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La boxe rivoluzionaria di La Cruz

Al Kokugikan Stadium di Tokio, tempio del sumo, sono di scena i quarti di finale di boxe, categoria pesi mediomassimi 81kg.

A combattere Julio César La Cruz e Emmanuel Reyes.

La musica di Europe da sfondo, i compagni di squadra che urlano i nomi dei due atleti.

La sfida è tesa e incerta.

Non finisce per K.O.: l’accesso alle semifinali è assegnato ai punti. 4 giudici a 1 danno la vittoria a La Cruz.

È sua la possibilità di andare a vincere una medaglia per sé e per il proprio Paese.

Qui finisce un match, ma ne inizia subito un altro.

La Cruz, sul ring, si rivolge a chi siede sugli spalti, alza il braccio e scandisce:

“Patria o vida no! Patria o muerte! Venceremos!”

È un match politico questo.

Julio ed Emmanuel non sono infatti due atleti qualsiasi.

Il primo, 31 anni, campione olimpico di Rio de Janeiro 2016 e quattro volte campione del mondo, è cubano.

Lo sarebbe pure Emmanuel Reyes, 29 anni, che però a queste Olimpiadi veste i colori della Spagna. Qualche anno fa approfittò di un viaggio in Russia per abbandonare l’isola caraibica, trasferirsi in Galizia e da quel momento rappresenta all’estero il Paese di Re Felipe VI.

Il match politico è iniziato ben prima che i due salissero sul ring. L’ha iniziato Reyes, partecipe della campagna mediatica contro Cuba: ha rilanciato e fatto girare l’hashtag #SOSCuba, reso virale grazie a eserciti di bot e al coinvolgimento del nemico storico dell’isola, gli USA (leggi qui: https://www.facebook.com/119405039728091/posts/334831084852151/)

In avvicinamento all’incontro, Reyes aveva rilasciato dichiarazioni bellicose: “Sono venuto qui a Tokio per strappare teste”, con riferimento a La Cruz.

E aveva aggiunto che, in caso di vittoria, avrebbe urlato “Patria o vida!”.

La Cruz, fino a oggi, incassava silenzioso. Qualcuno poteva pensare fosse sintomo di debolezza, che stesse per cedere.

E invece no. Julio César La Cruz ha sconfitto Reyes. La pagina delle semifinali di queste Olimpiadi sarà lui a scriverla. Come la piccola isola che orgogliosamente rappresenta e che, a 62 anni dalla rivoluzione, a 30 dal crollo dell’URSS, continua a scrivere la SUA storia. Libera, sovrana e socialista.

Venceremos!

P.S.: Quando si dice che a Cuba istruzione e sanità sono di ottimo livello, dimentichiamo sempre di aggiungere lo sport. Te lo ricordano sempre i cubani stessi, ogni volta che gli chiedi cosa pensino funzioni sull’isola: lo sport, non inteso come business, è uno dei grandi successi della rivoluzione cubana.

* portavoce nazionale di Potere al popolo

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