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Delegazione italiana a quaranta anni dalle stragi di Sabra e Chatila

L’associazione “Per non dimenticare”, dopo due anni è tornata in Libano per la commemorazione del quarantesimo anniversario della strage di Sabra e Chatila.

Una delegazione di oltre 33 volontari dall’Italia, dal 12 al 19 settembre incontreranno diverse delegazioni palestinesi dei campi profughi, esponenti politici ed intellettuali palestinesi e libanesi. Obiettivo: comprendere la situazione sociale dei profughi presenti nel paese e rilanciare il diritto al ritorno di questo popolo cacciato dalla terra di Palestina.

Ad accoglierci in Libano è un paese ormai fallito economicamente e politicamente.

Economicamente, con una svalutazione flottante che al momento che scriviamo attesta una valutazione pari a 36.200 lire libanesi per 1 Euro quando nel 2019 il cambio era fissato a 1.530.

Politicamente, a causa di un governo corrotto da non riuscire a garantire elettricità continua nell’arco della giornata e una manovra di tutela del risparmio esercitata solo attraverso l’obbligo di un tetto al prelievo mensile.

Una crisi che ci è subito evidente, mentre percorriamo la strada che separa l’aeroporto dal nostro albergo. Sporadiche e fievoli luci gettano in penombra anche la ricca via Hamra, dove i negozi chiusi ed abbandonati sembrano cicatrici sul corpo di una città che fu da molti definita “la Svizzera del Medio Oriente”.

Incontriamo i nostri referenti e alcuni famigliari sopravvissuti al massacro, dopo aver deposto una corona nel cimitero di Chatila in memoria dei martiri, in particolare quelli della “Guerra dei Campi” (1985-1988). Periodo che portò alla distruzione totale o parziale di molti campi a Beirut, Sidone e Tiro.

In accordo con la Siria, desiderosa di diventare la potenza egemone del Libano, le milizie sciite filo-siriane di Amal, nel tentativo di cancellare la presenza dei palestinesi, accerchiarono ovunque i campi profughi e li sottoposero a intensi bombardamenti di artiglieria. Le milizie di Amal, supportate dalla 6° brigata dell’Esercito libanese, lanciarono una feroce offensiva che investì Sabra, Chatila e Burj el-Barajneh. L’80% delle case di Chatila furono distrutte; Sabra fu cancellata; il 50% degli edifici di Bour-j Barajneh abbattuti. Nei campi non c’era più acqua, luce e servizi igenici e i ripari totalmente inadeguati. Ciò nonostante, le milizie di Amal non riuscirono a prendere il controllo di un solo campo.

Per entrare subito nell’analisi della situazione attuale, il nostro referente Kassem Aina dell’Associazione Assomoud, ci invita a partecipare alla conferenza, del Dott. Ziad Abdel Samad su “L’impatto degli sviluppi regionali sulla realtà palestinese”.

Il Dott. Ziad Abdel Samad è il Direttore Esecutivo della Rete delle Ong Arabe per lo Sviluppo (ANND), con sede a Beirut. Dal 1999 ANND riunisce 30 Ong e 9 reti nazionali di 10 paesi arabi, attive nella tutela dei diritti sociali ed economici. Presidente della Piattaforma Euro-Mediterranea delle Ong, una rete che riunisce 83 organizzazioni nazionali e regionali.

“Siamo in una fase complessa e pericoloso più degli anni 80’. La situazione Libanese è disperata e mai come oggi subisce ancor più l’influenza di quello che sta avvenendo non solo in quest’area del mediterraneo ma anche nello scenario aperto dopo l’avvio del conflitto Russo- Ucraino”.

In particolare si sofferma su due questioni: la questione energetica e dei diritti umani.

L’accordo sul nucleare tra USA e IRAN sta di fatto bloccando un’importante trattativa per l’estrazione del gas nel bacino mediterraneo del Libano da parte d’Israele. Anche a causa del profondo legame tra Hezbollah e l’Iran e di una classe politica governativa libanese che non è in grado di proporre un piano di sviluppo serio per il suo paese, ne contrastare una trattativa americana tutta filo israeliana.

Sulla questione dei diritti umani ha evidenziato che nonostante alcuni paesi arabi abbiano siglato un accordo di stabilizzazione dei rapporti con Israele, questo non vede la partecipazione attiva dei rispettivi popoli. In particolare quelli arabi che ancora non riescono a godere dei minimi diritti sociali nei rispettivi paesi. Un processo di stabilizzazione tra paesi del Golfo e Israele che contiene tutta la questione palestinese che, con Trump, ha avuto un ulteriore e pericolosa accelerazione.

Per questo ha proposto che le ONG presenti in questi territori e non solo, si mobilitino in modo differente dal passato, assumendo un ruolo più politico rispetto alla rivendicazione dei diritti umani che stanno diventando un vera emergenza nel mondo. “Perché senza democrazia e diritti non può vivere e proliferare la Pace”. 

