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Il discorso di Putin che dà il via alla guerra in Ucraina

Pubblichiamo il discorso integrale del Presidente Russo Vladimir Putin con cui ha annunciato l’avvio di un’operazione militare, non ancora conclusa, che ha portato all’invasione dell’Ucraina, ben oltre i confini delle due repubbliche popolari del Donbass.

É un discorso per “stomaci forti”, un vero e proprio atto d’accusa a tutto tondo, in cui si capisce come un ordine mondiale si sia rotto – probabilmente per sempre – ed in cui le responsabilità occidentali pesano come un macigno su questo strappo unilaterale di Mosca, non senza che si siano palesate alcune reticenze al suo interno.

Come afferma Putin: “Coloro che aspirano al dominio globale hanno designato pubblicamente la Russia come loro nemico”. Lo scrivono, infatti, nero su bianco nei documento della NATO, mentre la Cina per ora sembra ancora considerata semplicemente un competitor.

Per essere chiari, il nostro giudizio sul blocco di potere – che come tutti i blocchi di potere ha differenti frazioni che si confrontano e si scontrano tra loro – che esprime Putin è netto e irreversibile.

Putin rappresenta quella parte della società russa che si è avvantaggiato della crisi dell’URSS, una élite che pensava di ritagliarsi “un posto al sole” nella globalizzazione neo-liberista e, inizialmente, di essere addirittura accettata nell’ambito NATO, naturalmente a danno di quelli che erano i cittadini comuni della ex-Unione Sovietica.

La fine dell’URSS è stata una tragica cesura storica, e gli elementi di discontinuità con lo Stato uscito dalla Rivoluzione d’Ottobre e dalla Grande Guerra Patriottica – a lungo rappresentante un retroterra strategico per ogni possibile di cambiamento reale anche in tutto il mondo – sommergono ogni immaginaria impressione di continuità.

Detto questo, Putin – nel suo discorso “storico” – sciorina una serie di fatti e giudizi storici difficilmente smontabili rispetto all’espansione verso est della NATO. Gli stessi che dalle nostre parti vengono tranquillamente ignorati, come se la marcia dell’Occidente neoliberista fosse un “destino” incontrastabile, fatto solo di etica e “magnifiche sorti”.

E invece, dalla guerra alla Serbia a fine Anni Novanta alla destabilizzazione della Libia nel 2011, fino al tentavo fallimentare in Siria (Putin omette l’Afghanistan, ma enfatizza la situazione nel Caucaso), l’elenco è piuttosto circostanziato.

Ogni “analisi” psicologistica del presidente russo, come quelle che abbondano sui media nostrani (“Putin, lo zar folle: «Nella sua mente una realtà parallela») si rivela immediatamente per quel che è: pura propaganda di guerra. Gli stessi termini sono stati usati per tutti gli altri “nemici d’occasione” (da Milosevic a Saddam, da Gheddafi ad Assad, ecc).

Tornando al centro della questione: “Le promesse di non espandere la NATO verso est nemmeno di un centimetro” si sono dimostrare ingannevoli. “Ci hanno preso in giro” dice senza mezzi termini. E così in effetti è stato.

Fosse dipeso solo da Washington, la NATO si sarebbe potuta spostare dall’Elba al Don, come se le regole del risiko non dovessero fare i conti con popoli e interessi differenti…

Usa e alleati, alla fine si sono sono rivelati della stessa pasta.

Pertanto, si può dire con buona ragione e sicurezza che tutto il cosiddetto blocco occidentale formato dagli Stati Uniti a propria immagine e somiglianza è, nella sua totalità, lo stesso “impero della menzogna”.

Parole come pietre che seppelliscono ipocrisie e balletti diplomatici, pronunciate poco prima che i carri russi avanzassero verso Ovest per decretare manu militari la fine di tale espansione.

