Il 4 marzo Il Consiglio dei Tribunali Penali di Lamia, nella Grecia centro-orientale, si è espresso negativamente nei confronti della richiesta di sospensione della pena portata avanti dalla legale di Dimitris Koufodinas, Ioanna Kourtovic.
Il giorno precedente il Giudice del tribunale di prima istanza si era dichiarato incompetente per trattare la richiesta.
L’articolo 557 del Codice di Procedura Penale, cui si era appoggiata l’avvocata, prevede infatti la possibilità di una sospensione della pena fino a cinque mesi, con possibilità di rinnovo, per potere essere curati a proprie spese fuori dall’ambito carcerario per prigionieri che ospedalizzati necessitano di “un trattamento continuativo in un istituto di cura per evitare dei danni irreparabili alla sua salute o dei rischi per la propria vita”.
Ma dalle dichiarazione della giudice e del procuratore si poteva supporre quale sarebbe stato l’esito del responso.
Koufodinas è dall’8 gennaio in sciopero della fame, poi divenuto sciopero della sete dal 22, per protestare contro il suo trattamento carcerario, figlio di una legge “ad hoc” votata dal parlamento a maggioranza conservatrice lo scorso dicembre, che ha portato ad un suo trasferimento da un carcere agricolo ad uno in cui è lontano dai propri familiari.
Dimitris, che ha più di 60 anni, è stato membro di spicco dell’organizzazione rivoluzionaria 17 novembre, smantellata nel 2002, e ha scontato già più di 18 anni di carcere, la maggior parte dei quali in una cella sotterranea di un prigione, per gli ergastoli comminategli per 11 omicidi.
Attualmente è in una fase critica e sul punto di “non ritorno”.
La Presidenza della Repubblica è silente, mentre il governo continua nella sua vendicativa intransigenza, nonostante le mobilitazioni sempre più partecipate in sostegno delle richieste di Koufodinas che sfidano il coprifuoco per presunti motivi sanitari e le varie azione dirette messe a segno, circa 400.
Eppure, quando si era trattato di “graziare” un pezzo da Novanta del regime dei colonnelli, nel maggio del 1996 l’attuale premier Mitsotakis aveva difeso con ardore la liberazione di Patakos, membro della giunta militare. Due pesi, due misure quindi.
La 17N, che prendeva il nome dalla strage al Politecnico di Atene ai danni degli studenti in sciopero durante il regime dei colonnelli, è stato un vero e proprio incubo per le classi dirigenti elleniche, per il personale di alto profilo statunitense di stanza in Grecia e per i diplomatici turchi nel Paese.
Per più di 25 anni l’Organizzazione – insieme ad ELA – nonostante la pesante caccia all’uomo intrapresa dagli apparati e le taglie sempre più cospicue che pesavano sulle loro teste, ha agito senza che nessuno fosse catturato, fino appunto al 2002 quando un proprio militante infortunatosi gravemente durante una azione fallita è stato pesantemente torturato mentre era in ospedale, fornendo alcune informazioni che sono servite poi per smantellare la 17N.
Con le proprie azioni, che nelle intenzioni dei propri membri dovevano parlare da sé, l’Organizzazione ha messo in luce alcuni aspetti della mancata transizione effettiva dal regime dei colonnelli alla democrazia, la sudditanza agli interessi statunitensi, l’inefficacia nella risposta all’occupazione turca di Cipro del 1974, e non da ultimo il progressivo svuotamento della propria già parziale sovranità con l’integrazione nell’Unione Europea.
La pratica internazionalista della 17N si era espressa particolarmente in occasione della Prima Guerra del Golfo – cui anche la Grecia ha partecipato – e dell’aggressione della NATO alla Serbia.
Questo piccolo gruppo combattente non si è mai concepito come una avanguardia, ma come parte di una lotta più complessiva che doveva adoperare tutti i mezzi necessari (legali ed illegali) per essere vincente.
È interessante ricordare che con il governo del PASOK di Andreas Papandreu, nel 1981, dopo una forte affermazione elettorale, l’Organizzazione sospende i propri attacchi militari per due anni, per poi riprenderli quando era diventato ormai chiaro che le promesse di “rottura” dei socialisti erano false.
I membri della 17 Novembre si definivano “semplici combattenti del popolo”. La popolazione greca ha conosciuto in questo secoli l’espulsione dei territori dove viveva nell’Asia minore, diverse dittature, l’occupazione militare, una resistenza guidata dai comunisti ed una sanguinosa guerra civile durata fino al 1949, nonché da dopo la dittatura una delle classi dirigenti più corrotte e parassitarie dell’intero Occidente ed un sistema di potere mutuato dal regime dei colonnelli. Che in queste settimane sta tornando.
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Alkyoni
Personalmente, mi rincuora il fatto che riportiate questa notizia, però vorrei far presente un’ inesattezza significativa:
Koufontinas non sta richiedendo qualcosa contro la legge votata “ad hoc” dal governo attuale, ma l’esatto opposto: la citata legge prevede che lui venga trasferito al carcere di Korydallos (ad Atene, dove stanno anche il resto degli incarcerati del 17 Novembre).
Le autorità, invece di seguirla l’hanno trasferito dal carcere agricolo di Domokos, dove stava prima, a quello di Lamia.
Koufontinas sta facendo lo sciopero della fame perchè il governo rispetti la legge, non contro di essa, cosa che rende la situazione ancora più paradossale.
Con questo sciopero, quindi, sta dimostrando chi è il vero criminale in questo momento.