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Russia-Italia: chi “minaccia” davvero?

Urla, strepitii, indignazione tra i “politici” italiani alle parole dell’ex Presidente, ex Primo ministro e attuale vice Presidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitrij Medvedev, il quale sul proprio canale Telegram – dopo che il 6 giugno aveva fatto un bilancio del sesto pacchetto di sanzioni anti-russe deciso dalla Commissione europea – il giorno successivo aveva scritto, presumibilmente riferendosi agli autori della decisione: «Mi chiedono spesso il perché i miei post su Telegram siano così bruschi. Rispondo: li odio. Sono dei bastardi e degenerati. Vogliono la nostra morte, della Russia. Finché vivrò, farò di tutto perché spariscano».

Orrore e sgomento… «Sono parole inaccettabili, che ci preoccupano fortemente… parole inequivocabili di minaccia verso chi sta cercando con insistenza la pace», balbetta l’immaginifico Ministro degli esteri Di Maio, evocando fantasmi – la “ricerca della pace” – che nessuno ha sinora visto. Sono parole, a detta del Ministro, che «danno linfa a una campagna d’odio contro l’Occidente».

Sarebbe dunque il sacro nome dell’Occidente a esser vessato, insieme ai «valori europei». Secondo il Sottosegretario agli Esteri, è stato commesso il più infernale dei peccati mortali. In sostanza, «una campagna d’odio contro l’intero Occidente», si lamenta la Ministra per il Sud e la Coesione territoriale.

Per parte nostra, non da ora, nutriamo ben poca simpatia per Dmitrij Medvedev, in particolare per le sue ripetute uscite in spregio ai lavoratori e alle masse popolari russe – una delle ultime: settimana lavorativa di quattro giorni… pagati quattro – e abbiamo pochi dubbi che, messi alle strette (si fa per dire) da sanzioni equivalenti e contrapposte, gli oligarchi nostrani reagirebbero diversamente da Medvedev.

Le prefiche della “politica” italica che lanciano pianti prezzolati per le «parole di Medvedev su di noi occidentali» e per la sua presunta «campagna d’odio contro l’intero Occidente» possono tranquillizzarsi: la cosiddetta “campagna d’odio” non è affatto rivolta contro i sacri e intoccabili “valori occidentali”.

Riguarda piuttosto la stizza di una ristretta cerchia di quelli che l’occidente chiama “oligarchi” e “vips” del beau mond arricchitosi con le privatizzazioni post-sovietiche, che oggi si vede privata della possibilità di godere liberamente (uno dei sacri “valori occidentali”) dei propri conti esteri e delle ville sulle coste del Mediterraneo.

E chi la priva di tale “libertà” non è altro che l’equivalente oligarchia casualmente (?) ubicata a ovest. Nella fase attuale di quella che, cent’anni fa, Vladimir Lenin definiva una zuffa tra «due predoni», di fronte alla quale non è importante chi dei due «abbia per primo tirato fuori il coltello» – quantunque oggi non sia certo secondario stabilire quale dei “predoni” sia quello più aggressivo e più insidioso, specialmente per chi si trova “sotto l’ombrello” della NATO – la disputa riguarda due raggruppamenti distinti e strategicamente contrapposti della medesima classe capitalista.

Ma i “valori” oggetto della contesa sono gli stessi, agognati tanto a ovest quanto a est: la disputa apparentemente geografica muove dagli stessi contenuti di classe, dalle medesime prospettive sociali.

Stiano pure tranquilli i signori Della Vedova, Di Maio o Carfagna: non sono i “valori europei” quelli su cui disquisisce Dmitrij Medvedev; al contrario, il suo brusco argomentare nasce solamente dalla temporanea difficoltà, per una cerchia di russi, di godere le “gioie” di tali valori. Non si tratta di una «una campagna d’odio contro l’intero Occidente», tutt’altro…

Tant’è che Medvedev è arrivato a paragonare le sanzioni occidentali contro il business russo nientepopodimeno che alle “repressioni” staliniste, nel corso delle quali, a detta dell’ex Presidente russo (che in ciò dimostra una discreta ignoranza, o malafede) ebbero a soffrirne anche i membri delle rispettive famiglie; così come accade oggi, dice, con le famiglie di politici e funzionari russi.