Il richiamo alla necessità di fare una drastica scelta “preventiva”, qui e ora, rispetto ad una possibile precipitare degli eventi bellici in futuro – richiamando l’esempio negativo dell’insufficiente preparazione all’Operazione Barbarossa – dà il senso di come la situazione (dal punto di vista russo) appaia irreversibile.

Qualsiasi ulteriore espansione dell’infrastruttura dell’Alleanza Nord Atlantica o i continui sforzi per ottenere un punto d’appoggio militare sul territorio ucraino sono inaccettabili per noi”. Da qui, secondo Putin, la “necessità” di agire in maniera risoluta.

É chiaro che l’ordine discorsivo di Putin, specie quando si riferisce a categorie astratte e metaforiche, ed in fin dei conti reazionarie e scioviniste (“i valori”, “la nazione” russa, ecc.), attinge all’arsenale dell’ideologia nazionalista.

Ma è innegabile che la narrazione per giustificare l’escalation bellica poggia su elementi di fatto, non proprio campati in aria. Non c’è insomma alcuna contrapposizione ideale (“Ho già detto che la Russia ha accettato la nuova realtà geopolitica dopo la dissoluzione dell’URSS“), ma una concretissima difesa di interessi di cui l’Occidente – ubriacato dal successo sull’unico antagonista storico esistito nel Novecento – non ha voluto neanche tener conto.

Si sente, esplicito, il risentimento di una èlite che era dispostissima a trovare accordi di qualsiasi genere con l’Occidente, ma ha scoperto di essere considerata “irrilevante” nello schema dei rapporti di forza. E che dunque prova a mettere uno stop robusto al processo che stava portando alla propria scomparsa.

Prima di lasciarvi alla lettura integrale vogliamo chiudere con una stralcio rispetto alla situazione che si è creata in Donbass, considerando che il riconoscimento (molto tardivo) delle due Repubbliche Popolari e i fulminei trattati stabiliti tra le due entità statali e la Federazione ha di fatto cambiato le carte in tavola.

Possiamo vedere che le forze che hanno organizzato il colpo di stato in Ucraina nel 2014 hanno preso il potere, lo mantengono con l’aiuto di procedure elettorali ornamentali e hanno abbandonato la strada di una soluzione pacifica del conflitto. Per otto anni, per otto interminabili anni, abbiamo fatto tutto il possibile per risolvere la situazione con mezzi politici pacifici. Tutto è stato vano”.

L’impasse politico-diplomatico, alla fine, ha lasciato la parola alle armi.

É un fatto macroscopico di cui NATO ed USA portano le principali responsabilità.

Buona Lettura

***

Cittadini della Russia, amici,

considero necessario oggi parlare di nuovo dei tragici eventi nel Donbass e degli aspetti fondamentali per garantire la sicurezza della Russia.

Comincerò con quello che ho detto nel mio discorso del 21 febbraio 2022. Ho parlato delle nostre maggiori preoccupazioni e delle minacce fondamentali che gli irresponsabili politici occidentali hanno creato per la Russia in modo costante, rude e senza tante cerimonie di anno in anno.

Mi riferisco all’espansione verso est della NATO, che sta spostando le sue infrastrutture militari sempre più vicino al confine russo.

È un fatto che negli ultimi 30 anni abbiamo cercato pazientemente di raggiungere un accordo con i principali paesi della NATO riguardo ai principi di sicurezza uguale e indivisibile in Europa. I

n risposta alle nostre proposte, ci siamo sempre trovati di fronte o a cinici inganni e bugie o a tentativi di pressione e ricatto, mentre l’Alleanza Nord Atlantica ha continuato a espandersi nonostante le nostre proteste e preoccupazioni. La sua macchina militare si muove e, come ho detto, si avvicina alla nostra frontiera.

Perché sta succedendo questo? Da dove viene questo modo insolente di parlare dall’alto del loro “eccezionalismo”, infallibilità e omnipermissività? Qual è la spiegazione di questo atteggiamento sprezzante e sdegnoso nei confronti dei nostri interessi e delle nostre richieste assolutamente legittime?

