A quanto pare questa mattina non c’è stata alcuna invasione dell’Ucraina come annunciato da Biden e ripetuto a pappagallo da leader politici e mass media occidentali.
Del resto anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, lunedi sera nel suo discorso alla nazione, aveva affermato che la situazione era sotto controllo, invitando a non alimentare il panico in merito ad un’imminente invasione da parte della Russia.
Al contrario le Forze armate russe in Bielorussia torneranno alle loro basi dopo la fine delle esercitazioni congiunte con quelle bielorusse. Il portavoce del ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov ha fatto sapere che: “Quando le attività di addestramento al combattimento saranno completate, le truppe, come sempre, marceranno in modo combinato verso i punti di schieramento permanente”.
Le esercitazioni congiunte “Allied Resolution 2022” erano iniziate il 10 febbraio e proseguiranno fino al 20 del mese sul territorio bielorusso, incentrate sulla risposta ad attacchi aerei esterni e su attività di contrasto al terrorismo e di difesa delle strutture critiche.
Ancora più significativamente le truppe russe inviate nelle scorse settimane, hanno iniziato a lasciare anche la Crimea per tornare alle loro basi, una volta terminate le operazioni previste, secondo quanto riporta l’agenzia Tass.
I battaglioni tattici, viene riferito, hanno iniziato a caricare le armi sui treni che le porteranno nelle basi permanenti in Dagestan e Ossezia del Nord.
L’inizio del ritiro delle truppe russe dal confine con l’Ucraina “è una buona notizia, se confermata, un segnale positivo che segnerebbe la de-escalation che stavamo chiedendo“, ha dichiarato Gabriel Attal, portavoce del governo francese. “Quindi avevamo ragione a sostenere il dialogo con la Russia“.
Scottati dal loro bluff andato a male, gli Stati Uniti rispondono invece “che verificheranno che il ritiro di una parte delle forze russe sia effettivamente in corso” ha dichiarato l’ambasciatrice Julianne Smith, rappresentante permanente degli Usa alla Nato, nel corso di un briefing online con la stampa.
La rappresentante statunitense ha fornito aggiornamenti sugli ultimi sviluppi della crisi ucraina alla vigilia della riunione dei ministri della Difesa della Nato che si terrà a Bruxelles oggi e domani.
Ma nonostante il ritiro iniziato o annunciato delle truppe russe da Crimea e Bielorussia, l’ambasciatrice statunitense non ha escluso l’invio di nuovi contingenti militari verso il fianco orientale della Nato, sia da parte degli Usa che da parte di altri membri dell’Alleanza.
“Noi abbiamo inviato le nostre truppe in Polonia, in Germania e in Romania, ma molti altri alleati hanno preso analoga decisione”, ha ricordato Smith facendo particolare riferimento a Danimarca, Regno Unito, Germania, Francia e Spagna.
La Smith mostra di non fidarsi dell’annunciato ritiro di parte delle forze russe al confine ucraino. “Già lo scorso dicembre erano circolate notizie simili, ma poi non sono state suffragate dai fatti. Anche in questo caso, dovremo condurre le opportune verifiche”, ha sottolineato l’ambasciatrice Usa presso la Nato.
I colloqui tra Russia e Germania
L’accerchiamento della Russia da parte della Nato rappresenta una minaccia diretta per la sicurezza nazionale del Paese ha dichiarato il presidente russo Putin durante la conferenza stampa congiunta con il cancelliere tedesco Scholz, al termine dei colloqui di ieri a Mosca.
Putin ha inoltre sottolineato di aver discusso con il cancelliere tedesco anche delle iniziative sulle garanzie di sicurezza in Europa proposte dalla Russia. Peccato però che la Russia non sarà presente alla prossima Conferenza sulla Sicurezza a Monaco prevista per la fine di questa settimana.
“Rimandare o ritardare l’adesione dell’Ucraina alla Nato non cambia nulla per la Russia in prospettiva storica, vogliamo risolvere la questione adesso” ha sottolineato il presidente russo Putin.
Relativamente alla situazione interna in Ucraina, il capo di Stato russo ha sottolineato come in quel paese avvengano “violazioni di massa dei diritti umani” e la “discriminazione della popolazione russofona è sancita dalla legge”.
Secondo Putin, gli eventi in corso nel Donbass rappresentano un genocidio. Al giudizio piuttosto pesante sul conflitto nell’Ucraina orientale Putin non ha mancato di ricordare “la guerra della Nato contro la Jugoslavia” negli anni ’90, con i bombardamenti su Belgrado.
Relativamente alla situazione delle Repubbliche indipendenti del Donbass – e sul quale la Duma ha approvato una mozione per un pieno riconoscimento da parte di Mosca – Putin ha affermato in sintonia con Scholtz che “dobbiamo fare di tutto per risolvere i problemi nel Donbass, ma prima di tutto attraverso le opportunità non ancora realizzate per attuare gli accordi di Minsk“.
La situazione al confine tra Russia e Ucraina è molto preoccupante e “non vi è alcuna ragione” riconoscibile per il dispiegamento delle truppe di Mosca nella regione, ha commentato il cancelliere tedesco Scholz.
