Il Consiglio di Stato francese ha vietato ieri (22 dicembre) l’uso di droni per monitorare le manifestazioni a Parigi, intimando al prefetto di polizia Didier Lallement di “cessare, senza indugio, l’uso dei droni per controllare gli assembramenti di persone negli spazi pubblici”.
Il Consiglio di Stato era stato interpellato dall’associazione La Quadrature du Net, che lanciava l’allarme sull’uso dei droni “a fini di polizia amministrativa” e che reputa questa decisione una vittoria contro il governo francese per cominciare ad invertire il rapporto di forza.
Già a maggio il Consiglio di Stato aveva vietato l’uso di droni nella capitale francese per sorvegliare il rispetto delle regole previste per il “deconfinamento”, ovvero l’alleggerimento delle misure restrittive dopo il primo lockdown dovuto alla pandemia di Covid-19, a causa della mancanza di un quadro giuridico per l’utilizzo di questi dispositivi tecnici.
In assenza di una qualsiasi normativa e regolamentazione, il Consiglio di Stato aveva affermato che il ricorso ai droni si sarebbe caratterizzato come “una grave e manifestamente illegale violazione del diritto alla privacy”, poiché la sorveglianza della polizia mediante droni non poteva essere attuata “senza l’intervento preventivo di un testo” che la autorizzasse e ne stabilisse le condizioni di utilizzo.
Inoltre, il più alto tribunale amministrativo francese evidenziava come ci fossero “seri dubbi sulla legalità” di effettuare la sorveglianza con i droni: una dichiarazione che avrebbe dovuto far imbarazzare non poco il prefetto di Parigi, Lallement, il quale invece ha continuato ad usare i droni per monitorare in particolar modo le manifestazioni, cercando di aggirare il divieto facendo ricorso ad un dispositivo di offuscamento tramite l’intelligenza artificiale.
Con la decisione resa nota ieri, il Consiglio di Stato è andato oltre la semplice denuncia, colpendo il provvedimento nella sua essenza: “il Ministro non fornisce alcuna prova per stabilire che l’obiettivo di garantire la sicurezza pubblica durante gli assembramenti negli spazi pubblici non possa essere pienamente raggiunto, nelle attuali circostanze, in assenza dell’uso dei droni”.
Come sottolinea La Quadrature du Net, nel diritto in materia di dati personali, se l’utilità di un dispositivo di sorveglianza non è chiaramente dimostrata, questo non può mai essere autorizzato; infatti, nel caso di dati sensibili, il dispositivo deve essere addirittura “assolutamente necessario” per il mantenimento dell’ordine pubblico.
Il provvedimento del Consiglio di Stato ha fatto segnare una nuova battuta d’arresto per le politiche securitarie del governo francese e del Presidente Macron, visto che la sorveglianza fatta attraverso i droni durante le manifestazioni è anche oggetto dell’articolo 22 del progetto di Loi Sècurité Globale, già approvato in prima lettura all’Assemblée Nationale a novembre.
Questo articolo estende la possibilità per le forze dell’ordine di utilizzare immagini filmate nello spazio pubblico e prevede in particolare che, nell’ambito di manifestazioni, i video registrati da un drone possano essere trasmessi in diretta nella sala di comando delle forze dell’ordine e poi conservati per un periodo di 30 giorni o più, se utilizzati nell’ambito di un’indagine.
La decisione di ieri del Consiglio Stato non solo vieta l’utilizzo di droni in sé ma, denunciando la mancanza di prove sulla “necessità assoluta” del loro impiego durante le manifestazioni, attacca le fondamenta stessa dell’articolo 22 del progetto di Loi Sécurité Globale e qualunque pretesa del governo francese e del ministro degli Interni Gérald Darmanin sulla legittimità giuridica della loro autorizzazione.
Dopo l’annuncio di voler procedere ad una riscrittura integrale dell’articolo 24, che nella versione originaria introduceva pene pecuniarie e detentive per la diffusione “dolosa” di immagini e video degli interventi di agenti di polizia e gendarmeria identificabili – decisione presa per tentare di placare le componenti più moderate della contestazione e al tempo stesso giustificare la repressione nei confronti di chi si ostina a manifestare – un nuovo tassello del puzzle securitario e repressivo rischia di cadere dal tavolo e di colpire come una tegola in testa il Presidente Macron.
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