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Turchia. Perquisizioni armate contro i giornalisti oppositori al governo di Erdogan

Il regime autoritario di Erdogan continua indisturbato la sua guerra contro i curdi e la repressione dell’opposizione a livello internazionale.

Tutti coloro che in Turchia si oppongono alle sue politiche ostili vengono repressi, criminalizzati e imprigionati. Recentemente sono stati arrestati Sebnem Korur Fincanci, presidente della Turkish Medical Association (TTB) e ieri 11 giornalisti curdi.

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Ieri la polizia ha effettuato incursioni simultanee nelle case di 11 giornalisti ad Ankara, Diyarbakir, Mardin, Urfa, Van e Istanbul. I nomi dei giornalisti arrestati sono: Diren Yurtsever, Selman Güzelyüz, Emrullah Acar, Hakan Yalçın, Berivan Altan, Zemo Ağgöz, Ceylan Şahinli, Deniz Nazlım, Habibe Eren, Mehmet Günhan e Öznur Değer. Anche Derya Ren, reporter di JinNews, è stato preso in custodia nell’ambito di un’altra inchiesta.

Secondo i loro avvocati, tutti i giornalisti sono stati arrestati sotto la minaccia delle armi, ammanettati e torturati durante le irruzioni nelle case e i trasferimenti dalle loro abitazioni alle stazioni di detenzione. I giornalisti ammanettati sono stati fatti sdraiare e la polizia si è seduta sulla schiena dei giornalisti durante la perquisizione della casa.

L’approccio aggressivo e disumano mostrato dalla polizia nei confronti dei giornalisti è un messaggio per tutti i giornalisti e gli operatori dei media critici nei confronti del governo. Le incursioni armate contro i giornalisti sono un tentativo di criminalizzazione da parte della coalizione AKP-MHP al governo. Purtroppo, possiamo aspettarci che l’oppressione contro le istituzioni democratiche dell’opposizione aumenti sistematicamente man mano che ci avviciniamo alle elezioni del 2023.

Secondo il rapporto della Media and Law Studies Association (MLSA) del 22 ottobre, 57 giornalisti sono già stati imprigionati. A causa degli emendamenti censori al diritto penale recentemente approvati dall’Assemblea nazionale, è diventato ancora più facile per giornalisti e cittadini essere imprigionati senza un motivo legittimo.

Come HDP, chiediamo alle organizzazioni internazionali per i diritti umani e ai media di reagire alle politiche autoritarie di repressione contro i giornalisti in Turchia.

Feleknas Uca e Hişyar Özsoy (portavoce dellHDP per gli Affari esteri)

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Il regime autoritario e antidemocratico di Erdogan continua indisturbato la sua guerra contro i curdi e la soppressione dell’opposizione a livello internazionale. Tutti coloro che in Turchia si oppongono alle sue politiche ostili vengono repressi, criminalizzati e imprigionati. Recentemente sono stati imprigionati Sebnem Korur Fincanci, presidente dell’Associazione medica turca (TTB) e ieri 11 giornalisti curdi. I portavoce per gli affari esteri dell’HDP, Feleknas Uca e Hişyar Özsoy, hanno pubblicato una dichiarazione in cui descrivono i retroscena di questa situazione.

È in corso una guerra costante contro i curdi all’interno e all’esterno dei confini della Turchia, che è contraria al diritto internazionale e che l’HDP respinge nelle sue risoluzioni parlamentari, e l’oppressione ad essa associata non conosce fine.

L’esercito turco sta usando ogni tipo di arma, bombe, jet da combattimento e droni nelle aree occupate della Siria settentrionale e dell’Iraq settentrionale, popolate da curdi. Di recente, i media hanno diffuso notizie, immagini e telefonate che indicano l’accusa di aver usato armi chimiche.

Questa guerra, che viola il diritto internazionale, deve essere fermata. In particolare, è necessaria una rapida indagine internazionale su queste accuse, che è anche una richiesta del comitato esecutivo centrale del Partito democratico dei popoli (HDP). Tale indagine è di competenza dell’OPCW. Le organizzazioni pubbliche curde e i rapporti dei media forniscono molte prove. L’OPCW non può ignorarle e deve condurre indagini nelle aree colpite e tra la popolazione.

Tutti gli organi decisionali politici, i partiti e le istituzioni, i parlamentari e gli uomini politici devono richiamare l’OPCW ai suoi doveri, in modo che si possa svolgere un’indagine chiara su questi casi.

