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Gran Bretagna nei guai per eccesso di liberismo ottuso

Diceva il saggio: “i reazionari sollevano una pietra per lasciarsela cascare sui piedi”.

La premier conservatrice britannica, Liz Truss, sogna di se stessa come la nuova Margaret Thatcher e quindi come primo atto del suo nuovo governo ha tagliato drasticamente le tasse per i super-ricchi.

L’intento, come dicono sempre gli ultra-liberisti che non pensano, è quello di “rilanciare la crescita economica” annientata da due anni di Covid, dalla partecipazione alla guerra e da un’inflazione oltre il 10% e in ulteriore crescita.

La teoria di riferimento, una vera ideologia senza riscontri nella realtà, assicura che con quei soldi in più nelle tasche i super-ricchi faranno un sacco di investimenti e quindi l’economia in generale ne risentirà favorevolmente.

I primi a non crederci, però, sono proprio i mercati finanziari, che pure dovrebbero essere i maggiori beneficiari di questa liquidità in più, pronta a riversarsi nelle Borse e in altri strumenti.

Ieri le borse di tutto il mondo sono infatti andate in rosso (con la rivelatrice eccezione di Milano, che ha “festeggiato” a suo modo la vittoria dei fascisti di Giorgia Meloni), spaventate dal buco di bilancio che si apre così nei conti pubblici della Gran Bretagna. Quel che la teoria neoliberista mette sotto il tappeto – la riduzione delle tasse diminuisce le entrate dello Stato – è oggi un inciampo notevole per l’attività economica complessiva.

I mercati, infatti, non sono a corto di liquidità. Dopo un decennio di quantitative easing sulle due sponde dell’Atlantico l’unica cosa abbondante sono i soldi liquidi. Il problema è che non si sa dove metterli per renderli “produttivi” di nuovi profitti.

Le azioni sono quasi tutte molto sopravvalutate, i prodotti finanziari derivati sono molto rischiosi (una nuova “bolla” dovrebbe esplodere da un momento all’altro), i titoli di stato (di qualunque Stato) sono sotto pressione proprio perché i debiti pubblici sono tutti molto alti, l’economia reale si è fermata anche perché i consumi – essendo stati da decenni congelati i salari – non tirano.

La Gran Bretagna non fa eccezione, anzi per molti versi è più esposta di altri paesi, essendo rimasta a metà strada tra l’Europa e gli Stati Uniti.

A farne le spese, in queste ore, è non a caso la sterlina, che ha perso in 24 ore oltre il 10% rispetto al dollaro, crollando da 1,12 (alla data di presentazione del “piano” di Truss e del Cancelliere dello Scacchiere, Kwasi Kwarteng) all’1,03, il calo più rapido dal 1870.

La Banca d’Inghilterra (la banca centrale) ha lasciato trapelare l’intenzione di agire in difesa della moneta, alzando dunque i tassi di interesse. Il che ha ovviamente contribuito a risollevarne un poco il valore di scambio (a 1,07), al prezzo di gelare ancora di più le attese di una “ripresa” (se i tassi salgono l’attività rallenta).

Non proprio il massimo in un momento di recessione pressoché conclamata e soprattutto certa nei prossimi mesi.

Tutte queste reazioni negative hanno costretto il governo inglese a chiarire meglio le proprie intenzioni. Ma lo ha fatto in modo disastroso. Kwarteng ha infatti spiegato che quel taglio di tasse è “solo l’inizio”, promettendo che ce ne saranno altri nei prossimi mesi.

A quel punto il rendimento sui titoli di stato britannici (i gilt) sono saliti ad un livello “italiano” (sopra al 4%) e persino Wall Street ha alzato bandiera bianca, perdendo un altro 1% dopo una settimana di passione.

Miss Truss dimostra di essere una vera scheggia impazzita – aveva già preoccupato tutti la sua esternazione sulla disponibilità a schiacciare il “bottone nucleare” – che si muove sulla base dell’ideologia (in realtà, degli interessi di pochissimi super-ricchi).

Ma soprattutto dimostra di non capire nulla di Storia. Il “successo” della Thatcher, con mosse simili che lei ora imita, è avvenuto all’inizio del ciclo pluridecennale liberista, quando c’era da demolire “l’intervento pubblico nell’economia” e il potere contrattuale dei lavoratori.

Quelle mosse, insomma, venivano fatte su una ricchezza sociale ampia, piuttosto “distribuita” tra le varie figure sociali. La mannaia thatcheriana mirava a una quantità di “grasso” disponibile per una ben diversa ripartizione sociale.

Oggi siamo alla fine di quel ciclo. La società – le classi – sono piuttosto “magre” e la crisi in atto è il risultato obbligato di 40 anni di neoliberismo. Ma, come tutti i tossicodipendenti, Liz Truss pensa che la soluzione stia in una dose maggiore della stessa droga.

Come andrà a finire è intuibile…

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