Riportiamo una lettera recapitata e pubblicata da “El Periodico”, quotidiano della Comunità autonoma della Catalogna, di un’infermiera che opera nell’ospedale di una piccola località della provincia di Barcellona, Montgat. Queste parole descrivono con la forza della semplicità il dramma umano e le difficoltà professionali che tantissimi operatori sanitari “di prima linea” stanno denunciando in giro per il mondo.
Il Regno spagnolo è nel pieno dell’emergenza, il servizio sanitario gestito in maniera mista tra pubblico e privato non è in grado di reggere l’impatto dei contagi nelle comunità della penisola. Il primo infatti sta subendo le conseguenze dei tagli e delle privatizzazioni a favore del secondo, i quali si traducono nella minor capacità del pubblico di dare le risposte necessarie alle esigenze dei propri abitanti, sia che siano pazienti, lavoratori, pensionati in una casa di riposo, ecc.
Non è un caso che i problemi maggiori si stiano registrano nella Comunità autonoma di Madrid, laboratorio del modello di smantellamento pubblico aguirrista, a cui va aggiunta l’inadeguatezza politica della classe dirigente (o forse dovremmo dire, gramscianamente, dominante) nel prevenire l’esplosione degli infetti, di cui la concessione per la manifestazione in piazza dello scorso 8 marzo, proprio a Madrid, è sotto l’indice accusatorio che viene mosso contro il governo capitanato dal duo Sanchez-Iglesias.
Tutto questo mentre molte comunità autonome continuano a chiedere all’esecutivo il confinamento dei loro territori per meglio gestire la diffusione dei contagi, tanto che nell’ultima plenaria del Congresso dei deputati, le rappresentanze indipendentiste catalane si sono simbolicamente astenute dall’approvazione sul prolungamento sullo stato di emergenza, alla luce del rifiuto del governo di paralizzare l’attività produttiva e di isolare le comunità.
Proprio pochi minuti fa, il Ministero della Salute ha rilasciato gli ultimi dati sulla situazione nel Regno (dove avviene di mattina, contrariamente all’Italia): 769 decessi nelle ultime 24 ore, che porta a 4.858 il totale dei fallecidos, con il numero dei contagiati che arriva a 64.059 e quello dei guariti a 9.357.
Numeri da “guerra civile in corso”, il cui nemico tuttavia non si trova fisicamente aldilà di una barricata facilmente riconoscibile, ma si è insinuato nella (almeno) trentennale organizzazione criminosa di una società basata sull’individualismo, sulla competizione sfrenata e sul profitto dei pochi a danno di tutti.
Di seguito, dunque, una testimonianza sugli effetti che tutto questo sta provocando “nel fronte”.
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Cari lettori, benvenuti nel mio stato di allarme. Sono infermiera in un ospedale locale, ma penso di poter parlare a nome di tutti i miei colleghi, quelli che, come me, lavorano turno dopo turno per cercare di migliorare questa situazione, dando quello che abbiamo e che conosciamo.
Questa lettera è una richiesta di aiuto, un aiuto che deve essere ascoltato da tutte le amministrazioni di tutti i comuni, da coloro che li gestiscono e che cercano di venderci in tutte le elezioni la loro preoccupazione per il loro popolo, per la loro gente. È il momento di dimostrarlo.
Il confinamento è stato fatto per evitare il crollo degli ospedali. Signori, siamo già crollati e traboccanti. Siamo a questo punto da giorni. Gli ospedali non hanno la capacità per questo tipo di situazioni e non sono più in grado di affrontare la portata di questa tragedia.
Arrivi al tuo turno con la paura di quello che troverai, di avere i corridoi e i piani di emergenza pieni di persone alle quali non potrai dare il minimo delle cure, il minimo dell’assistenza, la morte più dignitosa… e partiamo con l’impotenza, con la tristezza e con la desolazione che questa sensazione per cui sei diventato infermiere, medico, inserviente… e un numero infinito di altri professionisti che lavorano fianco a fianco, ora non è più utile per mancanza di mezzi, di spazio e di risorse.
Abbiamo bisogno di aiuto e ne abbiamo bisogno ora. Abbiamo bisogno che aprano spazi sociali, alberghi, padiglioni… per poter realizzare ospedali da campo; abbiamo bisogno di proteggerci per non ammalarci e per poter continuare ad andare a prenderci cura della nostra gente e della vostra; abbiamo bisogno di avere il materiale necessario per poter curare intere popolazioni. Signori, SOS.
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