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La terza guerra mondiale di Iryna Vereshchuk

Lunedì sera ho seguito a Otto e Mezzo, La 7, l’intervista alla vice premier ucraina Iryna Vereshchuk e sinceramente ho sentito la terza guerra mondiale ancora più vicina.

Rispondendo a domande di giornalisti italiani sempre più imbarazzati, Vereshchuk, con terrificante sicurezza, ha affermato che il suo governo vuole semplicemente vincere la guerra e la resa di Putin.

La Crimea ed il Donbass devono tornare sotto il controllo di Kiev, non ci sono mediazioni possibili su questo. Quanto alla richiesta di neutralità del suo paese, la leader ucraina ha contrapposto che lei vuole la sicurezza, o con la NATO o con gli Stati Uniti. “I russi devono pagare per la guerra, tutti gli attacchi ai civili sono colpa loro, anche il bombardamento di Donetsk lo hanno fatto loro per dare la colpa agli ucraini”, ha aggiunto.

“Dobbiamo vincere la guerra contro la Russia e per questo ci vuole la No Fly Zone, è inutile che perdiate tempo, tanto prima o poi la dovrete fare, meglio prima allora”, così Vereshchuk. Che poi, alla timida obiezione dei giornalisti sui rischi di terza guerra mondiale, ha brutalmente risposto che la terza guerra mondiale c’è già ed è sbagliato non accorgersene.

Ora io non penso che Iryna Vereshchuk sia una persona che non sappia cosa dice, magari sotto il dolore e l’indignazione per i bombardamenti russi.

Penso che sia una politica fredda e razionale, che abbia semplicemente tratto logiche conclusioni dai fatti.

La NATO a parole dichiara che non vuole la No Fly Zone , ma ogni giorno alimenta l’escalation militare contro la Russia. Perché si dovrebbe fermare?

Ma soprattutto che giudizio danno i governi NATO degli obiettivi di guerra del governo ucraino, cioè sconfiggere militarmente la Russia? Se li condividono ha ragione Vereshchuk, la NATO deve aiutare il governo ucraino per realizzare la sua vittoria, fino alla terza guerra mondiale.

Se invece i governi NATO non sono d’accordo con il governo ucraino, perché non glielo fanno chiaramente sapere, perché non fanno sapere a Vereshchuk che non può dire quello che dice?

D’altra parte cosa devono pensare gli ucraini quando in piazza a Firenze i guerrafondai del PD applaudono la richiesta di NoFlyZone di Zelensky? Capiscono che l’Italia e l’Europa sono disposti alla guerra.

L’invio delle armi in Ucraina, che qui ha tanto esaltato i dannunziani che si sentono partigiani, ha aperto il vaso di Pandora della guerra mondiale. È logico che gli ucraini ora ci dicano: non basta, se volete che combattiamo per voi dovete anche darci gli aerei.

Siamo entrati in un meccanismo infernale che porta alla guerra totale e per la prima volta nella storia dell’umanità è saltato il tabù dello scontro con armi nucleari: anche quello è sul tavolo.

E soprattutto tra accuse e contro accuse non c’è in campo nessuna vera ipotesi di pace, che non potrà che basarsi su un compromesso e non sulla vittoria militare di una delle parti.

Noi vediamo lucidamente il percorso che ci sta portando alla terza guerra mondiale, lo stesso del 1914 e anche allora nessuno voleva la guerra, ma in un mese, che da noi non è ancora passato, tutta l’Europa fu in guerra.

Noi che siamo sicuri che che la guerra non si ferma alimentando la guerra, siamo oggi tacciati di vigliaccheria e complicità con il nemico. Esattamente come i pacifisti del 1914. Dell’accusa di essere codardi servi di Putin non c’ importa nulla, del rischio concreto di guerra nucleare, di quello c’importa.

Noi condanniamo la guerra del governo russo, ma non siamo d’accordo con il governo ucraino che pensa di condurre la sua guerra fino alla vittoria. Non pensiamo che andrà meglio per i civili di Kiev se anche noi e i russi saremo sotto le bombe. Sono trent’anni che la NATO fa guerre per la democrazia, ora il governo russo la imita per denazificare un paese, vogliamo capire che la guerra è il problema, il male?