Secondo Scholz, la “de-escalation” tra i due Paesi è necessaria, perché è “importante” evitare una guerra in Europa. Si deve quindi lavorare a una soluzione pacifica, utilizzando “tutte le opportunità”. In questa prospettiva, il cancelliere tedesco ha definito “un segnale positivo” l’annuncio dato da Mosca di un parziale ritiro dei propri reparti dalla frontiera ucraina.
Allo stesso tempo, Scholz ha sottolineato l’importanza e la possibilità di compiere “passi molto concreti” per il miglioramento dei rapporti tra i Paesi occidentali e la Russia. Al riguardo, il cancelliere tedesco ha citato il Consiglio Nato-Russia, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) e i negoziati tra Stati Uniti e Mosca.
Per Scholz, il dialogo deve fondarsi sulla reciprocità e sul rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale degli Stati. In tal senso ha rilanciato il piano negoziale del Formato Normandia: “Tutte le parti coinvolte devono rispettare gli accordi di Minsk, l’Ucraina così come la Russia”, ha dichiarato il cancelliere tedesco, Scholz.
Il cancelliere tedesco ha sottolineato che il rispetto degli accordi di Minsk è il presupposto necessario per ottenere una pacificazione dell’area e ha definito “positivo” che il presidente ucraino, Volodymyr Zelenski, ieri gli abbia promesso “progressi nel negoziato“.
La Russia dovrà far fronte a “conseguenze politiche, economiche e strategiche”, se invaderà l’Ucraina. “Lo sappiamo tutti” ha ribadito il capo del governo federale. Per Scholz, si tratta della “più grave e minacciosa crisi in Europa da tempo”.
Come evidenziato dal cancelliere, si deve evitare “con decisione e intelligenza” che la crisi precipiti per tutte le parti coinvolte. L’obiettivo rimane la soluzione pacifica delle tensioni tra Russia e Ucraina.
Oggi e domani il vertice della Nato
Oggi e domani a Bruxelles si tiene il vertice dei ministri della Difesa della Nato. “I ministri della Difesa affronteranno la più seria crisi in Europa da decenni”, ha detto il Segretario della Nato Stoltenberg.
“Il fatto che la Russia mostri la volontà di impegnarsi per trovare una soluzione all’attuale crisi di sicurezza dà motivi di cauto ottimismo“, ha affermato Jens Stoltenberg alla vigilia del vertice Nato.
“Finora non abbiamo visto alcuna de-escalation sul terreno, nessun segnale di riduzione della presenza russa sul confine ucraino. Ma continuiamo a monitorare e a seguire quello che fa la Russia”, ha detto.
“I segnali che arrivano da Mosca sulla volontà di impegnarsi in sforzi diplomatici ci danno ragioni di cauto ottimismo, ma monitoreremo se saranno effettivi”, ha aggiunto. “Non abbiamo ricevuto ancora risposte dalla Russia” alle proposte alleate inviate a gennaio sulla trasparenza nelle esercitazioni, sul controllo degli armamenti, il disarmo e altre questioni.
“Ci sono segnali da Mosca che la diplomazia può continuare” e questo dà ragioni di “cauto ottimismo”, “ma non vediamo nessun segnale di de-escalation sul terreno”, ha aggiunto. Stoltenberg ha ricordato che la Russia ha ancora tempo “per fermarsi” e “per lavorare per una soluzione pacifica”.
Il segretario generale della Nato ha poi nuovamente evocato i costi e le sanzioni che verrebbero messi in piedi contro la Russia in caso di aggressione all’Ucraina. Sanzioni che però, come ironizza Le Monde del 14 febbraio, sarà più facile varare che mantenere, soprattutto per i pesanti costi “di ritorno” nei paesi dell’Europa occidentale.
Anche l’Italia batte un “colpetto”
Infine anche l’Italia ha battuto un colpo. Il governo ha inviato Di Maio in missione in Ucraina, ma tanto per non sapere né leggere né scrivere e conoscendo i suoi polli, anche Draghi ha preferito parlare direttamente con il presidente ucraino Zelenskj, il quale ha affermato di apprezzare il supporto all’Ucraina da parte dell’Italia.
“Le sfide alla sicurezza che l’Ucraina e l’Europa devono affrontare oggi sono state al centro della discussione con il presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi” dichiarato piuttosto succintamente su Twitter il presidente ucraino, Zelensky.
Il tweet è stato messo in circolazione al termine di una telefonata con Draghi dove “sono state scambiate opinioni sulla intensificazione dei lavori in tutti i formati negoziali e sul rilancio del processo di pace”.
Tra le righe si intuisce che Draghi ha rilanciato quanto aveva già detto il 22 dicembre scorso, ovvero che il rilancio del “Formato Normandia” sugli accordi di Minsk sarebbe uno spazio negoziale da praticare prioritariamente. Anche perché, ma questo Draghi non può dirlo, in tale spazio a negoziare con Russia e Ucraina non ci sarebbero tra le scatole i guerrafondai statunitensi e britannici ma solo Francia e Germania.
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