Proprio alla vigilia dell’inizio della nuova feroce offensiva militare dei golpisti ucraini che sta portando morte e distruzione nelle città del Donbass, lo scorso 15 gennaio il Parlamento Europeo ha approvato una mozione che di fatto concede sostegno e legittimazione politica alle decisioni finora prese unilateralmente da alcuni governi e dalle istituzioni dell’Unione Europea, in prima fila nel sostegno al golpe nazionalista del febbraio dello scorso anno.
E anche quando si è trattato di imporre sanzioni alla Russia che non solo hanno portato la tensione tra i due blocchi alle stelle, ma hanno provocato gravi conseguenze economiche non solo alla Federazione Russa, ma anche a numerosi settori produttivi europei le cui esportazioni a Mosca sono state bloccate o notevolmente ridotte.
Di fatto la mozione, articolata in 28 diversi punti, da una parte chiede di estendere le sanzioni contro la Russia anche nel settore energetico, nonché di limitare la capacità delle imprese russe di condurre transazioni finanziarie internazionali; dall’altra concede sostegno politico incondizionato – e militare – alle forze nazionaliste e fasciste al potere a Kiev e configurando la Federazione Russa come una sorta di “nemico strategico” per gli interessi europei.
Solo per citare i punti più controversi, al punto 5 il documento condanna quella che viene definita la politica aggressiva ed imperialista della Russia, che costituisce una minaccia per l’unità e l’indipendenza dell’Ucraina e rappresenta una minaccia potenziale per l’Unione Europea; al punto 6 richiede la continuazione dell’odierno regime sanzionatorio dell’Unione Europea in particolare in occasione dell’imminente incontro del Consiglio del marzo 2015, dal momento che la Russia non rispetterebbe gli obblighi assunti; al punto 11 ricorda che “il 16 luglio il Consiglio dell’Unione Europea ha revocato l’embargo di armi nei confronti dell’Ucraina e che, conseguentemente, al momento non ci sono riserve, e nemmeno restrizioni legali, a che gli Stati Membri forniscano armi difensive all’Ucraina, la cui fornitura potrebbe essere basata su un accordo di affitti e prestiti”; al punto 13 afferma che l’UE debba esplorare tutti i modi per sostenere il governo ucraino a migliorare le sue capacità di difesa e di protezione dei suoi confini esterni, e che ciò sia possibile solo dalla trasformazione delle forze armate aderenti all’ex Patto di Varsavia verso un esercito che sia vicino ai membri dell’Unione Europea ed in particolare da inquadrare all’interno dei piani di addestramento e armamento già previsti e in atto.
Nei giorni scorsi Ines Zuber, parlamentare comunista portoghese, aveva denunciato gli inaccettabili contenuti rispetto ai quali buona parte della sinistra europea in versione più o meno radicale ha deciso di non fare battaglia politica o addirittura di astenersi o votare a favore. Ritenendo evidentemente prioritario il proprio giudizio fortemente negativo sul governo russo rispetto alla denuncia della pesantissima opera di destabilizzazione da parte degli Usa e dell’Ue in Ucraina, che ha già provocato una sanguinosa guerra civile e l’inizio di una escalation economica e militare che un qualsiasi ‘incidente’ potrebbe trasformare in scontro aperto con la Russia.
Scriveva l’europarlamentare comunista portoghese alla vigilia del voto dell’assemblea di Strasburgo (l’intervento è stato tradotto interamente da http://www.marx21.it/internazionale/area-ex-urss/25003):
“E’ importante anche non dimenticare che USA e UE hanno cominciato a demonizzare il presidente ucraino deposto Yanukovich solamente quando si è rifiutato di firmare l’Accordo di associazione tra l’Ucraina e l’UE e “ha osato” chiedere aiuto finanziario alla Russia. E’ stato innanzitutto l’interesse di costoro a firmare accordi – come, del resto, hanno fatto dopo il colpo di Stato – a legare l’Ucraina ai meccanismi di dipendenza economica e politica nei confronti delle troike interne alla UE, che impongono tagli salariali, tagli dei diritti sociali, alienazione delle risorse naturali e dell’apparato produttivo nazionale, privatizzazione di importanti settori pubblici, e creazione di una zona di libero commercio in cui l’Ucraina viene a trovarsi in condizioni estremamente svantaggiose. Giorni fa Juncker ha annunciato un “aiuto” aggiuntivo di 1,8 milioni di euro a Kiev, che avrà come contropartita l’espropriazione delle sue ricchezze.