La risposta è semplice. Tutto è chiaro ed evidente. Alla fine degli anni ’80, l’Unione Sovietica si è indebolita e successivamente si è disgregata. Quell’esperienza dovrebbe servirci da buona lezione, perché ci ha mostrato che la paralisi del potere e della volontà è il primo passo verso la completa degradazione e l’oblio. Abbiamo perso la fiducia solo per un momento, ma è stato sufficiente per sconvolgere l’equilibrio delle forze nel mondo.

Di conseguenza, i vecchi trattati e accordi non sono più efficaci. Le suppliche e le richieste non aiutano. Tutto ciò che non soddisfa lo Stato dominante, le potenze, viene denunciato come arcaico, obsoleto e inutile.

Allo stesso tempo, tutto ciò che esso considera utile viene presentato come la verità ultima e imposto agli altri senza badare ai costi, abusivamente e con qualsiasi mezzo disponibile. Coloro che si rifiutano di conformarsi sono sottoposti a tattiche di forza.

Quello che sto dicendo ora non riguarda solo la Russia, e la Russia non è l’unico paese che si preoccupa di questo. Ha a che fare con l’intero sistema di relazioni internazionali, e talvolta anche con gli alleati degli Stati Uniti.

Il crollo dell’Unione Sovietica ha portato a una nuova divisione del mondo, e le norme di diritto internazionale che si sono sviluppate in quel periodo – e le più importanti di esse, le norme fondamentali che sono state adottate dopo la seconda guerra mondiale e che ne hanno formalizzato in gran parte l’esito – hanno ostacolato coloro che si dichiaravano vincitori della guerra fredda.

Naturalmente, nella pratica, le relazioni internazionali e le norme che le regolano dovevano tenere conto dei cambiamenti che avvenivano nel mondo e nell’equilibrio delle forze. Tuttavia, questo avrebbe dovuto essere fatto in modo professionale, senza intoppi, con pazienza, e con la dovuta considerazione e rispetto per gli interessi di tutti gli Stati e la propria responsabilità.

Invece, abbiamo visto uno stato di euforia creato dal sentimento di superiorità assoluta, una sorta di assolutismo moderno, unito ai bassi standard culturali e all’arroganza di coloro che formulavano e facevano passare decisioni che andavano bene solo a loro stessi. La situazione ha preso una piega diversa.

Ci sono molti esempi di questo. Prima è stata condotta una sanguinosa operazione militare contro Belgrado, senza lapprovazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ma con aerei da combattimento e missili usati nel cuore dell’Europa.

Il bombardamento di città pacifiche e di infrastrutture vitali è andato avanti per diverse settimane. Devo ricordare questi fatti, perché alcuni colleghi occidentali preferiscono dimenticarli, e quando abbiamo menzionato l’evento, preferiscono evitare di parlare del diritto internazionale, sottolineando invece le circostanze che interpretano come credono necessario.

Poi è venuto il turno dell’Iraq, della Libia e della Siria. L’uso illegale del potere militare contro la Libia e la distorsione di tutte le decisioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulla Libia ha distrutto lo Stato, ha creato un’enorme sede di terrorismo internazionale, e ha spinto il paese verso una catastrofe umanitaria, nel vortice di una guerra civile, che continua lì da anni.

La tragedia che si è creata per centinaia di migliaia e persino milioni di persone, non solo in Libia ma in tutta la regione, ha portato a un esodo su larga scala dal Medio Oriente e dal Nord Africa verso l’Europa.

Un destino simile è stato preparato anche per la Siria. Le operazioni di combattimento condotte dalla coalizione occidentale in quel paese senza l’approvazione del governo siriano o la sanzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU possono essere definite solo come aggressione e intervento.

Ma l’esempio che si distingue dagli eventi di cui sopra è, naturalmente, l’invasione dell’Iraq senza alcuna base legale. Hanno usato il pretesto di presunte informazioni affidabili disponibili negli Stati Uniti sulla presenza di armi di distruzione di massa in Iraq.

Per provare questa affermazione, il Segretario di Stato degli Stati Uniti tenne in mano una fiala con della polvere bianca, pubblicamente, perché tutto il mondo la vedesse, assicurando alla comunità internazionale che si trattava di un agente di guerra chimica creato in Iraq. In seguito si è scoperto che tutto ciò era un falso e una messinscena, e che l’Iraq non aveva armi chimiche.

Incredibile e scioccante, ma vero. Siamo stati testimoni di menzogne fatte al più alto livello statale e dette dall’alto rostro dell’ONU. Come risultato vediamo una tremenda perdita di vite umane, danni, distruzione, e una colossale recrudescenza del terrorismo.

Nel complesso, sembra che quasi ovunque, in molte regioni del mondo dove gli Stati Uniti hanno portato la loro legge e il loro ordine, questo ha creato ferite sanguinose e non guaribili e la maledizione del terrorismo internazionale e dell’estremismo. Ho citato solo gli esempi più lampanti, ma tutt’altro che unici, di disprezzo del diritto internazionale.

Questa serie comprende le promesse di non espandere la NATO verso est nemmeno di un centimetro. Per ribadire: ci hanno ingannato, o, per dirla semplicemente, ci hanno preso in giro.

Certo, si sente spesso dire che la politica è un “affare sporco”. Può essere, ma non dovrebbe essere così sporco come lo è ora, non fino a questo punto.

Questo tipo di comportamento truffaldino è contrario non solo ai principi delle relazioni internazionali, ma anche e soprattutto alle norme di moralità ed etica generalmente accettate. Dove sono la giustizia e la verità qui? Solo bugie e ipocrisia tutto intorno.

Per inciso, politici, politologi e giornalisti statunitensi scrivono e dicono che negli ultimi anni si è creato un vero e proprio “impero di bugie” all’interno degli Stati Uniti. È difficile non essere d’accordo con questo – è davvero così.

Ma non bisogna essere modesti: gli Stati Uniti sono ancora un grande paese e una potenza che forma un sistema. Tutti i suoi satelliti non solo dicono umilmente e obbedientemente di sì e lo imitano al minimo pretesto, ma imitano anche il suo comportamento e accettano con entusiasmo le regole che offre loro.

Pertanto, si può dire con buona ragione e sicurezza che tutto il cosiddetto blocco occidentale formato dagli Stati Uniti a propria immagine e somiglianza è, nella sua totalità, lo stesso “impero della menzogna”.

Per quanto riguarda il nostro paese, dopo la disintegrazione dell’URSS, data tutta l’apertura senza precedenti della nuova e moderna Russia, la sua disponibilità a lavorare onestamente con gli Stati Uniti e gli altri partner occidentali, e il suo disarmo praticamente unilaterale, hanno immediatamente cercato di darci la stretta finale, di finirci e distruggerci completamente.

Così è stato negli anni ’90 e nei primi anni 2000, quando il cosiddetto Occidente collettivo sosteneva attivamente il separatismo e le bande di mercenari nella Russia meridionale. Quali vittime, quali perdite abbiamo dovuto sostenere e quali prove abbiamo dovuto affrontare in quel periodo prima di spezzare la schiena del terrorismo internazionale nel Caucaso!

Noi lo ricordiamo e non lo dimenticheremo mai.

A dire il vero, i tentativi di usarci per i loro interessi non sono mai cessati fino a poco tempo fa: hanno cercato di distruggere i nostri valori tradizionali e di imporci i loro falsi valori che avrebbero eroso noi, il nostro popolo, dall’interno; gli atteggiamenti che hanno imposto aggressivamente ai loro paesi, atteggiamenti che portano direttamente al degrado e alla degenerazione, perché sono contrari alla natura umana.

Questo non accadrà. Nessuno è mai riuscito a farlo, né ci riuscirà ora.

Nonostante tutto questo, nel dicembre 2021, abbiamo fatto un altro tentativo di raggiungere un accordo con gli Stati Uniti e i suoi alleati sui principi della sicurezza europea e sulla non espansione della NATO. I nostri sforzi sono stati vani.

Gli Stati Uniti non hanno cambiato la loro posizione. Non credono che sia necessario accordarsi con la Russia su una questione che è critica per noi. Gli Stati Uniti perseguono i propri obiettivi, trascurando i nostri interessi.

Naturalmente, questa situazione solleva una domanda: che cosa dobbiamo aspettarci dopo? Se la storia è una guida, sappiamo che nel 1940 e all’inizio del 1941 l’Unione Sovietica ha fatto di tutto per prevenire la guerra o almeno ritardarne lo scoppio.

A questo scopo, l’URSS cercò di non provocare il potenziale aggressore fino alla fine, astenendosi o rimandando i preparativi più urgenti e ovvi che doveva fare per difendersi da un attacco imminente. Quando finalmente agì, era troppo tardi.

Di conseguenza, il paese non era preparato a contrastare l’invasione della Germania nazista, che attaccò la nostra Madrepatria il 22 giugno 1941, senza dichiarare guerra. Il paese ha fermato il nemico e lo ha sconfitto, ma questo ha avuto un costo enorme.

Il tentativo di placare l’aggressore prima della Grande Guerra Patriottica si è rivelato un errore che ha avuto un costo elevato per il nostro popolo. Nei primi mesi dopo lo scoppio delle ostilità, abbiamo perso vasti territori di importanza strategica e milioni di vite. Non faremo questo errore una seconda volta. Non abbiamo il diritto di farlo.

Coloro che aspirano al dominio globale hanno designato pubblicamente la Russia come loro nemico. Lo hanno fatto impunemente.

Non fraintendetemi, non avevano motivo di agire in questo modo. È vero che hanno notevoli capacità finanziarie, scientifiche, tecnologiche e militari. Ne siamo consapevoli e abbiamo una visione obiettiva delle minacce economiche che abbiamo sentito, così come la nostra capacità di contrastare questo ricatto sfacciato e senza fine. Permettetemi di ribadire che non ci facciamo illusioni in questo senso e siamo estremamente realistici nelle nostre valutazioni.

Per quanto riguarda gli affari militari, anche dopo la dissoluzione dell’URSS e la perdita di una parte considerevole delle sue capacità, la Russia di oggi rimane uno degli stati nucleari più potenti. Inoltre, ha un certo vantaggio in diverse armi all’avanguardia.

In questo contesto, non ci dovrebbe essere alcun dubbio per nessuno che qualsiasi potenziale aggressore dovrà affrontare la sconfitta e conseguenze infauste se dovesse attaccare direttamente il nostro paese.

Allo stesso tempo, la tecnologia, anche nel settore della difesa, cambia rapidamente. Un giorno c’è un leader e domani un altro, ma una presenza militare nei territori confinanti con la Russia, se permettiamo che vada avanti, rimarrà per i decenni a venire o forse per sempre, creando una minaccia sempre crescente e totalmente inaccettabile per la Russia.

Anche ora, con l’espansione della NATO verso est, la situazione per la Russia sta diventando peggiore e più pericolosa di anno in anno. Inoltre, in questi ultimi giorni la leadership della NATO è stata schietta nelle sue dichiarazioni sulla necessità di accelerare e intensificare gli sforzi per portare le infrastrutture dell’alleanza più vicino ai confini della Russia.

In altre parole, hanno irrigidito la loro posizione. Non possiamo rimanere inattivi e osservare passivamente questi sviluppi. Sarebbe una cosa assolutamente irresponsabile per noi.

Qualsiasi ulteriore espansione dell’infrastruttura dell’Alleanza Nord Atlantica o i continui sforzi per ottenere un punto d’appoggio militare sul territorio ucraino sono inaccettabili per noi.

