Menu

Consiglieri militari e armi USA per Taiwan, sull’isola si alza la posta

Taiwan e Stati Uniti continuano le provocazioni nel Pacifico. A Washington continuano a dire di sostenere la politica di «Una sola Cina», ma allo stesso tempo nelle ultime settimane si sono susseguite azioni che sembrano remare in direzione opposta.

Dopo l’incontro della presidente di Taipei, Tsai Ing-wen, con lo speaker della Camera statunitense, Kevin McCarthy, Pechino ha risposto con grandi esercitazioni militari intorno a Formosa, come spesso fa in queste occasioni. Il Comando dell’Esercito Popolare si è dunque rifiutato di dialogare col Segretario alla Difesa USA, Lloyd Austin.

Al Pentagono, invece di raffreddare la situazione, hanno pensato bene di inviare nello Stretto di Taiwan un cacciatorpediniere. Tutto questo mentre i documenti trapelati da Washington portavano a conoscenza il mondo intero della superiorità aerea cinese nell’area.

Il braccio di ferro sull’arcipelago rivendicato dalla Repubblica Popolare è al centro dei confronti internazionali. All’appena concluso G7 giapponese dei ministri degli Esteri si è parlato, oltre che di Ucraina e Corea del Nord, di preoccupazione per la militarizzazione della regione da parte della Cina.

Il portavoce degli Esteri cinese, Wang Wenbin, ha affermato che l’incontro “ha gravemente interferito con gli affari interni della Cina, e la ha diffamata e screditata intenzionalmente”. La tensione sembra destinata ad aumentare ancora, considerate le ultime notizie da poco diffuse.

Infatti, Taiwan è in procinto di acquistare 400 missili anti-nave dagli USA, un contratto con la Boeing di 1,7 miliardi di dollari. Con questo acquisto si conclude un affare approvato dal Congresso statunitense nel 2020, ma il repubblicano McCaul ha sottolineato che questi 400 ordigni fanno parte di 19 miliardi di vendite a Taipei arretrate, che vanno accelerate.

Nella lista ci sono obici, siluri, e anche caccia F-16 Block 70. Un arsenale vero e proprio a cui si associano dichiarazioni evidentemente provocatorie come quelle di un altro repubblicano, Vivek Ramaswamy, che ha proposto di armare ogni famiglia di Taiwan, e “vediamo cosa farà allora Xi Jinping”.

Ma al di là di spacconerie come questa, sono effettivamente gli Stati Uniti a portare alla militarizzazione del Mar Cinese Meridionale. La Central News Agency taiwanese ha riportato che, attualmente, sono presenti nel paese 200 consiglieri militari a stelle e strisce, con finalità di addestramento in vista dell’estensione a un anno del servizio militare obbligatorio, nel 2024.

Questo tipo di attività è in linea con il National Defense Authorization Act di Washington, ma è considerata dalla Cina una vera e propria ingerenza in affari interni. Il portavoce del ministero della Difesa cinese, Tan Kefei, il 15 aprile ha criticato le interferenze della NATO in Asia e nel Pacifico.

Esortiamo la NATO ad abbandonare la mentalità della Guerra Fredda e a […] porre fine alle pericolose azioni che creano il caos nella regione e a impegnarsi per la pace e la stabilità dell’Europa e del mondo”. Pechino, dal canto suo, ha mostrato di essere in grado di intercedere per la pacificazione di zone tormentate dalla guerra.

Ad ora, solo il governo cinese e il Pontefice si sono messi in gioco per il processo di de-escalation di questa “terza guerra mondiale a pezzi”, come il Papa stesso ha detto. Nelle roccaforti imperialiste come la nostra UE è chiaro che spetterà a un risoluto movimento contro la guerra e per la giustizia sociale imporre la pace

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *