Il 13 marzo ci saranno le elezioni legislative in Colombia, che precederanno quelle presidenziali fissate per il 29 maggio, con eventuale ballottaggio per il 19 del mese successivo, nel caso in cui nessuno dei candidati superasse il 50% dei voti.
Il nome scelto dsll’arco di tutte forze progressiste che sfiderà l’oligarchia colombiana, dato come vincitore nei sondaggi, è El Pacto Histórico, che dopo le primarie avrà il suo candidato presidenziale ed il suo vice in maniera officiale: i favoriti sono Gustavo Petro, e come vice, la probabile seconda arrivata, Francia Màrquez.
El Pacto, che raggruppa una dozzina di formazioni progressiste, sfiderà le altre tre coalizioni elettorali: la centrista Centro Esperanza, la conservatrice Equipo Colombia, e l’ultra-destra Nos Une Colombia, formata dai partiti evangelici.
Se questa coalizione progressista uscisse vincitrice dalle urne, consoliderebbe la tendenza generale in direzione di un cambiamento in tutto il continente, quello che l’ha caratterizzato l’anno passato dalla Bolivia al Cile, passando anche per il Perù e l’Honduras.
Sulla geografia del voto torneremo in dettaglio nei prossimi contributi. Qui ci è sembrato utile tradurre un contributo esaustivo per delineare il profilo dello “Stato Profondo” colombiano, il ruolo dei suoi apparati militari (strettamente connessi con quelli para-militari) non solo nell’assicurare con qualsiasi mezzo il governo dell’oligarchia tuttora al potere. ma come testa di ponte per le strategie contro-insurrezionali messe in campo in tutto il continente.
L’intreccio di questi due aspetti è il vero volto del narco-stato colombiano, reso tale dal suo maggior sponsor continentale: gli Stati Uniti.
Il livello di violenza degli apparati statali è emerso nella coscienza dei più durante le mobilitazioni dello scorso anno, durante il Paro National, con un pesantissimo bilancio su cui è stato impossibile chiudere un occhio persino per quelle organizzazioni internazionali preposte alla difesa dei diritti umani di solito assai timide quando si tratta di “alzare la voce” contro un alleato dell’Occidente.
Ma la “violenza di massa” nei confronti dei manifestanti non è che una parte della guerra sporca che ha continuato a colpire gli attivisti colombiani.
“Indepaz”, ha divulgato – relativa al solo anno trascorso – la spaventosa cifra di 92 massacri, 168 leader sociali assassinati e ben 48 firmatari dell’Acuerdo de Paz uccisi.
Si tratta dell’Accordo che – nelle intenzioni dei firmatari – doveva porre fine al conflitto armato, principalmente tra le FARC e gli apparati militari dello Stato, ma che sta portando al secondo “genocidio politico” conosciuto dalla recente storia colombiana, dopo quello della Unión Patriótica, che vide l’uccisione di più di 4.000 militanti, tra cui due candidati presidenziali.
Dalla firma di tale Accordo, nel novembre del 2016, sono state poco meno di 1.300 le persone assassinate, 2/3 delle quali durante la gestione del governo del Presidente uscente Iván Duque.
Ma la “scia di sangue” di cui è vittima la società colombiana non si è mai fermata, basti pensare che alcuni giorni fa c’è stato il quarto massacro in appena nove giorni dall’inizio del nuovo anno. Sono stati 326 gli omicidi perpetrati in tale forma in tutto l’anno scorso.
Per questo il cambio in Colombia, minacciato da una escalation di violenza che è una dato strutturale della risposta dell’oligarchia – fedele alleata di Washington – alla possibilità di cambiamento, sarebbe un fatto storico.
Anche per questa ragione, come abbiamo sostenuto con forza la solidarietà con l’America Latina deve ridiventare un asse centrale dell’azione politica nel nostro Paese.
Buona Lettura
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2021 in Colombia l’anno in cui il terrorismo di Stato è diventato visibile
Nemmeno le peggiori manipolazioni mediatiche potranno mai negare questo crimine, al quale il terrorismo di stato Made in Colombia è direttamente collegato….