Bisogna trattare, non solo ucraini e russi devono trattare, ma Russia e NATO devono trattare. Bisogna trovare compromessi di pace: cosa è disposta ad offrire la NATO in cambio del ritiro delle truppe russe? Nulla, anzi il riarmo? Allora arriveremo alla terza guerra mondiale. Poi i sopravvissuti decideranno di chi sia stata la colpa maggiore.

Fermate la guerra, dite a Iryna Vereshchuk e a Zelensky che la guerra non la possono vincere perché noi non la faremo, mentre invece spenderemo in aiuti di pace cento volte ciò che ci si chiede di spendere in guerra. Solo così si aiutano davvero gli ucraini. E non si precipita nella terza guerra Mondiale.

Giorgio Cremaschi

*****

La guerra, la Vereshchuk, l’invasore e la Tv: avete giocato con l’abisso, ora ce l’avete davanti

A La7 è sceso il gelo nello studio dopo che  Iryna Vereshchuk, vice premier dell’Ucraina, intervistata dalla Gruber, ha chiarito le posizioni del suo governo spiegando quale fosse il “frame” psicologico – prima ancora che politico – su cui si organizzano le loro decisioni: la mistica del sacrificio.

A “Otto e mezzo” di ieri sera c’è stato un momento – durato una decina di minuti circa – in cui si è capito che un atterrito Massimo Giannini (La Stampa) ha capito. Ha capito che qualcosa non torna più, nel racconto – meglio: nella narrazione – della guerra in Ucraina.

Da questa parte dello schermo lo abbiamo capito dallo sguardo sbarrato e dalle labbra serrate in una sorta di smorfia angosciata. Perfino Lilli Gruber è parsa vacillare, non sapendo più da dove e come riprendere il filo del discorso.

Poi, con molto mestiere e bravura ha rimediato. L’unico che è parso non sorpreso è stato Caracciolo, il direttore di Limes, che evidentemente non si era fatto soverchie illusioni. E purtuttavia, aveva il volto parecchio tirato, e un po’ scavato.

Insomma, il gelo era sceso nello studio, dopo che – intervistata da Gruber – Iryna Vereshchuk, divisa verde e sguardo di ghiaccio, ha detto a nome del governo ucraino, da lei rappresentato nella veste di vicepremier, le seguenti cose:

a) Il governo ucraino sa qual è la verità e ha il coraggio di dirla;

b) la verità è una sola;

c) il presidente è il popolo, il popolo si riconosce nel presidente;

d) no-fly zone subito sulle centrali nucleari;

e) intervento militare degli USA in Ucraina;

f) garanzie internazionali occidentali, da parte di USA e GB, per l’Ucraina per il dopoguerra;

g) Crimea e Donbass restituite all’Ucraina, dopo periodo di monitoraggio internazionale;

h) né il riconoscimento delle repubbliche del Donbass né della Crimea né la neutralità dell’Ucraina possono costituire base di trattativa con la Russia.

Giannini, nonostante lo sconcerto – e, immagino, il brivido lungo la schiena – è stato lucido nel far notare a Vereshchuk che, con queste premesse non ci potrà mai essere nessuna trattativa con la Russia.

La risposta è stata che l’Occidente deve prendersi ora quelle responsabilità che non si è preso in passato. Caracciolo ha fatto notare alla vicepremier che questa base negoziale forse poteva andare bene nel 2014, certo non ora, con la situazione attuale sia politica sia militare.

E che una trattativa realistica non poteva che avere come punto di partenza lo status ante 23 febbraio, poiché gli USA non interverranno mai in Ucraina in un confronto militare diretto, poiché questo significherebbe lo scoppio di un conflitto mondiale.

La replica è stata che la Russia va fermata ora in Ucraina perché il conflitto ci sarà ugualmente

In precedenza, su domanda di Gruber circa le vittime odierne a Donetsk e sul rimpallo delle responsabilità del bombardamento, la risposta è stata che i russi sparano sui (loro) civili per attribuire la responsabilità agli ucraini. Gli ucraini, ha aggiunto poco dopo, sono credenti e sono per l’amore.

Vereshchuk, che ha anche un passato come militare, è considerata esponente conservatrice e moderata nella compagine di governo.

