Se il mondo continua a considerare la nostra situazione come “normale”, presto potrebbe essere troppo tardi per salvare la mia patria e il mio popolo.
Un’esplosione illumina il cielo notturno dopo che un aereo israeliano ha colpito una serie di bersagli il 16 agosto 2020, a Khan Younis, Gaza. [Abed Rahim Khatib/Anadolu]
Per la mia famiglia e per la popolazione di Gaza, agosto è stato orrendo. Israele ha bombardato la Striscia quasi quotidianamente facendoci sentire come se fossimo bloccati all’epicentro di un terremoto senza fine. Le esplosioni, a volte a meno di un kilometro da casa mia, erano così forti che mia nipote di due anni non riusciva a dormire la notte. Ogni volta che sentiva un forte botto, raccoglieva rapidamente i suoi giocattoli intorno a sé per difenderli dalle bombe di Israele.
Il mese scorso è stato infatti orrendo, ma non è stato affatto straordinario. I soldati gli aeroplani, i droni e le cannoniere d’Israele hanno molestato, intimidito e ucciso regolarmente e impunemente per decenni la popolazione di Gaza. Gli attacchi d’Israele sono parte della routine quotidiana a Gaza. Per essere in grado di sopravvivere e di condurre qualcosa che somigli a una vita normale, noi gazawi non abbiamo altra scelta che accettare come normale la violenza che ci viene inflitta.
Crescendo a Gaza, ho sempre provato un senso di emergenza. La mia famiglia è sempre stata preparata al peggio, perché il peggio poteva bussare alla nostra porta in ogni momento, come è accaduto durante gli attacchi a Gaza nel 2008, 2009, 2012 e 2014.
Da bambino sapevo che vivere nella paura ogni singolo giorno non era normale. Nel mio cuore, rifiutavo la normalizzazione degli orrori quotidiani, perché non volevo perdere il contatto con la mia umanità. Ma alla fine ho dovuto fare i conti con la situazione in cui sono nato e con l’ambiente che mi circondava.
Ora, mia nipote e migliaia di altri bambini che vivono sotto l’assedio israeliano a Gaza, stanno crescendo con le stesse paure e lo stesso senso di costante emergenza. Mentre cercano di dormire attraverso i suoni delle bombe e proteggere i loro giocattoli dagli orrori che sono appena fuori la porta, sono costretti ad accettare come normale una realtà violenta a cui nessun bambino dovrebbe mai neanche soltanto assistere.
Negli ultimi anni, c’è stato appena un giorno in cui Israele non ha bombardato, sparato o fisicamente invaso quella che non solo è una delle aree più densamente popolate del pianeta, ma anche un luogo che è stato per oltre 13 anni sotto assedio, con le più gravi carenze di ciò che necessita per una vita umana normale.
L’infrastruttura coloniale israeliana controlla il cielo sopra di noi e la terra e il mare intorno a noi, ed è capace di penetrare nei nostri spazi più riposti per mostrarci il suo potere. A Gaza, dovunque tu guardi, vedi strumenti di oppressione, occupazione e guerra urbana- recinzioni di confine, muri di separazione, camion blindati, aerei da guerra e posti di blocco formano il paesaggio in cui viviamo. Anche quando sei in casa, il ronzio dei droni militari ti ricorda che sei imprigionato e puoi essere attaccato in ogni momento.
Credo che Israele faccia uno sforzo cosciente per ricordare costantemente ai palestinesi di Gaza la sua presenza. Rendendo la sua occupazione così visibile, e il potere che ha su di noi così ovvio, ci manda un messaggio: Mai vi permetteremo di essere gente normale e di vivere una vita normale.
Per Israele Gaza non è un luogo che due milioni di uomini, donne e bambini chiamano casa, ma una “entità nemica”- uno spazio alieno i cui abitanti non meritano di essere trattati con umana decenza.
La macchina della propaganda israeliana, con l’aiuto dei suoi alleati in tutto il mondo, lavora instancabilmente per disumanizzare la popolazione di Gaza, etichettandola come assurda, violenta, “estremista”, e per creare la percezione che l’occupazione israeliana sia “umana” e “civilizzata”.
Ovviamente, la realtà è di gran lunga differente. E, a dispetto degli sforzi israeliani per terrorizzarci in silenzio, noi, il popolo di Gaza, non siamo disposti a permettere al nostro occupante di raccontare la nostra storia. Trasformiamo le nostre paure, vulnerabilità e frustrazioni in resistenza e raggiungiamo il mondo in ogni modo possibile per esporre la nostra tragica realtà, rivendicando i nostri diritti e svergognando i nostri oppressori.