Lo Stato e le classi dirigenti della Colombia, che costituiscono il blocco di potere controinsurrezionale, hanno usato una serie di falsità per nascondere la natura terroristica dello Stato in questo paese, che si è consolidato come tale per decenni.
La prima di queste menzogne, ripetuta ad nauseam, è che la Colombia è “una società democratica con uno stato sociale basato sullo stato di diritto“, peraltro ratificato dalla Costituzione del 1991.
Allo stesso modo, si sostiene che la democrazia colombiana è stabile, di lunga data, e non ha subito l’assalto antidemocratico del “populismo” (leggi “sinistra”). Si sostiene che in questo paese c’è una separazione dei poteri, la libertà di stampa, il rispetto delle libertà individuali, il tutto reso possibile dalla conservazione illimitata della proprietà privata.
In secondo luogo, si sottolinea che le forze militari sono state “rispettose dell’ordine costituzionale” e hanno affrontato molteplici guerre dalle quali sono uscite vittoriose. Questa menzogna ha guadagnato forza negli ultimi cinque anni, dopo la firma dell’accordo tra il governo di Juan Manuel Santos e le FARC.
A questo si aggiunge la favola che le forze armate siano un'”istituzione pulita”, fatta di “martiri che sacrificano la loro vita per preservare i beni del popolo colombiano” e, al massimo, ci siano state alcune “mele marce” al loro interno, che si sono “smarrite” e hanno commesso crimini oppure si sono alleate con paramilitari e assassini. Ma si tratterebbe di “azioni isolate e individuali” che non compromettono l’entità militare, che ha sempre rispettato i diritti umani.
Anche i membri di queste forze militari, in una campagna ufficiale che circola in tutto il paese, si dice che “gli eroi esistono” e che sono loro.
Queste menzogne, tra molte altre, sono state la lettera di presentazione dello Stato colombiano al resto del mondo, e sono state efficaci perché sono state assunte come vere a livello internazionale.
E parliamo al passato, perché se gli eventi del 2021 hanno avuto una qualche importanza, è che quest’anno il terrorismo di stato di tipo colombiano è stato reso visibile al mondo.
Una cosa è che sia diventato visibile, un’altra cosa è che non sia esistito. Il terrorismo di Stato non è apparso improvvisamente in questo 2021, poiché è stato una pratica ricorrente negli ultimi 75 anni, dato che lo abbiamo sopportato direttamente o indirettamente in molteplici modi (assassinii, sparizioni, torture, bombardamenti, espulsione della popolazione, conversione di settori sociali, etnici e politici in nemici interni, anticomunismo aperto e mascherato, persecuzione giudiziaria, linciaggio mediatico da parte dei grandi poteri della disinformazione, esilio…).
Ma questo non è mai stato portato all’attenzione della maggioranza della società colombiana, tanto meno è stato visto al di fuori del paese. Alcune di queste pratiche terroristiche non solo sono state legittimate da settori della società colombiana (i “buoni colombiani”), i suoi intellettuali, i suoi giornalisti stipendiati, ma le denunce di questo terrorismo di stato sono state limitate a certi attivisti e militanti politici, dentro e fuori il paese.
In alcune occasioni, negli ultimi anni, alcune di queste pratiche terroristiche (assassinio di sindacalisti, “falsi positivi” – un nome creato apposta per nascondere la portata degli assassinii di Stato) sono state denunciate e sono diventate note ad alcuni settori dell’opinione pubblica europea.
Ma queste pratiche genocidiarie non sono sempre state analizzate come una manifestazione del terrorismo di stato, considerato in modo strutturale e inscritto in un insieme di dottrine e pratiche controinsurrezionali, che sono permanenti, sistematiche, e fanno parte della logica della dottrina della sicurezza nazionale, dell’anticomunismo e del “nemico interno”, forgiata negli Stati Uniti e pienamente assunta dal blocco di potere controinsurrezionale in Colombia.