Ecco, lo sguardo angosciato di Giannini ha restituito l’istante dell’illuminazione, quando ha capito di non aver capito granché su chi fossero i difensori della libertà, su quali fossero i loro obiettivi e su quale fosse il “frame” psicologico – prima ancora che politico – su cui si organizzano le loro decisioni: la mistica del sacrificio.

Di questa mistica è imbevuto, per esempio, il culto degli eroi di Maidan. E’ uno dei tanti anacronismi del post-guerra fredda: un pezzo di medioevo partorito dai nazionalismi del dopo-URSS, ideologie di risulta nel vuoto politico della (breve) fine della storia.

La storia ha ripreso da tempo il suo cammino con questi grumi arcaici sopravvissuti chissà come e riportati alla superficie dalle correnti putride dei fascismi postmoderni.

Almeno spero che a Giannini da oggi sia chiara una cosa: è sufficiente ricordare qual è la linea – a quanto pare ufficiale – del governo Zelensky. E la linea è: nessuna linea, diritti allo scontro, verso il sacrificio finale. Se l’Ucraina vincerà, vincerà la verità, se l’Ucraina verserà il suo tributo di sangue lo farà sacrificandosi per la verità. L’Apocalisse non fa paura quando è la verità che deve trionfare.

Auguri, Giannini. Avete giocato agli apprendisti stregoni con l’abisso, ora ce l’avete davanti.

* da KulturJam

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2 Commenti


  • Eros Barone

    A questo punto, è lecito domandarsi se l’Unione europea, dopo aver clamorosamente mancato tutte le possibilità di una composizione diplomatica del conflitto, armandosi in tale misura e armando la stessa resistenza ucraina, come già sta facendo, non finirà col fare le spese della nuova spartizione dell’ordine globale che si sta giocando nella guerra fra l’imperialismo russo e il nazionalismo ucraino. Occorre riconoscere infatti che alla potenza militare ed economica effettivamente mostruosa che i paesi della Nato sono riusciti a sviluppare non corrisponde alcun progetto. Anzi, proprio questo è il tallone di Achille dell’Occidente. Si intende qui per progetto un disegno di governo mondiale che sia allo stesso tempo riconoscibile e condivisibile da parte dell’umanità. La pura esibizione di potenza, la declamata volontà di imporre il proprio dominio, restano semplicemente tali. Ottengono nel breve periodo obbedienza formale, accettazione forzosa, non adesione convinta. In realtà, in Russia, piaccia o non piaccia all’Occidente, è sorto un gruppo dirigente fortemente qualificato, per il quale la ‘revanche’ è diventata, nelle mutate condizioni di un capitalismo di Stato, un obiettivo da perseguire. Ma proprio questa considerazione mostra come la volontà di potenza statunitense bruci i gruppi dirigenti “alleati” anziché consolidarli. In quanto politica imperialista non ce ne può essere una così poco lungimirante. D’altra parte, senza un progetto la durata dell’imperialismo occidentale è altamente problematica. Che debba farlo notare, con Kissinger e poche altre menti illuminate, la diplomazia “classica” di tradizione liberale, quella attenta agli equilibri e alle conseguenze controproducenti delle proprie stesse vittorie, è un paradosso della politica “progressista”.


  • Paolo

    non vedo perché condannare l’invasione della Russia onestamente. è passato più di un anno da quando questa ecatombe è cominciata e sono sempre più sicuro che l’invasione fosse realmente necessaria per la gente del dombass e di Crimea, per gli accordi disattesi con l’ultimo dei governi sovietici presieduto dal, per me, per niente compianto Gorbaciov sulla non espansione della nato nei paesi dell’est. si è sempre saputo di o dai tempi di Bush senior che la linea rossa era l’ucraina ma il maggiore sostenitore delle politiche espansionistiche della nato ad est, sleepy Joe pare credesse che la Russia sarebbe stata li a guardare. la guerra l’anno preparata gli stati Uniti e i paesi della civile Europa insomma e oggi noi cittadini ne paghiamo le conseguenze con tagli lineari a scuola e sanità, e acquisti di armi. del resto se casa tua è nella nato, alla nati appartiene casa tua. Neil zelenski

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