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Diamo un calcio all’apartheid in Israele. Giocatori palestinesi scrivono alla A.S. Roma

Pubblichiamo qui di seguito una lettera aperta indirizzata alla AS Roma da parte di due squadre palestinesi, chiedendo che il prossimo 30 luglio non giochi l'”amichevole” con il Tottenham in Israele, definito un regime d’apartheid da Amnesty International. La lettera è firmata da Balata Youth Center, il cui giocatore sedicenne Saeed Odeh è stato ucciso da soldati israeliani l’anno scorso, e dalla Palestine Amputee Football Association, squadra di amputati di Gaza che hanno perso arti a causa dei proiettili dei cecchini israeliani o durante blitz dell’esercito israeliano.

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Spett.le AS Roma,

Vi scriviamo come Club calcistici palestinesi dei territori occupati della Cisgiordania e della striscia di Gaza sotto assedio. Sappiamo dell’intenzione di giocare una partita “amichevole” nell’Israele dell’apartheid. Vi preghiamo, in nome dello spirito e dei valori sportivi alla base di questo bellissimo gioco di non giocare in un Paese, Israele, che pratica l’apartheid.

Non c’è nulla come il senso di libertà che proviamo correndo per il campo, o il senso di euforia di quando vinciamo una partita.

Questi momenti di pura gioia sono troppo brevi e sempre interrotti quando dobbiamo tornare alla realtà della nostra vita sotto un “crudele sistema di oppressione e dominio”, quale ogni giorno subiamo e quale viene definito e documentato da Amnesty International.

I soldati israeliani sistematicamente sparano e uccidono i nostri giocatori: per mano dei soldati israeliani, solo nell’ultimo anno hanno perso la vita il 16enne Saeed Odeh, il 19enne Mohammad Ghneim, il 18enne Thaer Yazouri, e il 14enne Zaid Ghneim.

Le carriere sportive dei nostri atleti sono terminate perché mutilati dai soldati israeliani, come è stato per il 23enne Mohammed Khalil di Gaza, a cui hanno sparato ad entrambe le ginocchia. Di fatto, a Gaza esistono diverse squadre di giocatori che hanno subito amputazioni e perso arti a causa dei proiettili dei cecchini israeliani o durante assalti militari. I nostri stadi sono stati distrutti dalle bombe israeliane. I nostri giocatori vengono arrestati e arbitrariamente detenuti nelle carceri israeliane senza che esista o venga notificato un capo d’accusa. I soldati israeliani armati fanno irruzione nei nostri campi da gioco e sparano gas lacrimogeni durante le partite, anche quelle delle squadre giovanili. Israele ostacola e impedisce l’importazione delle attrezzature sportive.

È poi importante dire che, mentre la Federcalcio israeliana comprende, nelle sue serie, squadre degli insediamenti israeliani illegali sorti su terre palestinesi rubate, i posti di blocco militari israeliani impediscono a noi di spostarci nella nostra stessa terra, che sia per l’allenamento o per le partite.

Anche la nostra amata Coppa della Palestina ha dovuto subire rimandi ed è stata definitivamente interrotta perché Israele non ha permesso ai calciatori dei due club vincitori di viaggiare nella nostra terra per giocare la partita. Pensiamo solo un momento a cosa significhi: queste squadre hanno superato difficoltà apparentemente insormontabili poste dal regime israeliano di occupazione militare e di apartheid per raggiungere la cima della classifica, per poi vedersi arbitrariamente impedire di giocare la finale di campionato dal medesimo regime che quotidianamente le opprime.

Stiamo parlando da un punto di vista calcistico, ma quello di cui facciamo esperienza nello sport è anche la realtà di milioni di palestinesi che vivono la brutale violenza del regime di apartheid israeliano.

Lo stesso giorno in cui soldati israeliani hanno sparato al calciatore Thaer Yazouri, hanno sparato e ucciso la nota giornalista palestinese Shireen Abu Akleh. Gli stessi soldati hanno poi brutalmente attaccato il corteo funebre, assalito gli uomini che portavano il feretro e i partecipanti, un atto barbaro condannato anche da diverse autorità spirituali cattoliche e cristiane in Palestina.

Israele, in modo non dissimile da altri regimi di oppressione, propone queste partite amichevoli perché la considera una opportunità preziosa di sportswashing rispetto al regime di apartheid. Esattamente come il Sudafrica dell’apartheid lo utilizzò a suo tempo. Eventi sportivi con squadre famose come la Roma contribuiscono a fornire al regime di apartheid israeliano quella copertura propagandistica indispensabile per seguitare impunemente la brutale oppressione di tutti i palestinesi, ivi inclusi i calciatori.

In una recente intervista, l’allenatore dell’AS Roma José Mourinho ha risposto a una domanda sull’invasione illegittima dell’Ucraina da parte della Russia e sulle forme di dissenso messe in campo ricordando altre guerre in corso in tutto il mondo, tra cui gli attacchi di Israele ai palestinesi di Gaza. Ha affermato che una delle principali domande che si pone è: ‘cosa possiamo fare al riguardo’.

Ebbene, ecco una cosa che potete fare. Il vostro club è in una posizione privilegiata e unica per aiutarci a isolare il regime di apartheid di Israele fino a quando non rispetterà i nostri fondamentali diritti: esattamente come è avvenuto per il Sudafrica dell’apartheid, rifiutandosi di giocare in Israele, il quale da anni ha messo in atto un non meno brutale sistema di apartheid.

Vi preghiamo dunque di unirvi al numero senza precedenti di calciatori, squadre e atleti che hanno deciso di stare dalla parte giusta della Storia, rifiutando di rendersi complici dell’operazione di sportswashing portata avanti dal regime di apartheid israeliano.

I giocatori nostri compagni, che sono stati uccisi, mutilati, arrestati, a cui è stato negato perfino il diritto di giocare, sono per sempre nei nostri cuori. È per loro, e per i palestinesi, giovani e anziani, che continuano a sognare, che non possiamo né vogliamo rimanere in silenzio.

Non c’è assolutamente nulla di “amichevole” nell’uccisione da parte di Israele di giovani calciatori e nell’oppressione di milioni di palestinesi. Per favore, non giocate nell’Israele dell’apartheid.

Cordiali saluti,

Balata Youth Center

Palestine Amputee Football Association

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

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1 Commento


  • Mauro Gianiorio

    Lettera di rara intensità, emotiva e intellettuale; sono romanista da sempre: NON GIOCHIAMO NELL’ISRAELE DELL’APARTHEID!

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