Il terrorismo di stato in questo paese ha avuto così tanto “successo” che è diventato un servizio di esportazione, perché la polizia e l’esercito colombiano addestrano (cioè insegnano la loro esperienza nelle pratiche terroristiche sotto la retorica della “sicurezza”) a più di quindici stati del mondo.
Un’altra variabile che indica il “successo riconosciuto” di queste pratiche terroristiche è l’esportazione di mercenari (civili e militari) in diverse parti del mondo, cosa che è diventata visibile anche nel 2021 con l’assassinio del presidente di Haiti, di cui parliamo più avanti.
Quello che è successo nel 2021 ha frantumato le falsità e messo a nudo il carattere terrorista dello stato colombiano, come dimostrano due eventi che esaminiamo brevemente: lo sciopero nazionale e l’assassinio del presidente haitiano.
Lo sciopero nazionale
Il 2021 è stato l’anno dello sciopero nazionale straordinario, la più importante protesta sociale della storia colombiana per durata, estensione geografica e diversità dei settori sociali che vi hanno partecipato.
Questo sciopero è scoppiato per motivi di lunga, media e breve durata. Nell’immediato, è stato il risultato dell’accumulo di rimostranze durante il 2020, il confino, la repressione del regime del sottopresidente Iván Duque e perché la gestione della pandemia ha mostrato la dimensione della disuguaglianza e dell’ingiustizia esistenti nel paese.
Come fattore repressivo, l’antecedente immediato fu il massacro del 9 e 10 settembre 2020 nelle strade di Bogotà e Soacha, quando la polizia massacrò 13 persone, tra cui un cittadino venezuelano.
Quella protesta è stata brutalmente chiusa con la legittimazione del vicepresidente, che si è travestito da poliziotto e si è presentato in uno dei CAI (Centro de Atención [Asesinato] Inmediato) che erano stati attaccati dalla folla inferocita.
A medio termine, lo sciopero fa parte di un ampio ciclo di proteste che si riferisce a ciò che è successo nel paese negli ultimi dieci anni, e a cui hanno partecipato vari settori sociali, anche se con mobilitazioni particolari nella maggior parte dei casi.
Tra queste proteste, spiccano la mobilitazione degli studenti (La Mane nel 2011, 2017 e 2018), dei contadini (Sciopero agrario del 2013), degli indigeni (varie mingas e scioperi regionali nel sud del paese) e un primo tentativo di sciopero generale (novembre 2019), rinviato a causa dello scoppio della pandemia.
Questo malcontento, latente in vari settori della popolazione, è stato messo in relazione con l’impatto del neoliberismo e la firma di accordi di libero scambio ingiusti, le cui conseguenze dirette sono vissute e sentite dalla popolazione che ha subito un peggioramento delle condizioni di vita.
A lungo termine, lo sciopero è legato ai grandi movimenti urbani di protesta che hanno avuto luogo in Colombia, e dei quali possiamo prendere come punto di partenza – non perché sia stato il primo, ma il più significativo – l’insurrezione popolare nazionale del 9 aprile 1948.
Segnaliamo questa pietra miliare perché lo sciopero del 2021 è stato prevalentemente urbano, una caratteristica che va sottolineata perché questa variabile spiega in gran parte la visibilità del terrorismo di stato.
La brutale risposta statale alla giusta e legittima protesta di settori popolari del mondo urbano ha dimostrato due cose.
Da un lato, la miseria e le disuguaglianze delle città colombiane, grandi e piccole, dove si riproduce la disuguaglianza strutturale esistente tra la campagna e la città, in cui una piccola minoranza vive nei propri ghetti urbani rovesciati (per i ricchi), come se vivesse nei quartieri opulenti delle città del primo mondo, mentre milioni di colombiani sopravvivono in mezzo a una miseria spaventosa, alla precarietà del lavoro, alla disoccupazione, all’informalità e alla fretta quotidiana.
