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Francia. Se andare al Pronto soccorso diventa un privilegio…

A partire dal 1° gennaio 2022, sarà introdotto in Francia il pagamento di una tariffa unica per ogni visita al Pronto soccorso non seguita da ricovero ospedaliero, il cosiddetto “forfait patient urgence” (FPU).

Menzionata per la prima volta nell’ottobre 2020, all’interno della Legge sul finanziamento della Sécurité sociale (l’assistenza socio-sanitaria nazionale) per il 2021, questa tariffa andrà a sostituire l’attuale sistema di fatturazione.

A differenza dell’Italia, dove nella stragrande maggioranza dei casi le prestazioni erogate in Pronto soccorso ospedaliero prevedono l’esenzione dal pagamento del ticket, fino ad ora in Francia ogni visita al Pronto soccorso che non è seguita da un’ospedalizzazione veniva fatturata sulla base di una tariffa di accoglienza e trattamento d’urgenza (ATU) di 25,28 euro.

Poi, l’importo complessivo variava a seconda delle cure e dei trattamenti forniti e il totale da pagare veniva inviato qualche settimana dopo la vostra visita al pronto soccorso.

Tuttavia, solo una parte del costo delle prestazioni mediche rimaneva a carico del paziente – il cosiddetto “ticket modérateur”, corrispondente al 20% dell’ammontare – mentre il restante 80% veniva preso in carico dall’Assurance maladie.

Inoltre, molti francesi si avvalgono di una cosiddetta “mutuelle” – ovvero un’assicurazione sanitaria complementare – che copre una parte o tutti i costi rimasti a carico del paziente, pagando direttamente i servizi di emergenza. Il costo annuale varia all’incirca dai 20 ai 120 euro mensili e dipende ovviamente dei servizi offerti (visite specialistiche, oculistica, odontoiatria, ecc.).

Circa il 95% dei francesi ha un’assicurazione sanitaria complementare o un aiuto equivalente: assicurazione sanitaria complementare (CSS) per i redditi bassi o aiuto medico statale (AME) per i più precari.

Dall’inizio del 2022, l’introduzione del FPU comporterà un cambiamento dell’importo per ogni visita al pronto soccorso non seguita da un’ospedalizzazione. Il FPU ammonterà a 19,61€ e, soprattutto, dovrà essere pagato dal paziente immediatamente all’uscita dal Pronto soccorso.

Fissato originariamente nell’ottobre del 2020 a 18 euro, questo nuovo ticket è stato già rivalutato e andrà a sostituire sia l’ATU che il “ticket modérateur”. Il rimborso del FPU sarà fornito solamente da un’assicurazione sanitaria complementare, supponendo ovviamente che il paziente ne abbia una e che questa decida di prendere in carico il rimborso del FPU.

Su quest’ultimo punto rimane ancora una certa incertezza, poiché pochissime compagnie di assicurazione privata hanno dichiarato pubblicamente il loro intento di rimborsare il FPU. Sarà la logica della concorrenza spietata di mercato, e della massimizzazione del profitto che guida l’intero sistema delle assicurazioni private, a determinarlo.

L’importo sarà ridotto a 8,49 euro per le donne incinte oltre i 5 mesi, le persone affette da una malattia di lunga durata (malati di cancro, diabetici, sieropositivi, epilettici, ecc.) e i beneficiari di una pensione d’invalidità. Per tre categorie è prevista l’esenzione totale: bambini vittime di abusi, vittime del terrorismo e pazienti trattati nel contesto di un’emergenza sanitaria.

Non si tratta, secondo il governo, di rendere i servizi di urgenza a pagamento – come peraltro già sono – ma l’obiettivo sarebbe “limitare le situazioni di costi residui [a carico del paziente, ndr] molto alti”, di velocizzare e “semplificare la fatturazione” per gli ospedali e rimpinguare le casse della Sécurité sociale.

Una logica contorta che fa acqua da tutte le parti. Innanzitutto, se il governo ha rassicurato che le assicurazioni private copriranno questo costo, sta di fatto mettendo il rimborso delle consultazioni d’emergenza nelle mani delle mutue private, dando loro carta bianca nel decidere se rimborsare e in che misura il nuovo “forfait patient urgence” (FPU).

Qualora una mutua privata prendesse in carico una parte e la totalità del FPU, nulla le vieterebbe di aggiustare verso l’alto il costo della polizza, come fatto costantemente negli ultimi 10 anni, in cui le tariffe delle assicurazioni sanitarie complementari sono aumentate mediamente del 47% e le loro commissioni di gestione del 30%.

