Il Comitato per la Cultura e l’Arte del PKK (Partito dei lavoratori del Kurdistan) ha reso nota una dichiarazione scritta, lanciando un appello a sostegno per Ibrahim Gökçek, bassista del Grup Yorum, che sta lentamente morendo a causa dello sciopero della fame.
Dopo la recente morte di altri due membri del Grup Yorum, Helin Bölek e Mustafa Koçak, entrambi morti dopo un lungo ed estenuante sciopero della fame, il PKK chiede che si facciano pressioni internazionali sul governo turco con ogni mezzo per evitare un altro martire.
Si legge dalla dichiarazione del Comitato per la Cultura e l’Arte del PKK: “Gli artisti rivoluzionari del popolo, da Pir Sultan a Victor Jara, da Gurbet Aydın a Hozan Serhat, hanno difeso la dignità dell’umanità con la loro resistenza. L’artista del Grup Yorum, Helin Bölek, seguace di questa tradizione, è già caduta martire a causa di uno sciopero della fame che l’ha condotta alla morte. Così come Mustafa Koçak. Il digiuno mortale del bassista Ibrahim Gökçek non deve essere ignorato. Chiediamo a tutti di agire con urgenza per Ibrahim Gökçek, che dice di essere determinato a continuare la sua azione. Chi resiste, dentro e fuori le carceri turche, non deve essere lasciato solo, e si deve fare pressione sul governo affinché accetti le richieste per evitare nuovi martiri. Nelle condizioni attuali, ci sono vari metodi per farlo, poiché la resistenza è possibile in qualsiasi circostanza”.
La dichiarazione prosegue sottolineando l’impegno internazionale richiesto a tutti coloro che si oppongono alla deriva autoritaria generale e alla strumentalizzazione dell’attuale contesto pandemico per inasprire la repressione sociale: “I partiti politici e i rappresentanti delle organizzazioni della società civile dovrebbero cercare di ottenere risultati e tutti gli artisti dovrebbero agire immediatamente. Anche se gli appelli che abbiamo fatto fino ad oggi hanno trovato una certa risposta nella società e tra gli artisti, oggi la loro voce deve essere molto più forte data la pandemia del virus che ci troviamo ad affrontare. È chiaro che il regime turco, che trasforma il virus in un’opportunità per intensificare i suoi attacchi militari e ogni tipo di azione sporca, usa il virus direttamente come mezzo di attacco biologico, ideologico e psicologico, e questo processo deve essere affrontato con grande resistenza”.
Il PKK invita ad agire immediatamente per evitare che la situazione dei detenuti politici si aggravi ulteriormente: “Ogni giorno bisogna agire per liberare tutti gli ostaggi politici nelle prigioni. Un massacro è praticamente alle porte! Bisogna alzarsi prima che le bare comincino a uscire dalle carceri. Le case, i balconi, le finestre e le strade devono essere usate come piattaforme per le azioni. Gli artisti devono partecipare a queste azioni con la loro arte. Ovunque deve essere trasformato in area d’azione fino a quando non si ottengono risultati. Ibrahim Gökçek deve vivere e tutti i ribelli devono essere protetti”.
La dichiarazione si conclude sottolineando come la memoria e gli ideali di lotta e libertà dei due membri deceduti del Grup Yorum continueranno a guidare l’azione del PKK per l’autodeterminazione del popolo curdo: “Esprimiamo ancora una volta le nostre condoglianze alle famiglie e agli amici di Helin Bölek e Mustafa Koçak, promettendoci di conservare i loro ricordi nella nostra lotta per la democrazia e la libertà con la distruzione del regime fascista”.
Il gruppo Yorum ha registrato 23 album, da sempre impegnato politicamente e perseguitato dallo Stato turco, ancor più dal regime del fascista Erdogan. La polizia ha saccheggiato il centro culturale dove vivevano i musicisti e ha distrutto i loro strumenti prima di metterli nella lista nera dei “terroristi”.
In una lettera inviata al giornale l’Humanité, Ibrahim Gökçek dichiara: “Nelle nostre canzoni parliamo di minatori costretti a lavorare nei bassifondi, di operai assassinati da incidenti industriali, di rivoluzionari uccisi sotto tortura, di abitanti dei villaggi il cui ambiente naturale è distrutto, di intellettuali bruciati, di case distrutte nelle baraccopoli, dell’oppressione del popolo curdo e anche di coloro che resistono. Parlare di tutto questo è considerato in Turchia come terrorismo”.
Ibrahim conclude la sua lettera con queste parole: “Finché le nostre richieste non saranno soddisfatte, mi aggrapperò alla vita in questa marcia verso la morte”.
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