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Israele: un governo a due teste

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il suo principale rivale hanno annunciato di aver stretto un accordo per formare un governo di coalizione di “emergenza”, ponendo fine alla peggiore crisi politica nella storia del paese.

L’accordo tra il Partito Likud di Netanyahu e l’alleanza blu e bianca dell’ex capo militare Benny Gantz pone fine a mesi di paralisi politica ed evita quella che sarebbe stata una quarta chiamata alle urne consecutiva in poco più di un anno.

L’accordo di condivisione del potere significa che Netanyahu (al potere consecutivamente negli ultimi 11 anni) rimarrà quasi sicuramente in carica per la durata del suo prossimo processo, è sotto accusa penale per corruzione, accusa che include la frode e la violazione della fiducia istituzionale, e degli elettori.

In base all’accordo triennale, Netanyahu fungerà da primo ministro per la prima metà del mandato, con Gantz che assumerà l’incarico per la seconda metà.

Il partito di Gantz prenderà il controllo di un certo numero di ministeri del governo senior, compresi gli affari esteri e la difesa, ma il partito di Netanyahu acquisirà influenza sulle nomine giudiziarie – una richiesta chiave del primo ministro proprio mentre si prepara al processo.

“Ho promesso allo Stato di Israele un governo di emergenza nazionale che lavorerà per salvare vite e mezzi di sussistenza per i cittadini israeliani”, ha twittato Netanyahu. Fonti ben informate affermano che Netanyahu sta cercando di assicurarsi la permanenza in un ruolo influente anche dopo aver consegnato la premiership a Gantz.

Secondo la dichiarazione congiunta, la coalizione servirà da “governo di emergenza” per i primi sei mesi. Durante quel periodo, non devono essere introdotte leggi che non hanno nulla a che fare con il coronavirus.

Un’eccezione, tuttavia, è l’intenzione di Israele – in accordo con il piano mediorientale del presidente americano Donald Trump – di annettere la valle del Giordano e gli insediamenti ebraici illegali e altri territori nella Cisgiordania occupata, azioni che sfidano e violano il diritto internazionale.

Netanyahu potrebbe presentare questi piani dal primo luglio, secondo la dichiarazione, per ottenerne l’approvazione.

I palestinesi hanno considerato il nuovo governo israeliano un governo di “annessione”, affermando che l’accordo congiunto abbatterebbe ogni speranza di pace. “La formazione di un governo di annessione israeliano significa la fine della soluzione di due Stati e lo smantellamento dei diritti del popolo palestinese”, ha dichiarato il primo ministro palestinese Mohammed Shtayyeh.

Hanan Ashrawi, alto funzionario dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina, ha dichiarato che sono attesi “giorni molto pericolosi e impegnativi”, dato lo stretto rapporto di Trump con Netanyahu. “Questo è estremamente pericoloso non solo per la Palestina, per Israele, per la regione, ma per il mondo”, ha detto Ashrawi.

Gantz nella campagna elettorale aveva promesso di non sedere in un governo guidato da un primo ministro, implicato in un procedimento penale, ma di recente ha fatto marcia indietro, affermando che l’enormità della crisi del coronavirus ha reso necessario un governo di unità di emergenza.

“Abbiamo impedito una quarta elezione. Proteggeremo la democrazia. Combatteremo il coronavirus e ci prenderemo cura di tutti i cittadini israeliani”, ha dichiarato Gantz su Twitter dopo aver firmato l’accordo. Netanyahu ha twittato un’immagine della bandiera blu e bianca di Israele.

Dopo che le elezioni del 2 marzo si sono concluse con una situazione di stallo, i due leader hanno concordato, alla fine del mese scorso, di cercare di formare un governo di unità “di emergenza” per far fronte alla crescente crisi del coronavirus.

I colloqui si sono trascinati e bloccati più volte da allora, secondo quanto riferito, a causa dei problemi legali personali di Netanyahu, suscitando la preoccupazione che il crollo di un accordo avrebbe costretto il paese a nuove elezioni. Anche se Netanyahu si è presentato in calo nelle ultime elezioni, l’accordo di coalizione lo riporta di nuovo a capo del governo, a dispetto dei critici che l’hanno dato per perdente, ripristinando la sua reputazione di “mago” politico.

“Il nuovo governo di coalizione in Israele rende molto più probabile la prospettiva dell’annessione di parti della Cisgiordania. Ciò significa che le aree attualmente considerate occupate dal diritto internazionale, verranno sottoposte alla sovranità di Israele.

Le Nazioni Unite e l’Unione Europea hanno avvertito Israele di non annettere parti della Cisgiordania occupata, perché ciò “costituirebbe una grave violazione del diritto internazionale”. Josep Borrell ha dichiarato che il blocco di 27 paesi membri non riconosce la sovranità israeliana sul territorio palestinese e che “continuerà a monitorare da vicino la situazione e le sue implicazioni più ampie, e agirà di conseguenza”. Uguale avvertimento viene anche dalla Russia.

Il segretario di Stato degli Stati Uniti Mike Pompeo ha dichiarato mercoledì 22 aprile: “Per quanto riguarda l’annessione della Cisgiordania, saranno gli israeliani alla fine a prendere quella decisione”. E ancora: “Questa è una decisione israeliana. E lavoreremo a stretto contatto con loro per condividere con loro le nostre opinioni su questo in un ambiente privato”.

La base pro-coloni di Netanyahu è ansiosa di andare avanti con l’annessione mentre è in carica l’amministrazione amichevole del presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

Israele ha occupato la Cisgiordania durante la guerra del 1967. Da allora, oltre 700.000 israeliani si sono trasferiti in insediamenti in Cisgiordania e Gerusalemme est, sebbene la maggior parte della comunità internazionale consideri illegali gli insediamenti in Cisgiordania in base al diritto internazionale e essi costituiscano un ostacolo alla soluzione di due Stati.

Al di là di due Stati o uno Stato, il fatto è che Israele prosegue nelle sue violazioni del diritto internazionale, ed è determinata a continuare a sfidare tutti, ONU, Ue, paesi arabi ed islamici. Il popolo palestinese si aspetta qualcosa di più delle condanne e della deplorazione, che sono importanti, ma c’è necessità di qualcosa di più concreto, come una minaccia di congelamento delle relazioni commerciali con Israele, da parte dell’UE, o il riconoscimento dello Stato di Palestina sui territori occupati nel 1967. L’annessione degli insediamenti in Cisgiordania a Israele farebbe infuriare i palestinesi, e riprendere altri metodi di lotta con tutti i mezzi possibili.

 

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