Tra il 2005 e il 2016 le forze speciali australiane in forza alla coalizione internazionale guidata dagli Usa, hanno ucciso illegalmente 39 persone in Afghanistan.
La rivelazione è giunta in seguito a un’indagine durata quattro anni e condotta dalle stesse Forze di difesa australiane (Adf) che, dopo aver investigato su 57 casi, ha raccolto le testimonianze di centinaia di testimoni e ha esaminato più di 20 mila documenti.
The Guardian riferisce che l’inchiesta – condotta dal maggiore Paul Brereton – ha condotto interviste con oltre 400 testimoni. Ha anche trovato le prove secondo cui ai giovani soldati è stato detto di ottenere il “battesimo del sangue” sparando ai prigionieri, in una pratica nota come “blooding”. Poi armi e altri oggetti venivano posti vicino ai corpi degli afghani uccisi per coprire i crimini. Almeno due casi potrebbero costituire un crimine di guerra di “trattamento crudele”.
Il generale Angus John Campbell ha detto che le indagini hanno identificato informazioni credibili per comprovare 23 episodi di presunta uccisione illegale di 39 persone da parte di 25 militari delle forze speciali australiane, prevalentemente appartenenti alle Sas ossia le forze speciali.
“I casi accertati mostrano informazioni credibili su crimini di guerra dato che è emersa l’evidenza la persona uccisa non era un combattente”, ha detto Campbell.
Si pensa che le vittime includessero prigionieri, agricoltori e altri civili, e dei 25 autori che sono stati identificati, alcuni sono ancora in servizio. Il rapporto ha anche rilevato che nessuno degli omicidi è avvenuto durante “degli scontri armati”.
Prima che il rapporto fosse reso pubblico, il primo ministro australiano Scott Morrison ha parlato con Ashraf Ghani, il presidente dell’Afghanistan, per scusarsi per quanto accaduto.
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