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Guerra in Ucraina e sanzioni boomerang

Il 17 luglio è giunta in Germania dal Canada la turbina Siemens destinata ad alimentare il North stream. Salvo imprevisti, l’arrivo della turbina in Russia, per la stazione di pompaggio “Portovaja”, nella regione di Leningrado (una ventina di km dalla frontiera con la Finlandia) è atteso per il 24-25 luglio. Dopo di che, tempi tecnici permettendo, ricomincerà il pompaggio del gas.

Tutto a posto per i paesi della UE, dunque? Non proprio. Tant’è che Bruxelles tenta di mettere qualche pezza.

Realtribune.ru osserva che la Commissione Europea “propone” ai paesi UE di concludere contratti con l’Azerbajdžan, ampliando la rete di tubature che si diramano dal gasdotto Corridoio meridionale, ovviamente per «diminuire la dipendenza da Mosca».

Nel progetto di memorandum della Commissione Europea (la Von der Leyen è a Baku per sottoscriverlo), è detto che le parti intendono «sostenere il commercio bilaterale di gas naturale, anche con l’esportazione verso la UE di almeno 20 miliardi di metri cubi annui fino al 2027, utilizzando il Corridoio meridionale», che porta il gas dal mar Caspio all’Europa e in cui sono forti da sempre anche gli interessi USA.

Nel 2021, ad esempio, sono stati pompati verso l’Italia oltre 8 miliardi di gas azero, attraverso il gasdotto Transadriatico (TAP), collegato a quello Transanatolico (TANAP), ramificazione del Corridoio meridionale.

Bruxelles, proseguendo indefessa nel sostegno finanziario e militare alla junta nazi-golpista di Kiev, teme per questo che Mosca possa bloccare il North stream-1, indipendentemente dai problemi tecnici legati alla turbina; in quel caso, osserva Realtribune.ru, l’unico percorso sarebbe quello ucraino, da cui transitano però solo 40 milioni di mc al giorno.

La situazione è inoltre aggravata dalle condizioni meteorologiche che stazionano su gran parte dell’Europa occidentale, con calore estremo e carenza di vento per alimentare le pur scarse risorse eoliche. La settimana scorsa, la produzione di energia eolica in Europa è scesa all’11% del mix energetico della UE, rispetto a una media del 15% nella settimana dal 4 all’11 luglio; per questa settimana, è prevedibile che la situazione si aggravi ulteriormente.

Ora, nota la russa Interfax, con l’ottavo giorno senza gas del North stream, la domanda europea per il transito del gas russo attraverso l’Ucraina rimane al livello dei giorni e dei mesi precedenti, aumentando solo minimamente.

La “GTS Operator Ukraine” (Gas Transmission System Operator) ha accolto la dichiarazione di Gazprom per il transito di 41,5 milioni di mc di gas, il 18 luglio, dopo i 41 milioni del giorno precedente. Il volume sembra riferirsi a solo uno dei due punti GTS ucraini, la stazione gas di “Sudža”, dato che è stato motivato con “problemi tecnici” il non accoglimento della domanda di Gazprom per il transito anche dalla stazione di “Sokhranovka”.

I prezzi spot del gas in Europa durante la chiusura per le riparazioni del Nord Stream sono di circa 1.600 dollari per mille mc (la scorsa settimana avevano superato i 1.900 $, a causa di un guasto in Norvegia), mentre in Asia, secondo l’indice JKM Platts (Japan Korea Marker), ci si è fermati a 1.400 dollari.

L’Europa continua a pompare gas negli impianti di stoccaggio sotterranei. Al momento, secondo il Gas Infrastructure Europe, le riserve sono al 64% e il pompaggio, causa le riparazioni al North stream e il guasto in Norvegia, è ai livelli più bassi dalla primavera scorsa, con Germania e Belgio passati al prelievo dalle riserve sotterranee, a fronte di regole UE che impongono riserve di almeno l’80% della capacità, per inizio stagione 2022, e del 90% per il 2023.

La situazione non è molto diversa nel settore del petrolio. Secondo la scozzese Wood Mackenzie, il 65% delle riserve mondiali conosciute di petrolio e gas è gestito da compagnie a controllo statale che, dal 2011, hanno controllato il 41% di tutti i nuovi giacimenti di petrolio e gas e hanno coperto più di 100 miliardi di barili equivalenti di petrolio: tra esse Saudi Aramco, Qatar Energy, Adnos, Rosneft, Gazprom, Compagnia petrolifera nazionale iraniana e la venezuelana PDVSA.

Nelle previsioni per il 2023, l’Agenzia internazionale per l’energia ha espresso la speranza che la domanda di petrolio aumenti, con una media globale record di 101,6 milioni di barili al giorno: «prezzi più alti e prospettive economiche più deboli frenano la crescita dei consumi. Tuttavia, lo sviluppo cinese favorirà la crescita per il prossimo anno, con una accelerazione da 1,8 milioni di barili al giorno nel 2022 a 2,2 milioni nel 2023».

La Russia, ricorda Realtribune.ru, esporta ogni giorno quasi 8 milioni di barili di greggio e condensato, di cui 2,3 milioni verso la UE.