Se, come affermato dal deputato LREM della maggioranza, Thomas Mesnier, si tratta di una misura “tecnocratica” che non cambierà nulla per il grande pubblico, in ogni caso il paziente deve essere in grado di anticipare questo costo prima di poter essere rimborsato. Inoltre, il 5% della popolazione (circa 3 milioni di persone) non ha un’assicurazione sanitaria complementare o equivalente.

Questo potrebbe avere un effetto controproducente e potenzialmente negativo dal punto di vista sanitario per le persone più vulnerabili ed economicamente fragili.

Infatti, coloro che non dispongono di una “mutuelle”, oppure che hanno sottoscritto un contratto minimo di base, potrebbero decidere di non recarsi al pronto soccorso  – anche quando sarebbe necessario – per paura di dover pagare in seguito.

In una situazione di emergenza, potenzialmente rischiosa, emergerebbe quell’interrogativo “me lo posso permettere?”, in cui il diritto alla salute e alle cure è subordinato alla propria condizione economica.

Un ulteriore fallimento di questo sistema capitalistico che questi due anni di pandemia da Covid-19 ha dimostrato costantemente e sotto tutti i punti vista.

Pertanto, molti potrebbero essere costretti a dover valutare le proprie risorse economiche e stimare la probabilità di essere ricoverati o meno. Tutto ciò aggraverebbe ulteriormente le disuguaglianze già esistenti nell’accesso alle cure.

Infatti, al di là di chi si auto-proclama “medico di sé stesso” conferendosi auto-diagnosi e trattamenti curativi pseudo-scientifici, molti si recano al Pronto soccorso a causa della mancanza di disponibilità immediata di un medico nel proprio comune di residenza.

Si tratta di un “deserto medico” che affligge circa 3,8 milioni di francesi, come denunciato già ad ottobre 2020 dal leader de La France insoumise, Jean-Luc-Mélenchon: “Ci vogliono in media 6 giorni per ottenere un appuntamento con un medico generico, 22 giorni per un pediatra, 28 giorni per un dentista, 80 giorni per un oculista”.

Inoltre, nulla viene fatto per affrontare la drammatica situazione dei Pronto soccorso in Francia, denunciata da oltre due anni dal Collectif Inter-Urgences: molti servizi d’emergenza, soprattutto quelli lontani dai grandi centri urbani, sono stati chiusi; il personale paramedico d’emergenza è in sotto-effettivo e costretto a turni di lavoro più intensi. Il tutto in un sistematico sotto-finanziamento della sanità pubblica e territoriale.

La crisi sanitaria determinata dalla pandemia di Covid-19 non ha fatto che peggiorare una situazione già critica e Macron ha continuato, sulla linea dei governi precedenti, a tagliare risorse agli ospedali, a chiudere strutture sanitarie (25, tra pubbliche e private, sull’intero territorio francese, nell’ultimo anno) e a ridurre i posti letto (5.768 eliminati nel 2020, in aumento rispetto 3.408 tagliati nel 2019).

In questo contesto già difficile, il personale dei Pronto soccorso teme di dover affrontare episodi di ulteriore stress nella richiesta di denaro ai pazienti, oltre a doversi assumere compiti di gestione e di cassa che non sono di sua competenza.

A sottolinearlo è stato Aurélien Sourdille, della Fédération hospitalière de France, confermando questa difficoltà logistica per alcune strutture: “Di notte, per esempio, non sempre ci sono segretarie mediche. Ci sono infermieri e inservienti, che sono principalmente lì per la cura, e la cui missione primaria non è quella di passare un bancomat”.

Inoltre, gli ospedali non sono “supermercati dove si deve andare alla cassa” e “non c’è necessariamente un ufficio di uscita sufficientemente riservato dove i pazienti possano pagare il loro conto”, spiega Sourdille.

Per quanto riguarda il bilancio della Sécurité sociale, per il 2021 questo si chiuderà con un deficit di 34,8 miliardi di euro, in leggera ripresa rispetto al -39,7 miliardi registrati nel 2020. Questo deficit verrà trasferito alla Cassa di ammortamento del debito sociale (CADES), che ricorrerà a prestiti sui mercati finanziari per finanziarlo.

L’obiettivo dichiarato del governo è, come al solito, quello di “riportare i conti in equilibrio”: infatti, il progetto di Legge di finanziamento della Sécurité sociale prevede ancora un deficit di 22 miliardi per il 2022 e di 15 miliardi per il 2023.

Tuttavia, in mancanza di risorse supplementari da destinare alle spese sociali, l’unica strada diventa è il taglio delle spese – “ad ogni costo” – con un conseguente peggioramento della sanità pubblica.

La strategia è quella descritta precisamente da Noam Chomsky: “Questa è la tecnica standard per la privatizzazione: togli i fondi, assicurati che le cose non funzionino, fai arrabbiare la gente, e lo consegnerai al capitale privato”.

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