Naturalmente, la questione non riguarda la NATO in sé. Essa serve semplicemente come strumento della politica estera degli Stati Uniti. Il problema è che nei territori adiacenti alla Russia che, devo notare, è la nostra terra storica, sta prendendo forma di ostilità “anti-Russia”. Completamente controllata dall’esterno, sta facendo di tutto per attirare le forze armate della NATO e ottenere armi all’avanguardia.

Per gli Stati Uniti e i loro alleati, è una politica di contenimento della Russia, con evidenti dividendi geopolitici. Per il nostro paese, è una questione di vita o di morte, una questione del nostro futuro storico come nazione.

Questa non è un’esagerazione, è un fatto. Non è solo una minaccia molto reale ai nostri interessi, ma all’esistenza stessa del nostro stato e alla sua sovranità. È la linea rossa di cui abbiamo parlato in numerose occasioni. L’hanno superata.

Questo mi porta alla situazione nel Donbass. Possiamo vedere che le forze che hanno organizzato il colpo di stato in Ucraina nel 2014 hanno preso il potere, lo mantengono con l’aiuto di procedure elettorali ornamentali e hanno abbandonato la strada di una soluzione pacifica del conflitto.

Per otto anni, per otto interminabili anni abbiamo fatto tutto il possibile per risolvere la situazione con mezzi politici pacifici. Tutto è stato vano.

Come ho detto nel mio precedente discorso, non si può guardare senza compassione quello che sta succedendo lì. È diventato impossibile tollerarlo. Dovevamo fermare questa atrocità, questo genocidio di milioni di persone che vivono lì e che riponevano le loro speranze nella Russia, in tutti noi.

Sono le loro aspirazioni, i sentimenti e il dolore di queste persone che sono stati la principale forza motivante della nostra decisione di riconoscere l’indipendenza delle repubbliche popolari del Donbass.

Vorrei inoltre sottolineare quanto segue. Concentrati sui loro propri obiettivi, i principali paesi della NATO stanno sostenendo i nazionalisti di estrema destra e i neonazisti in Ucraina, quelli che non perdoneranno mai il popolo della Crimea e di Sebastopoli per aver scelto liberamente di riunirsi alla Russia.

Cercheranno senza dubbio di portare la guerra in Crimea proprio come hanno fatto nel Donbass, di uccidere persone innocenti proprio come fecero i membri delle unità punitive dei nazionalisti ucraini e i complici di Hitler durante la Grande Guerra Patriottica. Hanno anche apertamente rivendicato diverse altre regioni russe.

Se guardiamo la sequenza degli eventi e i rapporti in arrivo, la resa dei conti tra la Russia e queste forze non può essere evitata. È solo una questione di tempo. Si stanno preparando e aspettano il momento giusto. Inoltre, sono arrivati al punto di aspirare ad acquisire armi nucleari. Non permetteremo che questo accada.

Ho già detto che la Russia ha accettato la nuova realtà geopolitica dopo la dissoluzione dell’URSS. Abbiamo trattato tutti i nuovi stati post-sovietici con rispetto e continueremo ad agire così. Rispettiamo e rispetteremo la loro sovranità, come dimostrato dall’assistenza che abbiamo fornito al Kazakistan quando ha affrontato eventi tragici e una sfida in termini di statualità e integrità.

Tuttavia, la Russia non può sentirsi sicura, svilupparsi ed esistere mentre affronta una minaccia permanente dal territorio dell’attuale Ucraina.

Permettetemi di ricordarvi che nel 2000-2005 abbiamo usato i nostri militari per respingere i terroristi nel Caucaso e abbiamo difeso l’integrità del nostro stato. Abbiamo preservato la Russia.

Nel 2014, abbiamo sostenuto il popolo della Crimea e di Sebastopoli. Nel 2015, abbiamo usato le nostre forze armate per creare uno scudo affidabile che ha impedito ai terroristi dalla Siria di penetrare in Russia. Si trattava di difendere noi stessi. Non avevamo altra scelta.