Peraltro, Africanews.com nota come attualmente il petrolio algerino, angolano e della Guinea equatoriale raggiunga quotazioni tra le più alte al mondo. Il prezzo medio del “Sahara Blend” algerino si aggirava in giugno sui 128,3 $/barile, contro i 115,3 in maggio, con un rialzo dunque dell’11,3% in un mese, che lo colloca al primo posto tra i greggi più costosi dell’OPEC.

Lo “Zafiro” della Guinea equatoriale, con 127 $ in giugno (115,2 a maggio; +10,3%), si piazza al secondo posto. Il “Girassol” angolano era quotato a giugno a 127 $ (+10,3% su maggio).

L’OPEC spiega questa valutazione del primo semestre 2022 con il fatto che i greggi prodotti in Africa sono di bassissima densità e poveri di zolfo, caratteristiche molto apprezzate dalle raffinerie. In generale, il prezzo medio del paniere OPEC (ORB) a giugno è salito di 3,85 dollari (+3,4%) attestandosi a 117,72 dollari/barile, contro i 113,87 $ a maggio.

Sul fronte della navigazione, secondo il Wall Street Journal, ripreso da RIA Novosti, gli armatori di petroliere in Europa stanno stivando quanto più petrolio russo possibile, prima che a dicembre scatti l’embargo.

A fronte del forte aumento delle forniture di combustibile dalla Russia ai paesi asiatici, anche i vettori europei si sono affrettati a caricare le navi di petrolio russo. A spingere per accelerare le consegne, c’è l’imminente divieto di copertura assicurativa per le spedizioni di petrolio dalla Russia.

Il WSJ scrive che «Lloyd’s List Intelligence stima che in due mesi le navi greche abbiano effettuato 151 scali verso porti russi nel mar Nero e nel Baltico, rispetto agli 89 dell’intero anno precedente».

L’impennata della domanda di petrolio dall’inizio dell’operazione speciale russa in Ucraina ha spinto le tariffe di trasporto per le petroliere di medie dimensioni a circa 40.000 dollari al giorno, rispetto ai 10.000 di gennaio.

Gli armatori si “giustificano” affermando che le sanzioni potrebbero costringerli a sospendere temporaneamente la navigazione per circa un terzo della loro flotta. Ma «nessuno può dire cosa accadrà al mercato delle petroliere dopo l’imposizione delle sanzioni. Alla fine potrebbe rivelarsi un fattore positivo, poiché la domanda di petrolio è ancora alta ed è probabile che le navi vengano inviate a stivare petrolio da altre destinazioni, quali Stati Uniti e Medio Oriente. Le distanze di spedizione aumenteranno, il che significa che le petroliere guadagneranno di più», ha dichiarato l’a,d. di una delle compagnie di navigazione greche, con malcelata libidine.

Anche a Mosca si guarda al prossimo embargo petrolifero previsto dal nuovo pacchetto di sanzioni della UE. Le nostre compagnie, ha detto Vladimir Putin, dovrebbero «essere pronte a far fronte a questa decisione… Da inizio anno, il livello di produzione di petrolio ha superato del 3,5% quello dell’anno precedente, mentre la produzione di gas nel periodo gennaio-maggio è diminuita, ma solo del 2%».

Putin ha ricordato che, in previsione di una prossima scarsità, il prezzo del petrolio Brent ha raggiunto i 130 dollari al barile; poi, negli «ultimi giorni, i prezzi sono scesi di 20-30 dollari, sullo sfondo delle previsioni di rallentamento dell’economia globale e dell’insorgere di difficoltà economiche in Europa».

Di contro a tali previsioni “plumbee” per l’Occidente, Bloomberg scrive che l’avanzo delle partite correnti della Russia ha raggiunto il record di 70,1 miliardi di dollari nel secondo trimestre dell’anno, con l’aumento dei ricavi dalle esportazioni di energia e materie prime, che ha contribuito a compensare l’impatto delle sanzioni USA-UE.

Per i primi sei mesi del 2022, secondo i dati diffusi il 18 luglio dalla Banca centrale russa, il sopravanzo ha raggiunto i 138,5 miliardi di dollari; l’export è stato di 153,1 miliardi di dollari nel secondo trimestre, in leggero calo rispetto ai 166,4 miliardi di dollari del primo e anche le importazioni sono diminuite, da 88,7 mld $ a 72,3 miliardi.

Il surplus è stato il più ampio dal 1994; il crollo delle importazioni determinato dalle sanzioni ha contribuito all’eccedenza che, osserva Bloomberg, è emersa come un’ancora di salvezza economica chiave per il Cremlino, mentre USA e loro alleati cercano di isolare Mosca.

L’aumento dell’avanzo delle partite correnti, combinato con severi controlli sui capitali che hanno limitato la domanda di valuta estera, ha contribuito a rendere il rublo la valuta con le migliori performance quest’anno tra i suoi omologhi dei mercati emergenti.

Tra l’altro, nell’incontro previsto per oggi a Teheran tra i Presidenti di Iran, Russia e Turchia – Ebrahim Raisi, Vladimir Putin e Recep Erdogan – si parlerà con ogni probabilità del graduale abbandono del dollaro da parte russa e iraniana negli scambi commerciali reciproci.

Sanzioni, avete detto?!?

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