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Francia. La riapertura delle scuole, tra polemiche e proteste

La Francia si appresta ad entrare nella “Fase 2” dell’epidemia da Covid-19, mentre sussistono tutte le criticità evidenziate finora da una gestione che – quando c’è stata – è risultata essere decisamente irresponsabile sul piano della salute collettiva ed inefficace nel fronteggiare l’emergenza sanitaria in tutta la sua portata.

Secondo le ultime cifre pubblicate ieri dalla Santé Publique France, dal 1° marzo la Francia ha registrato 22.865 decessi a causa del Coronavirus, di cui 242 nelle ultime 24 ore, numero in calo rispetto ai giorni precedenti.

Nel suo discorso del 13 aprile, il Presidente Emmanuel Macron aveva annunciato l’estensione delle misure di confinamento e le restrizioni degli spostamenti fino all’11 maggio prossimo. Per questa data, era stata prevista la riapertura progressiva di asili nido, scuole e licei, ma non delle università.

In quella sede, però, Macron non aveva comunicato alcun dettaglio né su come, né in quali condizioni, sarebbe stato possibile riprendere l’attività didattica dopo il confinamento: “Il governo dovrà stabilire regole speciali, organizzare il tempo e lo spazio in modo diverso, e proteggere i nostri insegnanti e i bambini con le attrezzature necessarie”, si era limitato a prefigurare.

A due settimane da quel discorso, queste precisazioni non sono state né comunicate né elaborate. Al contrario, si sono susseguite tutta una serie di dichiarazioni discordanti e talvolta contraddittorie che hanno dimostrato chiaramente la completa mancanza di prospettiva e pianificazione circa una strategia per il cosiddetto deconfinamento e la ripresa della didattica.

Il primo ad aprire questo valzer è stato il Premier Philippe, il quale aveva annunciato (19 aprile) che la riapertura delle scuole non sarebbe avvenuta in maniera uniforme in tutta la Francia, ma che sarebbe dipesa dalla regione in base alla gravità del contagio.

Un’ipotesi, quella del “deconfinamento regionalizzato”, esclusa dallo stesso Macron appena quattro giorni dopo (23 aprile), con l’annuncio di un ritorno a scuola degli studenti “sulla base della volontà dei genitori”.

L’altra ipotesi prevista da Philippe riguardava la “divisione in due” delle classi, cosa che avrebbe comportato che una frequentazione da parte degli studenti a settimane alternate. Un’idea poi rivista dal ministro dell’educazione, Jean-Michel Blanquer, il quale aveva annunciato (21 aprile) le linee guida per un rientro molto progressivo, esteso su tre settimane in base al livello dei corsi, assicurando un numero massimo di 15 studenti presenti contemporaneamente in classe e mantenendo comunque l’insegnamento a distanza.

Dunque, l’11 maggio non ci sarà una ripresa obbligatoria per tutti, ma sarà a discrezione dei genitori che prenderanno la decisione finale di mandare o meno i propri figli a scuola. Ovviamente, i margini di scelta si assottigliano sostanzialmente per tutti quei genitori che dall’11 maggio saranno anche costretti a tornare fisicamente a lavoro per la ripresa delle attività di industrie e servizi.

Ma è una scelta imposta anche per tutti quegli studenti che hanno difficoltà oggettive a seguire la didattica a distanza in via telematica, a causa delle profonde disuguaglianze sociali ed economiche. Ebbene, questi studenti saranno “sacrificabili”, a differenza di coloro che hanno tablet con connessione rapida e per cui i genitori possono pagare un/una babysitter giornaliera.

A completare il quadro dell’incapacità da parte del governo nel pianificare il rientro a scuola, sabato 25 aprile è stato reso noto ilparere del Consiglio scientifico, il quale evidenzia un netto e chiaro disaccordo con le scelte operate da Edouard Philippe e Emmanuel Macron.

Nonostante si approvi la fine del confinamento in generale, per quanto riguarda il caso specifico delle scuole, il Consiglio scientifico ha indicato la sua preferenza per la ripresa della didattica soltanto dal prossimo settembre.

Viene quindi spontaneo porsi una domanda, tanto ragionevole quanto fondamentale: su che base scientifica allora è stata stabilita la data della riapertura delle scuole a partire dall’11 maggio?