D’altra parte, questa disuguaglianza è mantenuta e riprodotta, tra le altre ragioni, dalla forza bruta dello Stato colombiano, la cui presenza nelle zone più povere del paese, comprese le città, si riduce a battaglioni militari, stazioni di polizia, CAI… senza alcuna presenza sociale, perché non ci sono ospedali, scuole, parchi o aziende statali per dare lavoro e aiutare la popolazione.
La repressione è stata il pane quotidiano nelle zone povere del paese, comprese le sue città, il che significa che, soprattutto, giovani uomini e donne subiscono molestie, persecuzioni, stigmatizzazioni, violenze sessuali…
Tuttavia, fino al Paro, ha predominato un’immagine “positiva” di questa violenza statale e para-statale (poiché utilizza gruppi paramilitari e sicari per “pulire” i quartieri dalle “persone indesiderabili”). Era marginale e, in una certa misura, “giustificata” tra le classi medie urbane come “necessaria” per contenere l’insicurezza, o per affrontare il movimento insurrezionale nelle zone agrarie.
Fino a prima dello scoppio dello sciopero, si pensava che lo Stato colombiano fosse solo repressivo nei confronti dell’insurrezione nelle campagne, ma si supponeva che le forze militari fossero docili colombe nelle città, dove non sperimentavano ciò che sopportano quotidianamente i contadini, sottoposti alla dittatura delle forze militari e dei loro emulatori paramilitari.
Prima dello sciopero, molti colombiani della classe media urbana pensavano che la violenza istituzionale fosse qualcosa di marginale e distante, perché si erano abituati a vedere la nostra guerra in televisione. Bombardamenti, massacri, torture, stupri, sparizioni… apparivano lontani e accettabili per molti di questi settori, come il costo da pagare per chi si ribellava con le armi in mano.
Ma nemmeno nelle curve immaginavano che tutto questo potesse essere visto nelle città. E ripetiamo, non è che questo non sia stato vissuto nelle città, ma che è stato sopportato dai poveri nei loro quartieri ed era di scarso interesse per gli abitanti dei quartieri borghesi, mentre per i ricchi e potenti semplicemente non esisteva o non aveva importanza.
Ma ecco, lo sciopero inizia e subito la repressione statale emerge chiaramente, usando gli stessi meccanismi di terrorismo ufficiale che ha sempre usato in Colombia. E questi meccanismi di repressione diventano più visibili man mano che lo sciopero si radicalizza e si approfondisce.
Alla fine, la repressione lascia un bilancio di circa 80 colombiani assassinati dalle pallottole dello Stato colombiano. Centinaia sono stati feriti, decine sono scomparsi, venti donne sono state violentate. Nei quartieri ricchi, civili armati, protetti dalla polizia, sparano sulla gente e questi stessi individui si presentano come l’espressione genuina dei “buoni colombiani” che agiscono per difendere i loro interessi contro questi intrusi – indiani, neri e poveri – che osano contaminare i loro lussuosi quartieri.
I media di disinformazione mentono, come è loro abitudine, su ciò che sta accadendo, ma questa volta, a differenza del passato, vengono ridicolizzati e le loro bugie vengono smascherate, perché stanno emergendo canali di comunicazione popolare e, attraverso i telefoni cellulari e le reti sociali, vengono diffuse foto e video della criminalità ufficiale e del genocidio in corso.
Questi messaggi ci mostrano che i metodi di repressione israeliani vengono replicati nel nostro paese, con l’uso di armi letali nelle manifestazioni, l’uso di elicotteri nei quartieri delle città per sparare alle persone, lo sparo in faccia ai manifestanti (molto in stile cileno e israeliano) per causargli danno e accecarli.
In Colombia, quello che viene narrato nel famoso racconto dello scrittore guatemalteco Augusto Monterroso – “Quando si svegliò, il dinosauro era ancora lì” – è accaduto in parte nella realtà.
In effetti, gran parte del paese si è svegliato e il terrorismo di stato era ancora lì, non se n’era mai andato, era solo che la gente non aveva voluto guardarlo, in una sorta di dissonanza cognitiva collettiva.
