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Libia. Rientra in gioco anche il figlio di Gheddafi

L’agenzia Nova riferisce che Miftah al Werfalli e Omar Abu Shreda – emissari di Saif al Islam Gheddafi, il secondo figlio del leader libico Muammar Gheddafi ucciso nel 2011 dai golpisti – sono stati ricevuti a Mosca dal vice ministro degli Esteri russo, Mikhail Bogdanov.

Secondo una dichiarazione rilasciata dal ministero degli Esteri russo, ripresa dai media libici, Bogdanov ha avuto con al Werfalli e Abu Shreda  uno scambio di opinioni sugli sviluppi della situazione in Libia e nella regione, con un focus sui problemi di una soluzione globale della crisi libica in conformità con le decisioni della Conferenza internazionale di Berlino e le disposizioni della risoluzione 2510 del Consiglio di sicurezza.

Le autorità russe hanno sottolineato “l’importanza di garantire il carattere globale del dialogo libico e ha ribadito il suo fermo sostegno all’unità, all’integrità territoriale e alla sovranità della Libia”, sottolinea il ministero degli Affari esteri.
Non è la prima volta che il nome di Saif al Islam Gheddafi, rifugiatosi nella città Stato di Zintan, torna a circolare sui media. Le milizie di Zintan lo hanno liberato nel 2017 e da allora è sotto la loro protezione.

Da tempo la sua presenza veniva spesso segnalata a Mosca. Secondo alcuni osservatori, Saif al Islam è “il più attrezzato culturalmente” per un eventuale progetto di leadership, per le relazioni internazionali intrattenute fino a poco prima della caduta di Gheddafi padre ( in particolare con la Gran Bretagna), ma anche per il ruolo di primo piano ricoperto durante il governo del padre. Secondo le fonti raccolte da “Nova”, ai tempi del governo del padre Muammar molti governi, tra cui l’Italia, consideravano Saif al Islam come l’unica persona a cui rivolgersi in caso di seri problemi e in più di un’occasione avrebbe dato dimostrazione di saper dialogare.

Secondo Ahmad Kaddaf al-Dam, leader del Fronte Libico di Lotta Nazionale, nonché cugino dell’ex leader libico Muʿammar Gheddafi,  Saif al-Islam Gheddafi si candiderà “perché al momento è l’unico candidato in grado di presentare un piano d’azione degno di questo nome ed è pronto a riportare la pace nel Paese. Sono convinto che la maggior parte dei libici sostenga proprio la sua candidatura alle elezioni. Ritengo che qualsiasi comune cittadino comprenda cosa stia realmente accadendo a livello politico nel nostro Paese”.

La principale difficoltà a una sua ipotetica investitura è stata finora, oltre all’opposizione della Turchia, la reticenza di alcuni paesi del Golfo, come l’Arabia Saudita, in passato tra i principali avversari del regime di Muammar Gheddafi e che ora appoggiano il generale Khalifa Haftar e le forze della Cirenaica ossia la regione da dove partirono le rivolte e il golpe contro il Gheddafi nel 2011.

A maggio il nome di Saif al Islam Gheddafi, era tornato a circolare sui media, in particolare a causa delle notizie riguardanti un piano per la sua uccisione ordito dai servizi segreti turchi ma poi saltato per divergenze affaristiche tra le milizie della città di Zawiya che dovevano realizzare l’azione.

Tra gli ostacoli per il rientro in gioco di Saif al Islam Gheddafi c’è il fatto che risulta ancora ricercato dalla Corte penale internazionale, in particolare dopo che il 10 marzo 2020 la Corte d’appello della Cpi aveva respinto il ricorso dei suoi legali ribadendo che debba comparire davanti al tribunale dell’Aia.

Nonostante fosse stato processato a Tripoli nel 2014 e condannato a morte, la Corte penale internazionale aveva indicato che la decisione emessa da una giurisdizione nazionale deve essere definitiva prima che un caso possa essere dichiarato irricevibile. Dopo aver esaminato le osservazioni della difesa, del procuratore, delle vittime, del governo libico e di altri, la Camera d’appello aveva quindi riscontrato che la sentenza della Corte di Tripoli “non può essere considerata definitiva” .

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