Lo stesso sta accadendo oggi. Non ci hanno lasciato nessun’altra opzione per difendere la Russia e il nostro popolo, oltre a quella che siamo costretti a usare oggi. In queste circostanze, dobbiamo intraprendere un’azione coraggiosa e immediata. Le repubbliche popolari del Donbass hanno chiesto aiuto alla Russia.

In questo contesto, in conformità con l’articolo 51 (capitolo VII) della Carta delle Nazioni Unite, con il permesso del Consiglio della Federazione Russa, e in esecuzione dei trattati di amicizia e mutua assistenza con la Repubblica Popolare di Donetsk e la Repubblica Popolare di Lugansk, ratificati dall’Assemblea Federale il 22 febbraio, ho preso la decisione di effettuare un’operazione militare speciale.

Lo scopo di questa operazione è quello di proteggere le persone che, da otto anni a questa parte, stanno affrontando l’umiliazione e il genocidio perpetrato dal regime di Kiev. A tal fine, cercheremo di smilitarizzare e denazificare l’Ucraina, nonché di portare in giudizio coloro che hanno perpetrato numerosi crimini sanguinosi contro i civili, anche contro i cittadini della Federazione Russa.

Non è nostra intenzione occupare il territorio ucraino. Non abbiamo intenzione di imporre nulla a nessuno con la forza. Allo stesso tempo, abbiamo sentito un numero crescente di dichiarazioni provenienti dall’Occidente secondo cui non c’è più bisogno di rispettare i documenti che stabiliscono i risultati della seconda guerra mondiale, firmati dal regime totalitario sovietico.

Come possiamo rispondere a questo?

I risultati della Seconda Guerra Mondiale e i sacrifici che il nostro popolo ha dovuto fare per sconfiggere il nazismo sono sacri. Questo non contraddice gli alti valori dei diritti umani e delle libertà nella realtà emersa nei decenni del dopoguerra. Questo non significa che le nazioni non possano godere del diritto all’autodeterminazione, sancito dall’articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite.

Permettetemi di ricordare che alle persone che vivono nei territori che fanno parte dell’Ucraina di oggi non è stato chiesto come vogliono costruire la loro vita quando è stata creata l’URSS o dopo la seconda guerra mondiale. La libertà guida la nostra politica, la libertà di scegliere autonomamente il nostro futuro e quello dei nostri figli.

Noi crediamo che tutti i popoli che vivono nell’Ucraina di oggi, tutti quelli che vogliono farlo, devono poter godere di questo diritto di fare una libera scelta.

In questo contesto vorrei rivolgermi ai cittadini dell’Ucraina. Nel 2014, la Russia era obbligata a proteggere il popolo della Crimea e di Sebastopoli da quelli che voi stessi chiamate “nats”. Il popolo di Crimea e Sebastopoli ha fatto la sua scelta di stare con la sua patria storica, la Russia, e noi abbiamo sostenuto la sua scelta. Come ho detto, non potevamo agire diversamente.

Gli eventi attuali non hanno nulla a che fare con il desiderio di violare gli interessi dell’Ucraina e del popolo ucraino. Sono legati alla difesa della Russia da coloro che hanno preso in ostaggio l’Ucraina e stanno cercando di usarla contro il nostro paese e il nostro popolo.

Ripeto: stiamo agendo per difenderci dalle minacce create per noi e da un pericolo peggiore di quello che sta accadendo ora. Vi chiedo, per quanto possa essere difficile, di capirlo e di lavorare insieme a noi per voltare al più presto questa tragica pagina e andare avanti insieme, senza permettere a nessuno di interferire nei nostri affari e nelle nostre relazioni, ma sviluppandole in modo indipendente, in modo da creare condizioni favorevoli al superamento di tutti questi problemi e rafforzarci dall’interno come un unico insieme, nonostante l’esistenza di frontiere statali. Credo in questo, nel nostro futuro comune.

