A sedici giorni dalle elezioni in Libia, nel paese continuano turbolenze e tensioni, anche nella capitale Tripoli. Un gruppo di manifestanti sta contestando la sede dell’Alta commissione elettorale a Tripoli. Secondo quanto riferiscono i media libici, i manifestanti – alcuni dei quali armati – hanno montato tende davanti alla sede dell’Alta commissione elettorale cantando “No alle elezioni senza costituzione”. I media hanno citato membri delle agenzie Onu i quali hanno precisato che i manifestanti non avrebbero minacciato di prendere d’assalto la sede, ma si sarebbero limitati a manifestare il proprio dissenso pacificamente.
Secondo l’agenzia Nova la nuova escalation giunge nel pieno dello scontro tra le varie fazioni della Libia sul processo elettorale con gli islamisti vicini al movimento dei Fratelli musulmani che in questi mesi hanno più volte chiesto di boicottare le elezioni. Il sit-in è stato organizzato poche ore prima dell’annuncio da parte dell’Alta commissione della lista definitiva dei candidati alle elezioni in Libia del 24 dicembre. La situazione di tensioni starebbe portato l’Alta commissione elettorale a trasferire il suo personale e quartier generale in un’altra città.
I video diffusi sui social media mostrano il momento in cui i manifestanti giungono presso la sede della commissione e allestiscono davanti all’edificio il proprio sit-in. Secondo diversi media libici, i manifestanti apparterrebbero alle milizie Igniwa (affiliata con Abd al Ghani al Kikli), al Zawiya e Misurata, gruppi affiliati alla Fratellanza musulmana.
Anche il 2 dicembre scorso, quando Saif al Islam Gheddafi, figlio del leader libico Muammar, era stato riammesso alla corsa per le elezioni presidenziali del 24 dicembre, una milizia in quel caso legata al generale Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica, aveva impedito per quasi tre giorni ai giudici della corte di Sabha di tenere una sessione per esaminare il ricorso. Anche altri nove candidati, precedentemente esclusi, sono stati riammessi dopo aver presentato ricorso. Tra questi anche il premier Abdulhamid Dabaiba.
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