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Colombia: la Repubblica e gli assassini

In questi giorni in Colombia è in corso una vera e propria strage a seguito dell’intervento delle forze speciali di polizia (ESMAD) contro le manifestazioni convocate per rispondere alla riforma fiscale di stampo neoliberista voluta dal governo del presidente Duque.

Le vittime della violenza dell’ESMAD (squadra mobile antidisordini, una sorta di reparto celere con licenza di uccidere) si contano finora nell’ordine di almeno ventisette e 129 sono i feriti accertati. L’ESMAD ha  fatto ricorso in varie occasioni alle armi da fuoco, anche mitragliatrici, contro i manifestanti inermi che sono in sciopero ormai da una settimana.  Da vari giorni stanno intervenendo le stesse Forze armate colombiane coi mezzi che sono loro tristemente abituali. In rete si trovano centinaia di testimonianze davvero agghiaccianti.

Questa repressione brutale e criminale costituisce del resto l’altra faccia dell’assassinio di leader sociali ed ex appartenenti alla guerriglia. Secondo la stampa colombiana sono stati nel corso del 2020 310 i leader sociali e 64 gli ex appartenenti alle FARC assassinati, 37 leader e 13 firmatari degli accordi di pace nei soli primi tre mesi dell’anno in corso (El calvario de los líderes y excombatientes en Colombia, (elheraldo.co).

Sono evidenti le responsabilità della destra al governo anche in questa seconda strage, perpetrata in genere da soggetti riconducibili al paramilitarismo che essa alimenta da decenni, come dimostrato anche dai procedimenti penali in corso contro il suo principale esponente l’ex presidente Alvaro Uribe, mentre continua a rifiutarsi di dare applicazione agli accordi di pace colle FARC che per un breve momento sembravano aver aperto nuove prospettive a un Paese da sempre in preda a sanguinosi conflitti.

Una situazione, quindi, di evidente violazione dei diritti umani che sta richiamando l’attenzione degli organismi internazionali e sulla quale dovrebbe intervenire al più presto la Corte penale internazionale. Va ricordata al riguardo la ferma presa di posizione dell’Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite ((19) ?????????́? ??????? on Twitter: “ALERTA : @OACNUDH se pronuncia sobre las violaciones de #DDHH en #Colombia sobre #ParoNacionalIndefinido. #SOSColombiaDDHH, @LevyRincon @ONUHumanRights @MisionONUCol @ONUGeneve @ONU_es @teleSURtv @lanuevaprensaco @ActualidadRT @CaracolRadio @IvanDuque https://t.co/rTVlYnyQvd https://t.co/Rzwslq5GRA” / Twitter).

L’attenzione della stampa italiana su questi gravissimi fatti è in genere piuttosto bassa.  E questo già la dice lunga quanto a mancanza di obiettività e incapacità di fornire un’informazione corretta e completa su quanto avviene nel mondo.

Ma il colmo della disinformazione è stato raggiunto dalla Repubblica di lunedì scorso, 3 maggio 2021, nel pieno delle proteste e della sanguinosa repressione. Il quotidiano ha infatti ospitato, in tale data, un’intervista alla ministra degli esteri colombiana, signora Claudia Blum, la quale non solo non fa ovviamente alcun riferimento alle malefatte del suo governo, ma ne approfitta per scagliare l’ennesimo attacco al Venezuela bolivariano, rispolverando il trito refrain della necessità “di ristabilire la democrazia” continuando addirittura ad affermare la legittimità del “presidente” autoproclamato Guaidò.

La vera natura della sedicente democrazia colombiana era nel frattempo sotto gli occhi di tutto il mondo ed è quindi comprensibile che la Repubblica, come pure altri giornali, continuino a tacere i massacri di vario genere in atto da tempo nel Paese e che hanno raggiunto il loro culmine colle uccisioni di questi giorni.

Il passaggio chiave dell’intervista alla signora Blum è d’altronde nella domanda colla quale il giornalista di Repubblica le ricorda che il presidente Biden si riferisce alla Colombia come “pietra angolare”della politica estera di Washington elei risponde riaffermando la natura strategica dell’alleanza con Washington.

Nell’articolo del giornalista venezolano Moisés Naim, da tempo editorialista della Repubblica, che compare a fianco all’intervista si accenna del resto con preoccupazione, fra l’altro al fatto che “in Colombia, a più di un anno dalle elezioni, c’è un candidato di estrema sinistra in testa ai sondaggi, con il rischio che gli Stati Uniti perdano il loro più solido alleato nella Regione”.

Insomma, la Repubblica, specie dopo la fusione colla Stampa, si conferma organo del più becero atlantismo. Un atlantismo cieco e becero al punto da nascondere le stragi e da attribuire una patente del tutto indebita di democrazia a un governo nato per difendere i privilegi dell’oligarchia a costo di parecchio sangue  e per contribuire alla destabilizzazione di governi che, come quello del Venezuela, operano per la pace nella regione e una piena rappresentanza delle classi sociali maggioritarie da secoli escluse ed oppresse.

Non dimentichiamo del resto che la Repubblica ebbe la sciagurata idea di pubblicare a suo tempo, nel pieno delle guarimbas contro il legittimo governo di Maduro di qualche anno fa, la foto di un chavista bruciato dagli oppositori fascisti tentando di contrabbandarlo per la vittima della presunta repressione governativa. Questa è la pessima deontologia professionale di uno dei nostri giornali principali.

Abbiamo invece più che mai bisogno di un’informazione completa e corretta sulle violazioni reali dei diritti umani e sui loro autori, anche per ottenere, dalla stessa amministrazione di Washington che su altri temi si sta muovendo in modo abbastanza condivisibile, l’adozione di un approccio realistico e di dialogo coi Paesi latinoamericani che, come oggi il Venezuela, Cuba e il Nicaragua e domani probabilmente altri, tra cui la stessa Colombia, sono stanchi del ruolo di semicolonie e reclamano giustamente il rispetto pieno della propria sovranità e della propria democrazia.

* da PatriaGrande

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