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Chi dovrebbe temere la fine del razzismo?

Israele dovrebbe preoccuparsi per la rivolta globale contro il razzismo e la discriminazione razziale? Dovrebbe temere per il suo futuro, vedendo “idoli” e “statue” di simboli di schiavitù, razzismo e pulizia etnica che cadono a pezzi negli Stati Uniti e in diverse capitali europee?

Israele dovrebbe prestare molta attenzione, mentre vede una massiccia rivolta popolare che mette in discussione la “storia” e le “narrazioni” imposte dall’uomo coloniale bianco, il vincitore, nelle guerre di pulizia etnica e sterminio di popoli e intere nazioni?

La narrazione fondante dello Stato di Israele non è diversa dalla narrazione del passato dello Stato più potente al mondo, gli Stati Uniti d’America, con le  ondate successive di immigrati e avventurieri, compresi quelli che cercavano migliori opportunità di vita, compresi anche ex-detenuti e ladri, che si sono riversati da diverse parti della terra per impadronirsi di terre che non erano le loro e mettere a rischio l’esistenza dei popoli nativi, esponendoli a tutti i tipi di genocidio e pulizia etnica e chiudendo i superstiti in “ghetti” e “riserve”, proprio come animali in via di estinzione sono riservati da una “caccia eccessiva” .

Nessuna presa d’atto del crimine, nessuna scusa per le  persecuzioni e nessun compenso adeguato per gli eredi, figli e nipoti delle vittime. Al contrario, sono state costruite statue e monumenti che glorificano gli oppressori, da Cristoforo Colombo al più piccolo mercante di schiavi, a quelli che guidarono gli eserciti di conquista e le esplorazioni, che hanno fatto di uomini e donne obiettivi su cui mettere alla prova la loro capacità di cacciare e sparare.

Qual è la differenza tra questa storia e la “narrativa fondante” di Israele? Anche nel caso di Israele si è trattato di una invasione di immigrati e avventurieri, a partire dalla fine del diciannovesimo secolo, invasione ancora in atto oggi; di crimini di sterminio e cacciata dei proprietari della terra e degli abitanti indigeni, crimini basati sulla “teoria di una terra senza popolo per un popolo senza terra “.

Inoltre: schiavitù quotidiana della mano d’opera palestinese a buon mercato e un sistema di discriminazione razziale in ogni aspetto della vita quotidiana; negazione dei diritti di un popolo sulla sua terra storica, colonizzazione e insediamento che non si fermano.

L'”affare del secolo” è in realtà un’annessione, che rivela l’appetito dell’espansionismo sionista e la volontà di conquista dell’uomo bianco contro gli “Indiani Rossi di Palestina”. Progetti per il futuro: chiudere i restanti palestinesi in “ghetti” e “riserve”.

Non c’è differenza tra Weizmann e Colombo, né c’è differenza tra i razzisti mercanti di schiavi e i generali dell’esercito “di difesa” e i leaders delle bande, da Jabotinsky e Begin, attraverso Sharon, Livni e Netanyahu, in sintonia con Ben Gurion, Levi Eshkol, Golda Meir, Yitzhak Rabin, Shimon Peres, Natali Bennett, Ovadia Yusef e Amir Peretz.

Con il susseguirsi della caduta di idoli nelle città americane ed europee, i razzisti, i commercianti di schiavi, gli israeliani, dovrebbero temere il crollo degli “idoli morali” che sono riusciti a imporre in Europa e negli USA a sostegno del loro progetto, cioè i loro leaders e “padri fondatori”.

Israele, dovrebbe temere non solo per la sua “storia”, dopo che l’Occidente si è ribellato alla propria “storia”, ma deve anche temere per il suo futuro, perché tutte le sue ipotesi di soluzione futura della questione palestinese comprendono i peggiori significati del razzismo e le sue forme più mostruose e immorali.

Dopo l’insurrezione per George Floyd, oggi il mondo non sopporta il razzismo, e nei giorni che verranno il mondo sarà stufo del razzismo israeliano.

Le recenti proteste in America e in Europa sono più radicali delle precedenti. Questa volta non ci si accontenta di condannare le politiche e le pratiche razziste, e non si sta cercando di riformare la polizia e il sistema giudiziario.

Ma piuttosto si scende nel profondo della storia e si va lontano, verso la radice e gli inizi del problema, e non è inverosimile che sorga un’ondata di “nuovi storici”, in Occidente, che rileggeranno la storia di questi paesi.

Non è escluso che il fenomeno dei “nuovi storici” israeliani si espanda e approfondisca, per controbattere la narrazione coloniale e il razzismo ufficiale, e li sostituisca con una narrazione oggettiva della storia; poi vedremo arabi ed ebrei correre insieme, per le strade e nelle piazze, per rovesciare gli idoli del sionismo e del razzismo, e degli insediamenti coloniali, simboli dell’imperialismo aggressivo e schiavistico.

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