Ciò che oggi è stato avviato è il processo di fascistizzazione dello Stato dell’Ucraina. I partiti fascisti, ultra-nazionalisti e di estrema destra controllano milizie private che seminano terrore, repressione e violenza – anche attraverso assassini – tra tutti coloro che sfidano le autorità di Kiev, e controllano posizioni-chiave nei servizi di polizia e nei servizi segreti. Il Partito Comunista di Ucraina si trova sotto la minaccia di messa fuori legge (…). La popolazione del Donbass e i patrioti ucraini che resistono alla fascistizzazione dell’Ucraina – volgarmente descritti nei media dominanti come “terroristi filo-russi”, definizione condivisa da USA e UE – sono diventati il bersaglio di una guerra genocida.
Ciò che è in causa con la situazione ucraina è il consolidamento del progetto di accerchiamento della Russia che la NATO sta mettendo in pratica e soprattutto con la crescente dislocazione di mezzi ed effettivi militari della NATO nell’Europa dell’Est. Il dominio politico, economico e militare dell’Ucraina mira all’utilizzo di questo paese nella strategia della tensione e del confronto aperto con la Russia, il che comporta enormi potenziali pericoli per la sicurezza a livello mondiale”.
Solo una soluzione politica, faceva notare Ines Zuber, potrà mettere fine ad una crisi che al contrario potrebbe allargarsi; un accordo politico basato intanto sul riconoscimento delle Repubbliche Popolari come forze belligeranti oltre che delle rivendicazioni economiche e sociali delle popolazioni di quelle regioni che non hanno voluto obbedire all’imposizione di un regime contraddistinto da una visione russofobica e razzista dello stato e delle istituzioni ucraine.
Perché in gioco c’è evidentemente la pace e la capacità da parte delle forze di sinistra e popolari di indicare una via alternativa a quella guerrafondaia intrapresa – al proprio interno e all’esterno dei propri confini – dal blocco europeo, e non certo uno sterile referendum sulla natura di questo o quel regime politico nei paesi dove la competizione tra gli interessi delle grandi potenze provoca conflitti sempre più disastrosi.
Il testo integrale della mozione
In una versione precedente dell’articolo avevamo erroneamente scritto che alcuni partiti del Gruppo della Sinistra Unitaria Europea e Nordica avevano votato a favore della mozione o si erano astenuti, messi fuoristrada da quanto riportato dal sito www.votewatch.eu che pubblicava il testo della mozione associato però all’esito del voto su alcuni emendamenti al testo ufficiale, sui quali effettivamente il gruppo del GUE si è diviso. Ce ne scusiamo con i diretti interessati e con i lettori, e di seguito pubblichiamo la precisazione dell’Europarlamentare Barbara Spinelli:
Circola in rete la notizia secondo cui diversi deputati del GUE/NGL avrebbero votato, il 15 gennaio a Strasburgo, a favore della risoluzione di mozione comune sull’Ucraina (tra questi, Barbara Spinelli e alcuni deputati della Linke) o si sarebbero astenuti (Curzio Maltese e Syriza). La notizia è destituita d’ogni fondamento: il GUE/NGL ha votato compatto contro la risoluzione maggioritaria (RC-B8-0008/2015) radicalmente antirussa.
Purtroppo l’approvazione di quella risoluzione non ha permesso al GUE di votare la propria mozione (B8-0027/2015) che difendeva una linea diametralmente opposta e che resta agli atti.
La tesi di chi accusa Spinelli e la Linke di appoggio alla mozione maggioritaria rimanda a una pagina del sito indipendente www.votewatch.eu. Quella pagina riporta dati corretti, registrando la divisione all’interno del GUE su dei singoli emendamenti alla risoluzione approvata, ma non sulla risoluzione stessa.
Tutti gli emendamenti presentati dal GUE/NGL sono stati bocciati dal Parlamento europeo. Le differenze all’interno di ciascun gruppo parlamentare sugli emendamenti non sono infrequenti, soprattutto quando si discutono argomenti particolarmente drammatici. Ben altra rilevanza avrebbe la divisione sul voto finale, che tuttavia non c’è stata. Ed è bene che non ci sia stata, alla luce dell’offensiva militare che il governo di Kiev ha lanciato in questi giorni nell’Est dell’Ucraina.
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