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Quattro poliziotti sotto accusa per violenze contro i Gilets Jaunes

Per diversi mesi, abbiamo documentato le manifestazioni e analizzato l’evoluzione del grande movimento popolare di contestazione sociale dei Gilets Jaunes, in una lunga serie di articoli, riflessioni e documenti pubblicati sul nostro giornale di Contropiano e raccolte nel libro “La Francia tra Macron e Mélenchon. La sfida di France Insoumise” (Pgreco, 2019).

Oltre alle rivendicazioni, alla capacità di mobilitazione e alla centralità del conflitto sociale messo in campo durante tutti i sabati, in maniera continuativa per quasi due anni, ci concentrammo sulla feroce risposta autoritaria decisa dal governo di Edouard Philippe, dal ministro degli interni Christophe Castaner e dal presidente, Emmanuel Macron: un’offensiva a tutta tondo, fatta di inaudite e brutali violenze da parte della polizia (gas lacrimogeni, LBD, GLI-F4, ecc.) e di repressione giudiziaria, sia a livello preventivo che a seguito dei numerosi arresti durante le manifestazioni.

Nell’attuale contesto di mobilitazione contro le violenze della polizia, in particolare legate al razzismo sistematico che vige tanto nei ranghi della Police Nationale quanto nelle corde profonde dell’État français, cominciano ad emergere numerose inchieste circa la sterminata sequela degli abusi, delle brutalità e delle aggressioni perpetrate dagli agenti di polizia.

È bene precisare che non si tratta assolutamente di “episodi sporadici” o di “mele marce”, ma di un intero sistema fondato sul braccio armato e violento della polizia, come strumento repressivo, e dell’impunità riconosciuta e tutelata di fronte a qualsiasi azione compiuta da un agente in divisa.

Lo scorso 22 giugno, quattro agenti CRS (la celere della polizia francese) sono stati sottoposti a custodia cautelare ed un’indagine giudiziaria si è aperta nei loro confronti il giorno seguente. Sono accusati di violenza intenzionale per i fatti accaduti il 1° dicembre 2018, durante l’Atto III dei Gilets Jaunes a Parigi.

Già allora relazionavamo sull’ingente dispiegamento di forze dell’ordine nel centro della capitale francese e la repressione poliziesca con cariche, lanci di lacrimogeni, arresti e fermi. Un video diffuso da Hors-Zone Press è al centro dell’inchiesta, per le scene di brutale violenza perpetrata da uno squadrone di CRS ai danni di un gruppetto di manifestanti.

Come si vede dalle immagini, questi ultimi si erano rifugiati all’interno di un Burger King per ripararsi dalle cariche della polizia. I poliziotti in tenuta anti-sommossa sono entrati nel locale pochi minuti dopo, cominciando a picchiare violentemente i manifestanti, stesi a terra, con ripetuti colpi di manganello.

Questo caso, considerato emblematico degli abusi praticati nel “mantenimento dell’ordine pubblico” durante le mobilitazioni del movimento dei Gilets Jaunes, aveva portato all’apertura di un’indagine preliminare, affidata all’Ispettorato Generale della Polizia Nazionale (IGPN).

Nella sua relazione al termine dell’indagine, datata 16 maggio 2019, l’IGPN ha riconosciuto che nell’ambito di questo intervento sono state commesse violenze “che non sembravano giustificate”.

L’IGPN ha riportato in particolare il caso di Natan A., colpito da ben 27 manganellate sferrate da sei poliziotti prima di poter lasciare il fast-food. Ma all’epoca dei fatti, la polizia sosteneva di non essere riuscita a identificare tutti gli agenti coinvolti, in pratica garantendo un’impunità totale anche di fronte alle violenze documentate dai video amatoriali e di alcuni giornalisti.

L’IGPN è l’istituzione predisposta al controllo, alle ispezioni e agli studi relativi all’organizzazione e al funzionamento dei servizi di polizia, con “la responsabilità di garantire che gli agenti di polizia rispettino le leggi e i regolamenti e il codice etico della Polizia Nazionale”.

Tuttavia, l’IGPN funziona quasi sempre come una grande lavatrice in cui vengono ripuliti i panni macchiati dal sangue di manifestanti che hanno subito le violenze della polizia. Il ruolo fondamentale svolto dall’IGPN nel garantire una quasi-totale impunità, preventiva e consuntiva, agli agenti delle forze dell’ordine è al centro delle denunce del recente movimento sociale contro il razzismo di Stato e le violenze della polizia.

Tant’è vero che, nel suo rapporto, l’IGPN aveva insistito sulla situazione generale in cui i fatti erano maturati, riferendosi alla manifestazione come ad un “contesto insurrezionale di caos senza precedenti”, ad atti di “estrema violenza” contro le forze dell’ordine e ad “attacchi coordinati da parte di oppositori radicalizzati”.

Sembra che, attraverso alcune sue “inchieste”, l’IGPN sia disposto a scaricare le colpe di un modo di agire sistematicamente violento della polizia su pochi individui: punirne pochi per salvaguardare tutto l’apparato repressivo.

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