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Informazione e comunicazione sull’Afghanistan, a margine di una debacle politico-militare

E’ agosto. Parafrasando T.S. Eliot “dei mesi il più caldo”.

Solitamente però avvenimenti decisivi accadono proprio in questo mese dell’oblio.

Le temperature aumentano causa riscaldamento globale, ma proprio il fatto che ci stiamo arrabattando per organizzare una cosiddetta “transizione ecologica globale”, che è accertato, non porterà da nessuna parte, e che viene spacciata come LA soluzione è prova inconfutabile che l’Occidente proprio nulla ha imparato, né probabilmente vuole imparare.

Identico ragionamento per le infinite discussioni sulla pandemia globale che ormai ci assilla le vite da quasi due anni: doveva essere l’occasione per riflettere su come ritrovare il meglio di noi ed imparare di nuovo a vivere in condivisione di valori e collaborazione con l’altro; per non commettere più gli errori del passato e ricominciare differentemente, facendo tesoro e blablabla…ed eccoci invece, a ridosso dell’autunno carichi di responsabilità non nostre, in un habitat peggiore ad azzannarci di nuovo “l’un contro l’altro armati” cercando di sopravvivere agli errori impostati da “i soliti altri”.

Il peggio di noi stessi.

L’ipocrisia, questa sconosciuta, direbbe qualcuno. L’ipocrisia che culla l’arroganza dell’uomo d’Occidente; e la superbia di avere la conoscenza delle cose, di essere problema e soluzione.

Come si fa a far star insieme tutte queste cose e risultare comunque (con)vincenti, non dalla parte del torto?

Si chiede aiuto alla falsità. La falsità dell’/nell’informazione.

Alcuni l’hanno definita la fabbrica del falso: una narrazione tossica.

Nulla di più vero e dimostrabile, ma si sa che l’informazione e la comunicazione veicolano opinioni nelle masse e determinano modi d’agire.

Senza un briciolo di saggezza, ed un pensiero collettivistico però non si va da nessuna parte.

Lo spirito orientale, che ha i suoi fondamenti su quel principio, avrebbe potuto insegnarci qualcosa in questo senso; i risultati, differenti e migliori, raggiunti da quella parte del pianeta che ha utilizzato uno spirito collettivistico, presente nel proprio dna, nell’affrontare storicamente fasi difficili, non ultima quella della pandemia, sono lì a dimostrarlo

Invece noi, l’Occidente NO, niente! nothing!…nichts!…nada!!!

 

He went down South and crossed the border
Left chaos and disorder
Back there over his shoulder…
(Jim Morrison estratto da “The Celebration of the Lizard”)

 

In questo preciso contesto, fatto di ipocrisia e falsità, quest’anno abbiamo assistito dunque al ritiro delle truppe USA in Afghanistan (ampiamente annunciato), con conseguente crisi politica dell’amministrazione Biden.

Il tutto in un overload di comunicazione. Appunto.

Non c’è modo migliore, se non vuoi fare capire granché all’opinione pubblica, che bombardarla di notizie, aggiornamenti, approfondimenti, …“diverso tutti gli anni e tutti gli anni uguale…” per dirla con le parole di Francesco, poeta modenese.

Gli interventi di Joe Sleepy Biden e del suo entourage (Jen Psaki, portavoce della Casa Bianca a “mettere le pezze” ed il sottosegretario Anthony Blinken di cui si paventa il licenziamento a caricarsi le responsabilità nei primi giorni) in conferenze stampa o briefings sono stati numericamente abbondanti, come mai prima d’ora.

L’annunciata presa di Kabul da parte dei Taliban, smentendo qualsiasi previsione dell’Intelligence USA, si è verificata, stranamente, con nettissimo anticipo, in pochissimi giorni, facendo fare una figura barbina a CIA e compagnia bella.

Subito dopo è iniziata l’operazione di stracciamento delle vesti riguardo i pericoli a cui andava incontro la popolazione soprattutto le donne ed i bambini, che spesso la comunicazione mainstream cinicamente utilizza per i propri luridi scopi.

E poi tutto il resto della trita retorica, anche se si è trattato di qualcosa annunciato da tempo.

Ovvietà, mezze verità, qualche “strano” avvenimento per alimentare quel tanto di complottismo. Attentati di rito.

La percezione immanente di una situazione di caos, che potrebbe allargarsi nell’area come nel mondo.

Il solito teatrino funzionale al potere ed al suo mantenimento

Molte volte sulla scena di un crimine, e la disinformazione è un crimine che genera altri crimini, si intuiscono meglio le cose, se ci si sofferma sull’assenza di ciò che dovrebbe essere presente ma non c’è.

