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La dinamica dell’escalation in Donbass

Da alcune settimane i media mainstream occidentali hanno iniziato una campagna stampa per denunciare l’aumento della tensione in Donbass narrando di una escalation che in realtà non è così inedita come vorrebbero far credere: da quando è iniziata la guerra, cioè sette anni fa, recrudescenze analoghe sono ordinaria amministrazione.

In questi anni non si è mai registrato un così alto livello di attenzione mediatica, neanche in casi ben più gravi di scontro aperto, sorge quindi il legittimo sospetto che i media mainstream stiano facendo un lavoro preparatorio per una qualche più ampia operazione.

Sicuramente quella in atto è una nuova fase dello scontro tra USA e Russia. Con l’elezione di Biden la politica estera statunitense è tornata su una linea più convenzionale, tracciata con la “guerra fredda”.

I media mainstream stanno svolgendo un ruolo nella nuova offensiva statunitense contro la Russia, questa si articola in due aspetti, uno generale di contrapposizione tra USA e Russia e uno specifico legato a questioni commerciali.

L’aspetto generale di contrapposizione tra le due potenze nucleari non è ancora alla sua fase apicale, rimane nello stile da “guerra fredda”: le provocazioni non portano ad uno scontro diretto tra USA e Russia.

A tal riguardo, bisogna chiarire chi abbia iniziato le attuali mobilitazioni militari. I grandi movimenti di truppe a cui si sta assistendo non sono il preludio alla guerra di cui parlano i media che fanno terrorismo mediatico, ma ordinaria amministrazione in un contesto di “guerra fredda”.

L’anno scorso le truppe NATO avevano in programma una mastodontica operazione militare lungo tutti i confini europei della Russia (Defender Europe 2020, che prevedeva l’impiego di 40 mila uomini), questa però a causa dell’epidemia venne rinviata alla primavera 2021 e ridimensionata a 28mila uomini.

In previsione di un tal dispiegamento di forze ostili lungo i propri confini, è ovvio che la Russia con adeguato anticipo iniziasse a schierare delle truppe di difesa all’interno del proprio territorio.

Quella che i media mainstream occidentali descrivono come un’aggressiva politica della Russia che schiera uomini e mezzi a ridosso del confine, è in realtà la risposta ad una provocazione fatta dalle forze della NATO.

A tal riguardo va notato che la Russia schiera i propri uomini dentro i propri confini, mentre le forze della NATO si trovano a migliaia di chilometri dai rispettivi paesi. In definitiva si tratta delle ordinarie dinamiche da “guerra fredda” e non c’è motivo di pensare che si possa arrivare proprio ora ad uno scontro militare diretto tra potenze nucleari.

Tuttavia, come detto, c’è anche un aspetto specifico legato a questioni commerciali: sta per essere ultimato il gasdotto “North Stream 2” che collegherà la Russia alla Germania. Si tratta di un progetto che gli USA vogliono assolutamente impedire e pertanto hanno elaborato un mediocre trabocchetto contro la Russia.

L’idea è quella di trascinare la Russia in un conflitto locale per poi imporle delle sanzioni commerciali che impediscano l’utilizzo del gasdotto. Sanzioni del genere furono comminate alla Russia già dopo l’annessione della Crimea del 2014.

A differenza di quanto racconti la propaganda occidentale, le forze armate russe non hanno mai preso parte alla guerra del Donbass, la missione OSCE schierata sul campo fin dall’inizio del conflitto non ha mai registrato presenza di soldati od armamenti russi.

Ora invece gli USA vogliono trascinare l’esercito russo in Donbass di modo da poter infliggere delle sanzioni internazionali, il meccanismo messo in atto dagli americani è tanto semplice quanto criminale.

Gli Stati Uniti hanno ordinato all’Ucraina di bombardare le infrastrutture civili facendo vittime tra la popolazione. A questo punto intervengono i media assoldati dagli USA che denunciano la tragedia umanitaria; si badi bene al fatto che sono gli stessi media che in sette anni non si sono mai curati di tragedie anche più gravi.