Ora, è stato visto vis a vis, e non solo dentro la Colombia, ma anche fuori dal paese. Tanto che un organismo così inutile e prevenuto a favore delle grandi potenze, come la Commissione dei Diritti Umani dell’ONU, in uno studio pubblicato quindici giorni fa, ha dichiarato:
“Tra il 28 aprile e il 31 luglio di quest’anno ha ricevuto segnalazioni di 63 persone uccise durante le mobilitazioni di protesta iniziate alla fine di aprile con lo sciopero nazionale. Il settantasei per cento delle morti sono state dovute a ferite d’arma da fuoco.” [Inoltre, individui armati hanno attaccato i manifestanti, a volte con armi da fuoco, di fronte alla passività delle forze di sicurezza.
Oltre alle morti documentate, ci sono segnalazioni di 60 casi di violenza sessuale presumibilmente commessi dalla polizia. Finora l’ONU ne ha verificati 16.
Il rapporto dedica una sezione a parte alla criminalizzazione e alla stigmatizzazione dei manifestanti, spesso attraverso i media, che vengono associati ad atti di vandalismo o terrorismo.
L’Ufficio è anche preoccupato per gli attacchi ai difensori dei diritti umani e ai giornalisti che hanno documentato gli eventi. [Disponibile su: https://news.un.org/es/story/2021/12/1501462]
Il fatto che persino l’ufficio guidato da Michelle Bachelet, che in precedenza aveva giustificato il terrorismo di stato in Colombia, abbia fatto tali dichiarazioni, evidenzia il modo in cui l’immagine della presunta democrazia della Colombia si è erosa a livello internazionale.
E l’immagine che rimane è quella che corrisponde alla realtà sofferta dalla maggioranza dei colombiani che vivono in questo paese: un regime terrorista e controinsurrezionale che ricorre a tutti i metodi (militari, giudiziari, mediatici…) per mantenere le disuguaglianze e i privilegi di una minoranza insignificante, i cui rappresentanti sono gli stessi che hanno governato questo paese nella sfera politica per duecento anni.
Ma, come nel caso dello stato terrorista di Israele, il governo colombiano non resta indietro e non solo nega le accuse dell’ONU, ma dice anche che questo organismo interviene nella politica e con la sua condanna “infanga l’onore” di prestigiose istituzioni nazionali (come la polizia, l’Esmad e le forze armate), che esalta come esempio di patriottismo. Con questo mezzo di rifiuto e negazione, c’è una conferma del terrorismo di stato che è venuto alla luce nel 2021.
“Non uccidere” è stato il messaggio sintetico con cui il terrorismo di stato colombiano è stato denunciato a livello internazionale. E questo messaggio, come non era successo nella storia recente del nostro paese, è stato sentito in varie sfere al di fuori della Colombia ed è stato amplificato in diverse arene sportive, artistiche e diplomatiche durante il 2021.
Un chiaro segno che il terrorismo di stato colombiano ha cominciato ad essere affrontato fuori dai nostri confini, il che può essere considerato un importante passo avanti in termini di chiarimento politico.
Assassinio del presidente di Haiti
Il 7 luglio 2021, Jovenel Moïse, il presidente di Haiti, è stato assassinato nella sua residenza. Gli assassini facevano parte di un gruppo di commando mercenari transnazionali.
Non appena si è saputo del crimine, la notizia ha cominciato a circolare in tutto il mondo. Il dato più importante è stato la composizione di questo gruppo di mercenari, la maggior parte dei quali erano cittadini colombiani. Questa fu la prima sorpresa dell’evento, e la seconda fu che non erano mercenari qualsiasi, ma molti di loro erano ancora appartenuti all’esercito nazionale colombiano.
Naturalmente questa non è stata la prima volta, né sarà l’ultima, che i militari colombiani sono arruolati per realizzare un’operazione terroristica internazionale. Lo stanno facendo da diversi anni, al punto che la competenza controinsurrezionale e criminale delle forze armate dello Stato colombiano è stata valutata “positivamente” nel mercato mercenario internazionale, incoraggiato da vari paesi del mondo, a cominciare dagli Stati Uniti.