Come molti gazawi che vivono nella Striscia o fuori nel mondo, ho speso tutta la vita combattendo contro le politiche coloniali israeliane. Sono stato in prima linea nella lotta palestinese per la giustizia e la libertà, prima nel mio campo profughi a Gaza, poi in Germania.
Per i miei sforzi, sono stato minacciato, perseguitato, intimidito e anche colpito con arma da fuoco. Ma non ho mai rinunciato, perché so che la resistenza è l’unica strada per assicurare un futuro di decolonizzazione per cui vale la pena di vivere per me, per la mia famiglia e per la mia amata Gaza.
Ma tristemente, il mondo non sembra interessato ad ascoltarci. I continui crimini di Israele contro i palestinesi sono stati esposti ancora e ancora, da giornalisti, rapporti dell’ONU, attivisti e palestinesi stessi. Tuttavia, la maggior parte dei governi del mondo non ha fatto niente per fare pressione su Israele affinché si fermasse fino a oggi.
Alcuni hanno rilasciato vuote dichiarazioni per “condannare” Israele, e per “esortarlo” a fermare i suoi attacchi contro i palestinesi, ma hanno continuato a dare sostegno diplomatico, politico e militare a Israele. Altri hanno scelto di rimanere completamente in silenzio e hanno chiuso un occhio sulla nostra sofferenza, e questo è un altro tradimento morale.
Ma la comunità internazionale non può continuare a ignorare la nostra grave situazione. L’ONU disse tre anni fa che si aspettava che Gaza sarebbe diventata “invivibile” dal 2020. Da allora, Israele non solo ha rifiutato di intraprendere azioni per invertire il rapido deterioramento di Gaza in un deserto post-apocalittico, ma ha intensificato i suoi attacchi alla Striscia, ostacolando gli sforzi di attivisti, ONG e locali per mantenere questa prigione all’aperto abitabile un po’ più a lungo.
Con il nuovo coronavirus che si sta diffondendo nei campi profughi e nelle comunità di tutta Gaza, non possiamo più permetterci di aspettare che il mondo riconosca le nostre sofferenze e intraprenda azioni.
Ogni anno il 15 maggio i palestinesi annotano la Nakba, o “catastrofe”, riferendosi alla pulizia etnica della Palestina e alla pressoché totale distruzione della società palestinese nel 1948. Da quel tragico giorno, l’obiettivo strategico principale di Israele è stato quello di mantenere i palestinesi in uno stato di catastrofe. E ha raggiunto questo obiettivo costruendo un’infrastruttura coloniale per impedirci di sfuggire alla violenza strutturale.
Oggi, Israele sta cercando di mantenere questo stato di catastrofe attraverso regolari assalti militari, bombardamenti quotidiani e sorveglianza aggressiva. Sta cercando di costringerci a sottometterci attaccando brutalmente proteste pacifiche contro la sua occupazione e il suo insediamento illegale.
Sta cercando di farci tacere attraverso campagne mediatiche che ci dipingono come “terroristi” e “selvaggi”. Sta cercando di farci dimenticare la nostra umanità e smettere di lottare per il nostro diritto di vivere liberamente e con dignità, limitando il nostro accesso all’elettricità, costringendoci a mangiare cibo non commestibile e a bere acqua avvelenata.
Israele ha tenuto la Palestina in uno stato di catastrofe così a lungo che la nostra situazione ora al mondo sembra “normale”. Ma non c’è nulla di normale nei continui sforzi di Israele per distruggere la nostra vita di comunità e personale.
I palestinesi continueranno indubbiamente a resistere alle politiche coloniali di Israele e a costruire belle narrazioni di resilienza di base. Ma non possiamo vincere la nostra retta, giusta e morale lotta per la libertà, l’uguaglianza e la dignità, senza il sostegno della comunità internazionale, come è successo nel caso dell’apartheid in Sud Africa.
E’ per questo che chiediamo alla comunità internazionale di sanzionare e isolare Israele per i suoi ripetuti crimini contro l’umanità nella Palestina colonizzata. Se il mondo continua a trattare la nostra situazione come “normale” e non interviene, presto potrebbe essere troppo tardi per salvare la mia patria e il mio popolo.
* Majed Abusalama è un premiato giornalista, studioso, attivista e difensore dei diritti umani dalla Palestina.
L’articolo originale su Al Jazeera 13 settembre 2020
https://www.aljazeera.com/indepth/opinion/world-stop-ignoring-happening-gaza-200908080221601.html
Traduzione di Flavia Lepre
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