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Bolivia: il ritorno della potenza plebea e le tensioni che vengono

Il MAS-IPSP ha ottenuto nelle ultime elezioni 3’394.052 voti, il 55,11% dei registri elettorali, superando di 8 punti e oltre mezzo milione di voti i risultati del 2019. Dall’altro lato, Carlos Mesa ha ottenuto 8 punti meno (è passato dal 36,51% al 28’83%) e quasi mezzo milione di voti meno che nel 2019 (1.775.953).

Non c’è un trasferimento di voti esatto tra Carlos Mesa e Luis Arce, però è quanto meno curioso che da un ipotetico broglio per vincere con tutta la macchina dello Stato a suo favore nel 2019, il MAS ottenga molti più voti un anno dopo, nel bel mezzo di un colpo di Stato e repressione contro il processo di cambiamento.

Se analizziamo i voti dipartimento per dipartimento, la maggioranza dell’aumento dei voti viene da 3 regioni, La Paz, Cochabamba e Oruro, la regione andina e le valli, dove si concentra l’identità aymara e quechua, il nocciolo duro del processo di cambiamento, il movimento indigeno-originario-contadino.

A Santa Cruz il MAS è stato seconda forza, però bisogna notare la volontà di Camacho di mantenere la sua candidatura quando già avevano rinunciato i golpisti Tuto Quiroga o Jeanine Áñez, per lasciare il cammino libero a Mesa.

Questo elemento è stato determinante per impedire una candidatura unitaria, dando così la vittoria in prima battuta a Luis Arce e David Choquehuanca; però, allo stesso tempo, ha permesso di consolidare i propri seggi, che si instaurano come principale forza a Santa Cruz, contro le élite tradizionali impersonate dai “democratici” di Rubén Costas (che fino al colpo di Stato facevano trattative con il MAS di Evo), e che si proiettano nell’obiettivo di costruire una forza politica nazionale.

Sono 3 i motivi che hanno condotto a quella che probabilmente è la prima volta nella storia: un colpo di Stato che viene sconfitto nelle urne nello spazio di appena 12 mesi.

In primo luogo, la cattiva gestione golpista. Così come durante il 2019, e specialmente tra l’elezione del 20 ottobre e il golpe del 10 novembre, la gestione governativa della junta  è stata pessima. Una volta preso il potere, i golpisti non hanno saputo gestire lo Stato.

Hanno voluto, in maniera frettolosa e goffa, consegnare le risorse naturali e privatizzare tutto quello che potevano, per concludere col reprimere e assassinare chi protestava, e col rubare goffamente il denaro pubblico, incluso quello destinato all’acquisto di respiratori per affrontare la pandemia.

La vicinanza con le elezioni presidenziali statunitensi ha provocato il fatto che l’asse organizzativo della politica d’opposizione trasformata in governo – l’Ambasciata degli Stati Uniti – lasciasse la direzione, causando il caos interno.

In secondo luogo, la cattiva gestione dell’economia, frutto non solamente  della crisi provocata dalla pandemia. La caduta dell’11% del PIL e l’aumento della disoccupazione, che è passata dal 4% al 30%, ha fatto sì che la classe media urbana, che mobilitandosi aveva “giustificato” il colpo di Stato nel 2019, passasse nel 2020 a non votare per Mesa o addirittura, in percentuale minore, a votare per il MAS.

E infine, come elemento più importante, la potenza plebea – dispiegata negli anni ‘90 con le manifestazioni indigene in difesa del territorio, e negli anni 2000 in difesa delle risorse naturali – che aveva ripiegato durante i primi mesi di golpe e repressione, è tornata a prendere le strade riuscendo a far recedere i golpisti dalla loro volontà di posticipare le elezioni fino al 2021, provocando un’insurrezione nelle urne.

Però lo scenario non è semplice, a partire da ora. Luis Arce dovrà risollevare l’economia facendo equilibrismi per governare tra le due forze a confronto che rappresentano il processo di cambiamento boliviano. Da un lato, l’ex Cancelliere e attuale Vicepresidente David Choquehuanca, che probabilmente comincia a guardare da ora al 2025, con il controllo, ormai senza invitati della classe media, di una buona parte dell’Assemblea Legislativa Plurinazionale, che pure va a presiedere.

Dall’altro lato, Evo Morales che ritorna in Bolivia come capo politico del MAS-IPSP, e che ha mantenuto la comunicazione e il controllo su una buona parte dei quadri intermedi del processo, oltre ad avere una stretta relazione con il nuovo Presidente del Senato, il politologo e dirigente contadino Andrónico Rodríguez, quechua del Trópico di Cochabamba, la base cocalera di Evo.

Il movimento indigeno-originario-contadino sarà fondamentale per sostenere, e spingere verso sinistra, il nuovo governo di Luis Arce, che si dovrà appoggiare permanentemente a David Choquehuanca e Evo Morales per dare impulso ai cambiamenti che sarà necessario fare.

Tra questi, è fondamentale non solo recuperare l’economia, e dare impulso ai cambiamenti sospesi dal processo in materia di salute, educazione, o riforma della giustizia, ma anche costruire un sistema di media pubblici non golpisti e una struttura di formazione politica in difesa del processo di cambiamento, senza smettere di pensare a una riforma della polizia e delle forze armate che elimini una volta per tutte le loro pulsioni golpiste.

E tutto ciò, dopo aver messo in carcere i responsabili materiali e intellettuali del colpo di Stato.

Alle sorelle e fratelli caduti a Senkata, Sacaba, Pedregal, Río Abajo e Betanzos; a tutti i compagni e compagne che hanno dovuto lasciare le loro case ed andare in esilio o rifugiarsi in ambasciate, con il desiderio che si faccia giustizia.

* https://www.telesurtv.net/bloggers/Bolivia-el-retorno-de-la-potencia-plebeya-y-las-tensiones-creativas-que-vienen-20201107-0001.html

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