“Un passo dovuto da tempo”, così il governo palestinese accoglie l’annuncio della capo procuratrice della Corte penale internazionale: ieri Fatou Bensouda ha annunciato l’apertura di un’inchiesta per crimini di guerra israeliani commessi nei Territori occupati palestinesi.
Per Bensouda ci sono «basi ragionevoli per procedere, crimini di guerra che vengono o sono stati commessi in Cisgiordania, Gerusalemme est e Gaza». Quel che manca è il territorio di giurisdizione su cui dovrà esprimersi il tribunale, perché Israele non è membro della Cpi, così come gli Stati uniti (la Palestina ha invece aderito nel 2015). Ai giudici si è rivolta la stessa Bensouda che ha chiesto di prendere una decisione nel più breve tempo possibile.
A rispondere per primo è il premier israeliano Netanyahu: «La Corte no non ha giurisdizione su questo caso, ha giurisdizione solo su denunce mosse da Stati sovrani. Non esiste uno Stato palestinese. Si tratta di una decisione per delegittimare lo Stato di Israele».
«Un passo positivo e incoraggiante – ha invece commentato Saeb Erekat, capo della diplomazia dell’Olp – che ci porta più vicini all’apertura di un’inchiesta penale sui crimini commessi in Palestina, per porre fine all’impunità dei responsabili e contribuire alla giustizia».
In questi anni, a partire dall’ingresso nella Corte dell’Aia nel 2015, i palestinesi hanno avviato la raccolta di prove per dimostrare i crimini commessi da Israele, confische di terre, demolizioni di case, arresti in detenzione amministrativa (senza processo né accuse ufficiali), costruzione di colonie e trasferimento della propria popolazione in territorio occupato secondo il diritto internazionale, oltre alle migliaia di vittime civile durante le offensive militari contro la Striscia di Gaza.
Risale al 2005 la sentenza della Corte penale internazionale che condannava la costruzione del muro di separazione da parte di Israele in territorio palestinese, ordinando di smantellarlo. Ma da allora nulla è mai successo e il muro è ancora al suo posto. (Nena News)
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