E allora, cosa non c’è nell’informazione mainstream?

  • Non c’è il minimo accenno all’interesse di altre potenze internazionali alle risorse presenti nel sottosuolo afghano: litio, indispensabile alla fabbricazione di batterie (per auto elettriche, cellulari o per qualsivoglia altro utilizzo) e che forse potrebbe interessare la Cina, che da quelle parti dovrebbe far passare un paio delle cinque direttrici terrestri della Belt and Road Initiative (BRI), la Nuova Via della Seta Cinese: il CPEC (China-Pakistan Economic Corridor) che raggiunge il Pakistan ma soprattutto il CCWAEC (China-Central Asia-West Asia Economic Corridor) che raggiunge la Turchia, passando attraverso l’Asia Centrale; berillio usato nell’industria aeronautica e spaziale per la sua elevata resistenza all’usura e per le sue doti di conducibilità termica (dobbiamo ricordare che c’è un confronto non bellico fra potenze per la conquista dello spazio?) ma anche utilizzato per armamenti veri e propri e nell’industria missilistica militare; rame alla base della produzione bellica.

Tutti a sproloquiare solo del papavero bianco da oppio, che sarà anche vero che ha dato da mangiare a tanta “mafia talebana” ma non è il solo problema (non me ne voglia il “dottor” Saviano);

c’è solo una ragione se si evidenziano sempre e solo i problemi che vengono recepiti dall’uomo qualunque, dalla persona della porta accanto e mai sottolineati anche quelli gravi ma scomodi: l’ipocrisia di routine.

  • Nessun accenno ad un ragionamento sul tribalismo che regna in quei territori e che risiede nella cultura di quei popoli, opposto all’individualismo occidentale; non è solo un problema circoscritto alle donne o ai bambini, il problema umanitario e di diritti umani e civili violati. Il problema è per tutti gli afghani perché in quella realtà, è il “capo tribù” che detta legge, il resto si accoda: donne, bambini…uomini

Se l’Occidente non capisce questo non si va lontani. Ma poi non è stato proprio Biden a dichiarare sempre che gli USA avrebbero continuato ad intervenire ovunque nel mondo questi diritti venissero violati? E ora? Si tace sul sotto testo alla frase del suo primo intervento a giustificazione della dipartita da Kabul “non eravamo lì per creare una nazione”. Si legga: “abbiamo invaso il paese per cercare vendetta e poi lasciarlo nel caos”.

  • Nulla circa il rischio di impantanamento per altre potenze che riceverebbero la palla scaricata dagli USA (Russia, Cina, UE con l’Italia al primo posto), che forse è la ragione principe che ha portato Biden a lasciare la regione, per concentrarsi egoisticamente sulla risoluzione dei problemi economici in patria, mettendo in difficoltà le altre potenze sullo scacchiere internazionale.
  • Poco o nulla sulla possibilità che scoppi un’ennesima guerra civile, come in Libia, dal momento che nella provincia del Panjshir si sta già organizzando la resistenza e che l’ISIS Khorasan, il nuovo nemico del mondo, ha da tempo creato una spaccatura nel movimento Talebano, che considera traditore e troppo poco fondamentalista. Ci sono poi i resti di quello che era Al-Qaida a far da concorrente a Daesh.
  • Infine una ”dimenticanza” veramente bizzarra: sembra che l’Afghanistan sia una nazione nata nel 2001, all’ombra dell’attentato alle Twin Towers. Nessuna ricostruzione storica di ciò che è stata la Rivoluzione comunista di Saur del 1978, dell’utilizzo che fu fatto dei “combattenti per la libertà” (come venivano chiamati allora i Taliban) da parte dell’Occidente per abbattere quella Repubblica in favore del ritorno dei cartelli della droga e della jihad fondamentalista. Per concludere non ci si dovrebbe dimenticare di quanti e quali diritti umani e civili vengono puntualmente violati nelle petromonarchie del Golfo, Arabia Saudita, Qatar, EAU, nostri patrners commerciali ed amici speciali del pianeta.

Ci si può solo augurare che allo Zio Sam di turno, che si è ammantato dei panni della “vittima” che ha “subìto le decisioni, alcune volte opinabili di ben tre amministrazioni precedenti” (Bush Jr., Obama e Trump) per trovarsi il cetriolo nel didietro, tutto questo gli si ritorca contro nelle elezioni di midterm dell’anno prossimo.

Il coccodrillo è a nudo… e con lui tutto l’Occidente.

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