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Nave militare italiana e missione europea nello Stretto di Hormuz

La Marina Militare in un nota ha fatto sapere che il 22 dicembre la fregata militare Martinengo ha fatto rientro nella base navale di Taranto dopo oltre 4 mesi di missione all’estero.

La nota segnala che la fregata italiana ha partecipato all’operazione a guida europea Atalante nata nell’ambito della European Union Naval Force for Somalia, ufficialmente impegnata nel contrasto del fenomeno della pirateria nelle acque del Mar Rosso, Golfo di Aden e del bacino somalo.

Ma la fregata Martinengo ha preso soprattutto parte, in quota alla Marina Militare Italiana, anche all’operazione Agenor, nata anch’essa nell’ambito di una iniziativa militare-navale europea denominata European Maritime Awareness in the Strait of Hormuz.

Se andiamo a guardare i dettagli – che sono sempre decisivi – possiamo verificare come la missione in realtà più importante fosse quella nello strategico Stretto di Hormuz piuttosto che la “lotta alla pirateria”.

E’ la stessa Marina Militare infatti a precisare che dal 1° ottobre e per tutto il mese di novembre, l’Unità ha assicurato invece la sua presenza nelle acque del Golfo Persico e del Golfo di Oman.

Qui ha operato nel dispositivo aeronavale assegnato all’operazione Agenor nell’ambito dell’iniziativa multinazionale europea EMASOH, lanciata dalla Francia nel gennaio 2020 e supportata, oltre che dall’Italia, anche da Belgio, Danimarca, Germania, Grecia, Paesi Bassi, Portogallo e Norvegia.

L’operazione multinazionale prevede l’impiego di un dispositivo aeronavale in grado di svolgere una “efficace e credibile” attività di presenza, sorveglianza e sicurezza del traffico mercantile in transito nella Stretto di Hormuz, un’area caratterizzata da interessi vitali per l’economia nazionale e dei paesi europei.

In tale ottica, la partecipazione della fregata Martinengo alle due operazioni pone in primo piano l’importanza di operare in un contesto multinazionale attraverso l’impiego coordinato di assetti, anche diversi, che siano in grado di assicurare il controllo di aree marittime di interesse nell’ambito di quello che tutti i centri di comando strategico – italiani ed europei – definiscono ormai come il  “Mediterraneo Allargato”.

Un’area che va molto oltre i confini del Mediterraneo vero e proprio spingendosi nel Golfo Persico, lì dove si va facendo sempre più tesa la contrapposizione con l’Iran e la tensione sul traffico commerciale petrolifero.

Siamo dunque alle missioni navali-militari europei nei teatri di crisi di quella che l’Unione Europea ha definito come “la sua area di influenza”.

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