In questo modo si cerca di esercitare una pressione mediatica sull’opinione pubblica russa e internazionale per chiedere di fermare la carneficina. Si tratta di un qualcosa di grottesco e apparentemente schizofrenico, in cui il mandante di un crimine chiede ad altri di far interrompere il crimine che eseguono i suoi sicari.

Sembrerebbe un qualcosa di folle, ma c’è una logica malefica: la comunità internazionale non interverrà e Putin si troverebbe spinto dal popolo russo e dai doveri istituzionali ad intervenire.

Bisogna sapere che adesso la situazione in Donbass è diversa da quella di alcuni anni addietro, recentemente infatti sono state molto semplificate le procedure per l’ottenimento della cittadinanza russa e pare che circa 580mila abitanti del Donbass l’abbiano già presa.

Ogni stato è tenuto a difendere i propri cittadini ovunque essi si trovino e ora che gli ucraini massacrano il popolo del Donbass stanno assassinando anche dei cittadini russi. Pertanto Putin sarebbe costretto ad intervenire per impedire la carneficina, se non lo volesse fare per scelta o per la pressione del popolo, almeno sarebbe costretto dai doveri istituzionali.

A prescindere da ogni valutazione politica, qui emerge un problema umano: gli USA e i suoi scagnozzi stanno uccidendo delle persone per denaro. Stanno mettendo una questione commerciale al disopra della vita umana. Non gli può essere permesso, è qualcosa di aberrante.

Gli USA sono coscienti di star commettendo un crimine gravissimo, ma sapendo di poter contare sulla solita impunità continuano in questa azione criminale per poter mettere Putin di fronte alla necessità di intervenire e farsi così affibbiare delle sanzioni internazionali.

Ciononostante, il piano malefico degli USA è tecnicamente grossolano e non tiene conto della complessità della realtà. Infatti la Russia avrebbe tanti modi per impedire il massacro di civili pur senza entrare in Donbass. Anni di “guerre ibride” scatenate dalla NATO ci hanno insegnato che volendo si può far di tutto senza esserne direttamente coinvolti.

In alternativa, ci potrebbe essere anche un’altra soluzione meno cruenta, quella diplomatica: alla Russia basterebbe riconoscere le repubbliche del Donbass (cosa che finora non ha fatto) per poter stringere degli accordi bilaterali di difesa che possano prevedere la fornitura di strumenti in grado di contrastare l’esercito ucraino, anche se appena dotato delle più recenti tecnologie militari.

Oltretutto, se la Russia riconoscesse il Donbass sarebbe legittimata (previa autorizzazione) a schierare su quel territorio le proprie truppe, a quel punto l’Ucraina si guarderebbe bene d’attaccare.

L’esercito ucraino se la prende con le piccole repubbliche del Donbass ma non può reggere il confronto con l’esercito russo, lo ha già dimostrato in Crimea nel 2014 dove praticamente non ha opposto alcuna resistenza preferendo ritirarsi o arrendersi.

Il criminale progetto americano è destinato a naufragare, ma nel frattempo delle persone continuano a morire per le brame di denaro di uomini senza scrupoli.

Ad ogni modo bisogna anche riflettere sul fatto che gli USA vogliono ad ogni costo impedire che il gasdotto entri in funzione, visto che il trabocchetto alla Russia non ha funzionato, non è detto che non ne inventino uno contro la Germania. Ma questo è un altro tipo di problema che riguarda i rapporti tra USA e UE.

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3 Commenti


  • Gianfranco

    Dott. Alberto, condivido la sua analisi ma non il suo ottimismo e continuo ad essere preoccupato: la storia è piena di guerre che non sarebbero dovute scoppiare. Inoltre l’occidente sa di essere in declino e di non avere strumenti per arrestarlo, e ciò lo rende ancora più pericoloso. Spero di sbagliarmi.


  • Bruno ghirsrdi

    Analisi condivisibile. Rimane il fatto di due eserciti schierati, pure con la partecipazione italiana. Non c’è da star sereni.


  • Bernardino Marconi

    L’analisi di Alberto Fazolo mi sembra appropriata data la ormai collaudata attività aggressiva degli USA servendosi del braccio della NATO, ma sanzionare in qualche modo la Germania mi sembra difficile.

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