La recessione che colpisce l’economia francese comincia già a farsi sentire nelle statistiche del mercato del lavoro. Nel primo trimestre del 2020, il numero di persone in cerca di lavoro (categoria A del Pôle emploi) ha ripreso a crescere: +25.100 in tutta la Francia (compresi i territori d’oltremare), ovvero un aumento dello 0,7% nei primi tre mesi dell’anno, secondo i dati pubblicati lunedì 27 aprile dalla “Direction de la Recherche du Ministère du Travail” (Dares).
Se ci si focalizza sul solo mese di marzo, il peggioramento è ancor più significativo: il numero dei disoccupati è aumentato di 246.000 unità (+7,1%) arrivano a 3.732.500 persone. Si tratta di un’impennata senza precedenti dal 1996. Costruiti in un periodo che comprende le prime due settimane di contenimento (messo in atto dal 17 marzo), questi dati sono stati ovviamente influenzati dal colpo che l’epidemia di Covid-19 ha inferto all’intera economia francese.
La tendenza riguarda tutte le fasce d’età, in particolare gli under 25: +1,1% tra l’inizio di gennaio e la fine di marzo in Francia. Analogamente, il numero di persone iscritte al Pôle emploi che hanno lavorato meno di 79 ore in un mese (categoria A è aumentato del 7%. Invece, coloro che hanno lavorato più di settantanove ore (categoria C) si sono ridotti (-5,4%).
Se guardiamo al solo mese di marzo, il quadro complessivo è ancora una volta molto preoccupante: il numero di persone che si rivolgono al Pôle emploi, occupati o meno (categorie A, B, C), è aumentato di 177.500 unità (+3,1%), un record storico, dopo quello raggiunto nell’aprile 2009 (+86.300).
L’aumento del numero di effettivi in categoria A, B e C nel marzo 2020 deriva sia da un aumento netto del flusso in entrata al Pôle emploi (+5,5%) sia da un calo molto forte di quello in uscita partenze (-29%), sostiene il Dares, il quale evidenzia inoltre che il numero di assunzioni per incarichi temporanei e la fine dei contratti a breve termine è in aumento, in quanto l’attuazione del confinamento ha portato a non-rinnovi e a un minor numero di nuove assunzioni precarie.
La situazione si è quindi deteriorata molto rapidamente, nonostante il massiccio ricorso al cosiddetto “chômage partiel”. Questo sistema, che riguarda ormai poco più di dieci milioni di lavoratori (cioè più della metà dei dipendenti del settore privato), consente alle aziende di mantenere la loro forza lavoro, versando ai dipendenti un’indennità pari al 70% del salario lordo (fino a circa l’84% per salario netto orario) pagata dallo Stato e dall’Unédic (l’associazione paritetica che gestisce il regime di assicurazione contro la disoccupazione).
Secondo i dati diffusi il 22 aprile dall’”Agence Centrale des Organismes de Sécurité Sociale” (Acoss), le dichiarazioni di assunzione di durata superiore ad un mese hanno registrato un calo mensile storico: – 22,6% a marzo. Su base annua, le assunzioni di durata superiore ad un mese sono diminuite del 5,8%, interessando in particolare l’industria (-7%), l’edilizia (-5,6%) e il terziario (-5,5%). L’Ile-de-France è la regione più colpita (-9%), a seguire la Normandia (-6,6%).
Il futuro si prospetta decisamente cupo: da metà marzo a metà maggio, la disoccupazione potrebbe colpire circa 460.000 persone in più, secondo uno studio pubblicato il 20 aprile dall'”Observatoire Français des Conjonctures Économiques” (Ofce). Come ha recentemente ammesso il ministro del Lavoro Muriel Pénicaud, il 2020 sarà «un anno difficile in termini di occupazione». La promessa del presidente Macron di raggiungere un tasso di disoccupazione del 7% nel 2022 (contro l’8,1% attuale) sembra ormai fuori portata.
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