Nonostante questo sfondo di assassinio organizzato, il caso di Haiti ha mostrato al mondo il carattere delle forze repressive dello stato colombiano, perché la stessa cosa che hanno fatto al presidente di Haiti, con tutto il sadismo del caso (ricorrendo alla tortura, per esempio) è quello che stanno facendo con assoluta impunità nel nostro paese da 75 anni, nelle campagne e nelle città, come è stato ratificato durante lo sciopero nazionale.
Alcuni fatti sono rivelatori del comportamento e delle caratteristiche di queste forze militari: alcuni dei mercenari che hanno partecipato al crimine contro il presidente haitiano erano stati decorati per i loro grandi successi nella “controinsurrezione” in Colombia.
Uno di quelli che è stato ucciso aveva persino ricevuto onorificenze per i suoi atti di guerra. Un altro dei miliziani-mercenari è stato indagato per la sua responsabilità diretta nei crimini di stato conosciuti come “falsi positivi” e un altro è cugino di primo grado di Rafael Guarín, consigliere di sicurezza del governo del sottopresidente Iván Duque.
Questi fatti evidenziano il legame tra lo stato colombiano, le sue forze armate, il mercenarismo internazionale e il crimine di un presidente del continente. Tutto questo è una messa in scena del terrorismo internazionale in stile colombiano, che è diventato visibile a certi settori del nostro continente e del mondo.
Queste due caratteristiche – i mercenari erano colombiani e militari – sollevano domande fondamentali: perché i militari colombiani hanno partecipato all’assassinio di un presidente in carica? Qual è la relazione tra l’addestramento dell’esercito colombiano alla contro-insurrezione e questo tipo di crimine?
Cosa dicono gli Stati Uniti della loro partecipazione a questo crimine, considerando che sette dei militari colombiani che hanno assassinato il presidente di Haiti sono stati addestrati alla School of the Americas?
Quali legami esistono tra lo stato colombiano e gli organizzatori di questo crimine, quando si sa che uno di loro, un abitante di Miami, il venezuelano esule Antonio Intriago, appare in una foto con Iván Duque quando quest’ultimo era in campagna elettorale?
I legami sono resi più sospetti dalla conoscenza dei molteplici piani organizzati dalla Colombia (come l’Operazione Gideon) per uccidere il presidente venezuelano e dalla conoscenza che uno degli organizzatori dell’assassinio di Jovenel Moïse è un venezuelano, basato a Miami e proprietario della CTU Security, una società mercenaria.
Per finire, ci sono ampie prove, incluse fotografie, che dimostrano i legami tra Antonio Emmanuel Intriago, proprietario della società di Miami che ha assunto i mercenari che hanno assassinato il presidente haitiano, e membri di alto livello dell’Uribismo, che controlla lo stato colombiano.
Con tutti questi elementi, e molti altri meno conosciuti, non c’è dubbio che il Terrorismo di Stato che è stato imposto in Colombia non opera più solo internamente, ma è diventato un'”esportazione non tradizionale” del paese, come testimonia il delitto del presidente di Haiti, uno degli eventi più vergognosi del 2021, dove era evidente la partecipazione diretta di mercenari delle forze armate colombiane, addestrati negli Stati Uniti.
Questo non si può più nascondere, per quanto la rivista Semana abbia cercato di ripulire le facce dei sicari dell’esercito colombiano, che, come chiaro esempio della manipolazione mediatica del mondo alla rovescia di cui parlava Eduardo Galeano, vengono presentati come “vittime innocenti”, semplici turisti.
Sì, i sicari dell’esercito colombiano si godevano le spiagge dei Caraibi, mentre preparavano il delitto del presidente del paese più povero del continente!
Nemmeno la peggiore manipolazione dei media potrà mai negare questo crimine, che è direttamente legato al terrorismo di stato made in Colombia e che ora è un prodotto di esportazione per la vergogna del nostro paese e della nostra America.
Renán Vega Cantor, speciale a La Pluma, 31 dicembre 2021
A cura di María Piedad Ossaba
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