Si ha la sensazione che la volontà sia quella far rientrare a scuola molto rapidamente gli studenti che non possono essere tenuti a casa dai genitori per far ripartire la macchina economica”, è il commento di Benoît Teste, segretario generale della FSU, la principale federazione sindacale nel campo dell’istruzione.

Pertanto, il Presidente Macron ha chiaramente preso una decisione senza il parere del Consiglio scientifico, mettendo ancora una volta avanti gli interessi economici delle organizzazioni padronali, preoccupate per la caduta del PIL e della recessione alle porte.

Tuttavia, il Consiglio scientifico ha dichiarato “di avere preso atto delle scelte politiche” – scriteriate e scellerate – di Macron ed esprime alcune raccomandazioni essenziali per la ripresa dell’attività didattica ed in generale la vita all’interno degli istituti scolastici a partire dall’11 maggio. Gli esperti chiedono una pulizia regolare nelle scuole e l’obbligo di indossare mascherine nelle scuole medie e superiori.

Al tempo stesso, il Consiglio scientifico ritiene che l’utilizzo di tale dispositivi sia impossibile per i bambini degli asili e delle materne; per gli alunni delle scuole elementari, invece, ritiene che sia difficile stabilire un’età precisa alla quale si raggiunga una “comprensione sufficiente per raccomandare l’uso della maschera in modo appropriato”, considerando per questo essenziale il ruolo dei genitori.

Saranno le scuole stesse a determinare, in completa autonomia, il ritmo più adatto per accogliere alunni e studenti e assicurare il rispetto delle misure sanitarie. In concreto, le scuole dovranno pensare all’organizzazione delle giornate e delle attività scolastiche per garantire che “gli alunni di una classe non si incrocino con quelli di un’altra classe” o che “gli alunni dello stesso livello non si incrocino con quelli di un altro livello”, adattando i tempi di ricreazione a questa strategia. Infine, conclude il Consiglio scientifico, si sconsiglia l’apertura delle mense e si raccomanda che “i bambini mangino in classe sul tavolo”, se possibile.

In questo momento c’è troppa incertezza per poter dire che l’11 maggio settimane saremo pronti”, ha evidenziato Francette Popineau, co-segretaria generale e portavoce dello SNUipp-FSU, il principale sindacato degli insegnanti delle elementari, esprimendo tutti i suoi dubbi su quanto finora indicato dal governo per il ritorno in classe di milioni di studenti francesi.

Non vediamo come possiamo far entrare nelle scuole gli insegnanti e tutto il resto del personale senza un massiccio screening e senza la garanzia che tutte le misure necessarie saranno prese sul posto, come la distribuzione di mascherine ogni mattina e la disinfezione quotidiana delle aule”, ha aggiunto Marc Pupponi, segretario del sindacato nazionale degli insegnamenti di secondo livello (Snes).

Nessuna ripresa senza uno screening sistematico e senza tutte le misure di protezione necessarie”, scrive in un comunicato la Federazione Nazionale di Educazione Culturale e Formazione Professionale del sindacato Force Ouvrière (FO), il quale sottolinea come la riapertura di asili nido, scuole e licei sia “irresponsabile, pericolosa e impossibile” nelle condizioni attuali. “Rifiutiamo che la scuola e la nostra vita siano la variabile di aggiustamento di cui debba servirsi il Medef (la Confindustria francese, ndr)”, aggiunge.

Gli insegnanti del movimento “Les Stylos Rouges” hanno fatto appello e dichiarato che, se non verrà rivista la decisione sulla riapertura delle scuole il prossimo 11 maggio, faranno valere il proprio “droit de retrait”, ovvero non svolgeranno lezione né saranno presenti in aula a causa del rischio per la loro salute al quale il governo e Macron vorrebbe esporli, tanto all’interno degli istituti scolastici che nel trasporto pubblico.

In un comunicato congiunto con gli studenti del movimento “Bloquons Blancher” e della “Coordination Lyceenne Nationale”, sostengono che si tratta di “un vero rischio per la salute pubblica in nome degli interessi economici” e che il governo è il solo responsabile, rigettando la logica sulla scelta volontaria da parte dei genitori.

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