Obama aveva scoperto che il governo di Bush junior e l’esercito statunitense avevano mentito per anni sull’andamento della guerra.
Controstoria di un conflitto che ormai va avanti da 18 anni, e degli errori della missione americana in Afghanistan dal 2001 a oggi. A pubblicare gli ‘Afghanistan Papers’ il Washington Post, dopo di una battaglia legale durata tre anni e vinta. Un’autorizzazione prevista dal Freedom of Information Act, la legge americana che garantisce il diritto di accesso agli atti amministrativi.
In realtà l’indagine del WP è andata molto più a fondo non accontentandosi degli anni governativi ottenuti. Da duemila pagine di interviste a centinaia di funzionari, ufficiali dell’esercito e consulenti, è emerso che per anni diversi pezzi dello Stato hanno diffuso informazioni false sull’andamento della guerra per non ammettere che non poteva essere vinta.
La guerra mai capita
Diversi intervistati denunciano ora la scarsissima conoscenza che gli Stati Uniti avevano della realtà afghana prima della guerra decisa dopo gli attentati dell’11 settembre del 2001, e della successiva frustrazione per la mancanza di progressi concreti.
«Cosa ci stavamo a fare laggiù? Non avevamo la minima idea di quello che ci eravamo impegnati a fare», disse nel 2015 Douglas Lute, un generale che lavorò sulla strategia in Afghanistan per la Casa Bianca sia sotto l’amministrazione di George W. Bush sia sotto quella di Barack Obama.
Guerra più lunga e peggior sconfitta
La guerra in Afghanistan, la più lunga nella storia degli Stati Uniti, iniziò nell’ottobre 2001 in risposta agli attacchi terroristici dell’11 settembre a New York e a Washington compiuti da al Qaida che aveva la sua base nel territorio afghano ed era protetta dal regime dei talebani.
Da allora decine di migliaia di soldati americani e afghani sono stati uccisi, e la guerra, stima di qualche mese fa, è costata agli Stati Uniti 932 miliardi di dollari.
A distanza di 18 anni la situazione in Afghanistan non è affatto migliorata con ampi pezzi di territorio controllati dai talebani, con cui da quasi un anno gli Stati Uniti stanno negoziando -per ora senza risultati- un accordo di pace.
Miraggi afghani
«In principio – osserva il quotidiano – la logica che ha guidato l’invasione dell’Afghanistan era chiara: distruggere al-Qaida, rovesciare i talebani e impedire una ripetizione degli attacchi terroristici dell′11 settembre».
«Ma poi sono bastati pochi mesi a perdere il focus e far finire le ultime amministrazioni Usa in un pantano dall’eco vietnamita -sottolinea Giulia Belardelli sull’Uffington Post-. Strategie di guerra basate su ipotesi errate su un Paese che non capivano. Il risultato: un conflitto impossibile da vincere senza una facile via d’uscita».
Una guerra alla cieca
«Diplomatici e comandanti militari hanno ammesso di aver faticato a rispondere a semplici domande: chi è il nemico? Su chi possiamo contare come alleati? Come sapremo quando avremo vinto? Un buio totale, un clima di incertezza che sarebbe stato sistematicamente coperto parlando invece di “progressi” nella guerra in Afghanistan». Le loro strategie differivano – sintetizza il WP – ma Bush e Obama hanno entrambi commesso degli errori iniziali dai quali non si sono più ripresi, secondo le interviste.
Iraq, l’errore di Bush
«Dopo una serie di rapide vittorie militari nel 2001 e all’inizio del 2002, Bush decise di mantenere una forza leggera di truppe statunitensi in Afghanistan a tempo indeterminato per cacciare sospetti terroristi sempre HuffPost-. Ben presto, tuttavia, fece piani per invadere un’altra nazione – l’Iraq – e l’Afghanistan scivolò in secondo piano. Troppo in secondo piano, secondo i suoi uomini di allora, una leggerezza che agevolò il ritorno dei talebani».
Democrazia export l’errore di Obama
«Obama stracciò la strategia antiterrorismo di Bush approvando un piano diametralmente opposto: una massiccia campagna di controinsurrezione, sostenuta da 150.000 truppe statunitensi e NATO, nonché tonnellate di aiuti per un debole governo afgano». Obama e la promessa di portare a casa le truppe statunitensi entro la fine della sua presidenza. Errore a lui imputato, la fretta nell’ottenere risultati e per l’eccessiva dipendenza da un governo afghano corrotto e disfunzionale.
Bush, Obama e Trump i prezzi pagati
«Negli ultimi 18 anni, oltre 775.000 truppe statunitensi sono state schierate in Afghanistan, molte di queste ripetutamente. Di questi, 2.300 sono morti sul campo e 20.589 sono tornati a casa feriti, secondo i dati del Dipartimento della Difesa. Secondo studi della Brown University statunitense e dell’UNAMA le vittime civili afghane, pur difficilmente calcolabili, ammonterebbero ad almeno 35000 morti. Oggi circa 13.000 soldati statunitensi sono ancora in Afghanistan. L’esercito degli Stati Uniti riconosce che i talebani sono più forti ora che in qualsiasi momento dal 2001. Eppure non vi è stata una completa contabilità pubblica per i fallimenti strategici dietro la guerra più lunga della storia americana».
ANCHE NOI ITALIANI NEL MEZZO
Il 7 ottobre del 2001, cominciava in Afghanistan una guerra dichiarata da Stati Uniti e Regno Unito per combattere l’organizzazione terroristica al Qaida responsabile degli attentati dell’11 settembre negli Stati Uniti. Nel giro di poche settimane il regime talebano era stato rimosso dal potere, le forze alleate erano arrivate a Kabul costringendo molte importanti figure di al Qaida e dei talebani a fuggire nella zona vicina al confine col Pakistan, se non direttamente oltre confine.
Alla fine dell’anno il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dava autorizzazione e copertura giuridica all’intervento militare, creando la cosiddetta missione ISAF (International Security Assistance Force), di cui poi la NATO prenderà il controllo nel 2003. Alla missione partecipavano quindi decine di paesi, tra cui Germania, Francia, Italia, Polonia, Romania, Turchia, Australia, Spagna, Albania, Belgio, Canada, Repubblica Ceca, Norvegia.
La guerra attualmente in corso in Afghanistan non ha più alcun riferimento alle motivazioni di origine, anti terrorismo Usa o Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che aveva avallato la missione Nato in cui l’Italia è coinvolta dal 2003. Da allora, gran parte dei Paesi della vecchia missione Isaf hanno portato a casa i loro militari. L’Italia insiste con un contingente attuale di circa 900 militari.
Domanda ripetuta dal piccolo Remocontro: quando il governo ci dirà del futuro di questa costosa e incomprensibile missione militare che ormai non ha quasi più sostenitori neppure negli Stati Uniti?
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