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La pandemia di sabbia. Il Covid nel Sahel

Qui da noi è di sabbia. Fragile, imprevedibile, sconcertante, insistente, resistente e dappertutto dove si guardi. La Covid di sabbia è come un’evidenza che non abbisogna di alcuna dimostrazione. Forse per la latitudine, l’inclinazione del globo terrestre, la giovane media di età, l’imprevidenza, il calore e le resistenze alle altre malattie infettive, questa pandemia da noi non riesce ad emergere.

Importata e poi trasmessa come polvere, senza direzione o continuità, si adatta, come sabbia, agli avvenimenti e alle circostanze che nel Sahel confezionano la storia. Le nostre maschere sono di polvere e quanto al distanziamento sociale è come per i ‘gesti barriera’, intrisi di vento e di sole, sono inutili.

Come la nostra democrazia e le campagne elettorali, di sabbia, come le liste approvate dalla Corte Costituzionale, come le Commissioni Elettorali che di indipendente hanno poco più del nome.

Solo di sabbia è la pandemia e nessuno potrà convincerci del contrario, neppure il vaccino, composto anch’esso di sabbia e di soldi.

Hanno chiuso le scuole, gli aeroporti e, ufficialmente, le frontiere terrestri. Queste ultime sono aperte per chi viaggia di frodo, paga e esibisce documenti fasulli in cui nessuno crede e dei quali nessuno è interessato. Qui non si capisce perché bisogna mascherarsi nelle chiese e (meno) nelle moschee quando il resto del tempo c’è la sabbia a fare da filtro ai virus più maligni.

Quello della miseria continua imperterrito il suo cammino con la complicità attiva e fattiva della classe politica che lo coltiva come in laboratorio si fa con le alchimie. Arrivano, talvolta, allarmanti notizie su una possibile seconda ondata di infezioni quando neppure ci si era abituati alla prima.

Nel Sahel la sabbia propone e spesso impone altre priorità. Il cibo, l’acqua potabile, la scuola che funzioni, le rette scolastiche, l’igiene delle case e una sanità che, degna di questo nome, non sia l’obitorio di chi è ammalato. La giustizia, sola garante della pace duratura, è anch’essa attraversata dalla sabbia e a poco valgono le Commissioni che non vanno oltre i rapporti buttati al vento.

Qui da noi il peggiore dei virus è quello della fame. Essa avanza con la complicità della violenza dei gruppi armati. Secondo le Agenzie specializzate per la prossima primavera la carestia potrebbe colpire la prima sicurezza di tutte, che è quella alimentare.

Da ottobre, nei Paesi presi in esame nel Sahel e in Africa Occidentale, si calcola che oltre 16 milioni di persone soffrano la fame. Questa cifra potrebbe salire a 24 milioni se i politici di sabbia e quanti hanno responsabilità, non faranno nulla per cambiare la situazione.

I ‘Mirages’ francesi, i droni americani, l’operazione Barkhane, la forza congiunta del G 5 Sahel… oltre a altre centinaia di istruttori militari, sono con tutta evidenza inadatti a ricreare le condizioni richieste.

Da questa parti anche la pace è di sabbia e non si fonda su nulla che possa garantirne l’esistenza e la compatibilità col Sahel. Ed è in questo contesto che le elezioni, presidenziali e politiche, hanno luogo e, fatte lodevoli eccezioni, come recentemente nel Burkina Faso, lasciano al futuro un’eredità di rancori e morte.

Sono di sabbia le nostre e le vostre leggi, che non fanno che favorire i potenti e i commercianti che finanziano i politici che poi confezionano le leggi a loro funzionali.

Non temete, ce la caveremo anche stavolta e il Covid che tanto temete, e dal quale vi vaccinerete presto, come previsto fin dall’inizio, qui da noi non è altro che sabbia. Sì, sabbia che si accumula, si sposta da un’altra parte e poi torna esattamente dov’era prima, col lavoro incessante del vento e della storia che altro è se non sabbia che alcuni cercano di vendere come nuova.

Magari poi il vaccino arriverà pure qui perché la globalizzazione funziona dove gli pare e l’avremo gratuitamente, figurarsi, come un diritto offerto ai poveri che non possono che adeguarsi al sistema di comando.

Però non cambiate le regole del mercato, dell’incetta di materie prime e dello sfruttamento della mano d’opera a basso costo. Un’economia di sabbia che rischia di inghiottire tutti.

Noi qui navighiamo in una nave di sabbia e arriviamo a migliaia sulle coste delle isole Canarie. Fosse vero siamo tutti nella stessa barca condividereste lo stesso naufragio nostro. E la stessa speranza (di sabbia).

 

 Niamey, dicembre 2020

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