Vorrei anche rivolgermi al personale militare delle forze armate ucraine.

Compagni ufficiali,

I vostri padri, nonni e bisnonni non hanno combattuto gli occupanti nazisti e non hanno difeso la nostra comune Madrepatria per permettere ai neonazisti di oggi di prendere il potere in Ucraina. Avete fatto il giuramento di fedeltà al popolo ucraino e non alla giunta, l’avversario del popolo che sta saccheggiando l’Ucraina e umiliando il popolo ucraino.

Vi esorto a rifiutarvi di eseguire i loro ordini criminali. Vi esorto a deporre immediatamente le armi e a tornare a casa. Vi spiegherò cosa significa: i militari dell’esercito ucraino che lo fanno potranno lasciare liberamente la zona delle ostilità e tornare alle loro famiglie.

Voglio sottolineare ancora una volta che tutta la responsabilità per l’eventuale spargimento di sangue ricadrà pienamente e interamente sul regime ucraino al potere.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

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6 Commenti


  • Andrea Vannini

    UN GRANDE STATISTA. NON È UN COMUNISTA, PURTROPPO, MA UN ANTIMPERIALISTA CHE MERITA LA SIMPATIA E LA SOLIDARIETÀ DEI COMUNISTI.


    • Redazione Roma

      Vera la prima, ma freneremmo sulla seconda, non c’è conseguenza diretta tra le due cose


  • Sergio Binazzi

    Ho letto con interesse il discorso di Putin e ne sono rimasto affascinato, oltre che condividerlo. La sua analisi storica e assolutamente veritiera, gli stati uniti e la nato continuano a farsi gli affari loro fregandosene degli accordi presi in passato. Sono disgustato di questa gente che si è arrogata il diritto di detenere la verità e la giustizia nelle loro mani macchiate di sangue per le atrocità che hanno imposto a chi non la pensa come loro.


  • Renzo

    Che schifo


  • Eros Barone

    Concordo con la prima parte del giudizio di Vannini. Stiamo vivendo tempi sempre più drammatici, la storia si è messa a correre e, come insegna il vecchio Hegel, “avanza dal lato cattivo”. Per quanto riguarda il discorso in cui vengono esposti le motivazioni e gli obiettivi dell’intervento militare russo in Ucraina, esso conferma che Putin è uno dei maggiori statisti (‘of course’, borghesi) che siano emersi sulla scena russa e su quella internazionale in questi due decenni del XXI secolo. Esemplare, in senso dialettico, sono sia la sua analisi dell’errore commesso da Stalin nel 1941 sia le conseguenze operative che occorre trarne. Aggiungo poi che “Odessa non dimentica” il massacro consumato nel 2014 dai nazifascisti ucraini, i quali trucidarono una cinquantina di manifestanti filorussi e di estrema sinistra, molti dei quali giovanissimi, che si opponevano al colpo di Stato di Euromaijan e che si erano asserragliati nella Casa dei Sindacati. Quell’eccidio fu perpetrato nella più completa indifferenza dell’opinione pubblica occidentale: sennonché, stando alle dichiarazioni di Putin, uno degli obiettivi dell’intervento russo è quello di assicurare alla giustizia i responsabili di quella strage (non sarà né l’unico né il principale obiettivo, ne convengo, ma è uno degli obiettivi). Del resto, nel maggio del 2014 non poteva sfuggire a chiunque avesse un minimo di conoscenza della situazione storica e una sufficiente capacità di previsione geopolitica che gli eventi ucraini costituivano il vaso di Pandora da cui sarebbero scaturiti, attraverso il combinato disposto di una “democrazia fascista” e dell’intervento della NATO e degli USA, quelle conseguenze di gravità crescente e irreversibile che sono ora sotto i nostri occhi.


  • Davide Jannotti

    Scrivici un libro :Verità Nascosta

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