Così, ricorda opportunamente ROTFront, ecco i “drammatici” casi dell’ex ministro della difesa Anatolij Serdjukov e della “consorte in affari”, Evgenija Vasileva (una truffa miliardaria sulle forniture militari), o del portavoce presidenziale Dmitrij Peskov e la moglie Tat’jana Navka, con le di lei discrete proprietà immobiliari in USA… Così, per citare due coppie a caso.

E allora, ecco che i perfidi “stalinisti” (inteso, signori Di Maio, Carfagna & Co?) ligi ai “valori occidentali” bloccano «i conti esteri delle famiglie» dei russi sanzionati e «le loro proprietà, non li lasciano varcare le frontiere verso i valori occidentali» ecc; proprio come si faceva nel 1937 nei confronti delle famiglie dei “nemici del popolo”, piange Medvedev.

Peccato non fosse esattamente così. Peccato anche che la storia sovietica non ricordi ville estere, conti esteri, panfili esteri di Commissari del popolo, funzionari di partito e, soprattutto, non ricordi businessmen che disponessero di tali “valori” (nel senso pecuniario) occidentali.

Se i cosiddetti “politici” italici si indignano per l’indignazione di Dmitrij Medvedev – il quale, per inciso, a proposito di “responsabilità” familiari e non personali di fronte alla legge, prevede ironicamente «l’accettazione, da parte dell’Occidente, di altre regole familiari progressive» come quelle della «‘ndrangheta italiana e di Cosa Nostra. Oppure del codice Hammurabi… o il ritorno alle regole del taglione» – ciò significa semplicemente che essi fingono di non sapere come i “valori” che muovono entrambe le indignazioni non siano altro che quelli della inviolabilità della sacra proprietà privata. A ovest come a est.

Ecco da Likbez (una riproposizione dello storico Likvidatsija bezgramotnosti u naselenija, ovvero Liquidazione dell’analfabetismo tra la popolazione): «La tragedia dell’epoca attuale non sta nella guerra, per quanto terribile… sta nelle aspettative delle persone… Consiste nel fatto che un numero enorme di persone da entrambe le parti del fronte aspettino il potere sovietico… che quei ragazzi che innalzano sinceramente bandiere rosse sui territori liberati, sui veicoli militari… conducono al fatto che essi diano a se stessi e agli altri false speranze di cambiamenti qualitativi…

Non si può sventolare con una mano la bandiera rossa e allo stesso tempo blaterare che i bolscevichi ingannarono gli operai e che Lenin era una spia tedesca che pose una mina sotto l’edificio chiamato Russia. O sei per i rossi, cioè per il comunismo, o per i bianchi, ossia per il capitalismo».

Per quanto tempo fingeranno di non saperlo anche tutte quelle carogne che tacciano di “putiniano” chiunque sia contro la chiamata occidentale alle armi?

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2 Commenti


  • Enea Bontempi

    La verità è che il nostro paese sta seguendo, rispetto alla guerra in Ucraina, una linea oltranzista da “bravo ragazzo della Nato”, come quella della Polonia e degli Stati baltici. Ciò è confermato dalle dichiarazioni sia di Draghi sia di Di Maio sia di Guerini a sostegno dell”Ucraina. Tali dichiarazioni, così come il cosiddetto piano di pace scarabocchiato da Di Maio, non vanno nel senso di una ‘de-escalation’ atta a creare le condizioni di una trattativa di pace, ma al contrario rischiano di gettare benzina sul fuoco. Si tratta di una linea molto pericolosa, non conforme ma antitetica agli interessi nazionali del nostro paese e, in particolare, agli interessi energetici e commerciali. La controprova è fornita dalla Francia e dalla Germania che hanno una posizione completamente diversa da quella dell’Italia.


  • Enea Bontempi

    Mi correggo: non è il nostro paese ma il governo Draghi che segue una linea oltranzista e bellicista, non condivisa, come è noto, dalla maggioranza dell’opinione pubblica popolare.

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