Non poteva mancare anche quest’anno, l’incontro con il Dott. Osama Saad,  deputato del partito Nasseriano di Sidone, città capitale del sud del Libano. Osama ha partecipato alla resistenza libanese. Il partito nasseriano (partito panarabo) ha avuto un ruolo molto importante in questa fase e continua ad offrire sostegno e appoggio a tutti i popoli del mondo che si trovano sotto occupazione. La loro lotta in Libano è rivolta a cambiare il sistema politico vigente per arrivare ad una giustizia sociale, contro la destra libanese alleata con le forze imperialiste.

Durante l’incontro Saad ha ribadito che:

I nostri governanti non ci danno cibo, elettricità, acqua. Tanti bambini palestinesi e libanesi, non hanno il minimo di che sopravvivere. 80% delle famiglie hanno cancellato un pasto. Il popolo soffre. Siamo all’inizio dell’anno scolastico e non c’è posto per tutti i bambini a scuola”.

Per uscire da questa situazione il deputato propone: ”La fine del sistema confessionale del governo del paese. Elezioni libere, vere e democratiche sorrette da programmi politici concreti e realizzabili, che consentano agli elettori di poter comprendere la differenza esistente tra i vari partiti. Per noi prima i diritti fondamentali di una vita dignitosa”.

Al termine del nostro incontro abbiamo reso omaggio alla memoria del padre, il martire Maarouf Saad che ancora oggi, rappresenta con la sua lotta all’occupazione francese in Libano e l’occupazione britannica e israeliana in Palestina, il simbolo della resistenza e del Movimento di Liberazione Nazionale di tutto il mondo arabo.

Abbiamo concluso la giornata con la visita guidata al Carcere di Khiam e alla sede dell’associazione AMEL.

Il carcere di Kiam era il centro di detenzione e di interrogatori che Israele aveva costruito e utilizzato durante la sua occupazione dal 1982 al 2000 nel sud del Libano. Venivano rinchiusi i militanti della resistenza libanese e palestinese dove venivano poi in seguito torturati con tecniche che i miliziani cristiani dell’ELS, esercito del Libano del Sud, alleato degli occupanti, avevano appreso da Israele. Nel 2000, quando l’esercito israeliano si ritirò, le guardie dell’ELS fuggirono e la popolazione locale fece irruzione nel carcere, liberando i centoquaranta prigionieri rimasti.

La prigione aveva così mutato aspetto ed era diventata un museo, un monumento alla memoria, un luogo dedicato al ricordo di quelle atrocità, aperto a chi voleva rendersi conto di come questa “segreta” prigione era sempre stata fuori dai controlli e dalle norme internazionali. Oggi, tutto questo non esiste più, è rimasto solo un cumulo enorme di macerie, dopo il bombardamento ed invasione israeliana del 2006.

Amel è una Ong libanese, un’associazione laica, non confessionale, fondata nel 1979 dal medico Kamel Mohanna che ha sempre voluto precisare la connotazione non-settaria della sua organizzazione: “Diamo sostegno a chi ha bisogno, siriani e libanesi, senza distinzione di religione, di credo politico, di provenienza”.

Non è poco per un paese che ha attraversato devastazioni, divisioni, violenze durante 15 anni di guerra civile e si trova oggi in questa situazione.

Amel, che in arabo significa “lavoro”, gestisce 24 centri nei quali lavorano 300 persone e 6 cliniche mobili su tutto il territorio. Durante gli anni della guerra in Siria ha fornito assistenza e servizi ai rifugiati arrivati a migliaia in Libano. Nei centri, oltre all’assistenza medica, ci sono  programmi per bambini e anziani. Inoltre, sono attivi anche per le vittime del traffico di esseri umani che includono spesso donne sfruttate come lavoratrici domestiche.

Un filantropo del pensiero attivo a cui piace specificare che:“All’interno di una società ci sono gli amici, i neutrali ed i nemici. La politica di Amel è quella di rafforzare i rapporti con gli amici, di cambiare i neutrali in amici ed i nemici in neutrali.  Sul territorio è necessario portare, una parte della società civile, allo sviluppo e dallo sviluppo alla cultura dei diritti: diritto all’espressione, alla salute, all’istruzione, alla partecipazione della donna”.

Il Dott. Kamel, inoltre, ha grande fiducia nelle giovani generazioni che sono quelle che hanno dato inizio alle rivolte arabe, un processo di trasformazione che avrà certamente uno sviluppo.

L’altro grande problema è quello legato alla centralità della questione palestinese, che lui sostiene, la causa più giusta al mondo.

Continua….

(le foto sono di Enzo Infantino, membro della delegazione)

vedi anche: Quaranta anni fa la strage di Sabra e Shatila

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