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Libia. Haftar: “Sono alla guida del Paese”

Khalifa Haftar si è autoproclamato alla guida della Libia. Ieri sera il generale della Cirenaica, in un breve intervento trasmesso salla sua tv al Hadath, ha annunciato che il suo Esercito nazionale libico (Lna) ha accettato «il mandato popolare».

«Annunciamo – ha detto – che il comando generale risponde alla volontà del popolo, malgrado il peso e gli obblighi e la portata delle responsabilità e che saremo soggetti alla volontà popolare».

Immediata la reazione del Governo di accordo nazionale di Tripoli (Gna) riconosciuto dalle Nazioni Unite e appoggiato militarmente dalla Turchia. «Haftar ha ancora una volta mostrato le sue intenzioni autoritarie al mondo. Non cerca neanche più di nascondere il suo disprezzo per una soluzione politica e per la democrazia in Libia», ha commentato il consigliere dello Gna, Mohammed Ali Abdallah.

In un colpo solo Haftar ha dichiarato morto e sepolto l’accordo di Skhirat del 2015, sfociato nella creazione a Tripoli del governo guidato dal premier Fayez al Sarraj. «Il mio Lna – ha affermato – è orgoglioso di ricevere questo mandato a svolgere un compito storico, governare la Libia…Noi accettiamo il mandato della volontà popolare e la fine dell’accordo di Skhirat».

Ha aggiunto che la sua milizia lavorerà «per mettere in campo le necessarie condizioni per la costruzione di istituzioni permanenti di uno stato civile». Già nel 2017 l’uomo forte della Cirenaica aveva proclamato la fine delle intese di Skhirat.

L’annuncio segna la fine delle residue possibilità di un accordo politico tra Haftar e al Sarraj, troppo distanti e nemici giurati per poter arrivare ad un compromesso. La parola passa di nuovo, senza limitazioni, alle armi. D’altronde la guerra tra le due parti non è mai cessata, nonostante il cessate il fuoco annunciato nei mesi scorsi. 

Non è servito l’appello lanciato sabato dall’Ue e dai ministri degli esteri di Italia, Francia e Germania per una «tregua umanitaria» per affrontare il coronavirus in Libia. Haftar, sostenuto dall’Egitto e gli Emirati – e dietro le quinte da Francia e Russia – ieri sera ha fatto capire che riprenderà l’offensiva verso Tripoli cominciata un anno fa.

A convincerlo a rompere gli indugi sono state le sconfitte, non decisive ma umilianti, che le sue forze hanno subito di recente. I droni forniti dalla Turchia ad Al Sarraj si sono rivelati un’arma letale contro l’Lna e potenzialmente in grado di capovolgere le sorti del conflitto sino ad oggi a favore di Haftar, giunto qualche mese fa quasi alle porte di Tripoli.

Uniti ad altri armamenti messi a disposizione da Ankara e a migliaia di mercenari – in buona parte siriani – arrivati negli ultimi mesi a Tripoli, le forze di Sarraj sono state in grado di strappare al nemico 3mila kmq di territorio libico.

In un discorso televisivo per l’inizio del Ramadan, la scorsa settimana, Haftar aveva accusato al Sarraj di crimini equiparabili all’alto tradimento. «Il governo ha violato la sovranità del Paese scegliendo di allearsi con i terroristi», aveva detto, invitando poi «tutti i libici» a lottare contro il governo di Tripoli e a respingere «l’aggressione» della Turchia.

 * da Nena News

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