Inoltre, la Turchia dovrebbe essere invitata a porre fine alla guerra e alla criminalizzazione, alle vessazioni e all’oppressione che la accompagnano. Gli ultimi 38 anni ci hanno dimostrato che la questione curda non può essere risolta con la guerra e la violenza.

L’HDP e l’opposizione democratica in Turchia si sono espressi più volte su come potrebbe essere una soluzione, che dovrebbe essere sostenuta a livello internazionale.

I giornalisti e le persone che parlano non devono essere criminalizzati, repressi e arrestati.

In questo senso, noi come Rappresentanza europea dell’HDP possiamo sostenervi con ogni tipo di informazione.

Devriş Çimen (Rappresentante europeo dellHDP in Europa)

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

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1 Commento


  • Gianni Sartori

    EUROPA INGRATA: REPRESSIONE ED ESPULSIONE PER I CURDI

    Gianni Sartori

    Vedere centinaia di giovani curdi, una parte almeno, rivestiti di tute bianche percorrere le strade dell’Aia il 1 novembre poteva riportare alla memoria le prime giornate di Genova.

    E come a Genova nel 2001 la manifestazione – per quanto assolutamente pacifica – è stata pesantemente repressa. Anche strumentalizzando creature innocenti come i cavalli e i cani che sarebbe il caso di non coinvolgere nel lavoro sporco.

    L’iniziativa (indetta dalle organizzazioni della diaspora curda nell’ambito della settimana di azione #WeSeeYourCrimes), aveva lo scopo di denunciare l’utilizzo sistematico da parte dell’esercito turco di armi chimiche, vietate dalle Convenzioni internazionali, nel Kurdistan del Sud ((in territorio iracheno) contro la Resistenza curda. In particolare richiedere a chi di dovere (all’OIAC, l’Organizzazione per l’interdizione delle armi chimiche, con sede all’Aia) di avviare un’inchiesta in merito a questo uso criminale di sostanze proibite.

    Possibilmente inviando una delegazione di osservatori internazionali indipendenti.

    Stando alla versione ufficiale, i reparti della polizia mobile olandese sarebbero intervenuti preventivamente quando una parte dei manifestanti, inalberando cartelli con i volti delle vittime dei gas tossici, aveva mostrato di aver l’intenzione di raggiungere l’ambasciata turca.

    Invece secondo gli organizzatori le cariche sarebbero iniziate quando ancora molti stavano raggiungendo il luogo convenuto per il raduno.

    In ogni caso alla fine il bilancio finale è stato di una trentina di feriti (tutti piuttosto seriamente e due versano in gravi condizioni), sia per le manganellate, sferrate direttamente stando a cavallo, sia per essere stati travolti dai cavalli.

    Un curdo che rischiava di annegare per essere caduto nel fiume è stato tempestivamente tratto in salvo dai suoi compagni.

    Inoltre una dozzina di partecipanti alla protesta sono stati arrestati, addirittura prelevati mentre erano già sugli autobus per ritornare a casa dopo la dispersione.

    Su questa infausta vicenda il Movimento delle donne curde in Europa (TJK-E) e la Confederazioneeuropea delle Associazioni curde (KCDK-E) hanno emesso un comunicato congiunto condannando la violenza esercitata sui manifestanti e richiesto delle scuse da parte del governo olandese.

    Risale ormai a oltre sette mesi fa (17 aprile 2022) l’avvio dell’ennesima operazione turca contro il PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), utilizzando l’aviazione e bombardando ripetutamente le zone in cui sono insediati i villaggi curdi del Sud-Kurdistan. Incendiando le foreste e facendo uso di sostanze chimiche. Stando a quanto denunciavano le HPG (Forze di Difesa del Popolo, considerate il braccio armato del PKK) tali sostanze negli ultimi sei mesi sarebbero state utilizzate in 2470 occasioni (quelle finora documentate). Mentre “soltanto” 367 volte nel 2021.

    Dall’ aprile 2022 almeno una novantina di guerriglieri avrebbero perso la vita per tali cause. 

    Ma se in Olanda i curdi piangono, in Svizzera di sicuro non ridono.

    In linea del resto con quanto sta avvenendo un po’ dovunque. Dalla Serbia alla Francia, dalla Germania addirittura all’Armenia.Ormai l’espulsione dei curdi (in genere verso le galere turche o iraniane) non fa più nemmeno notizia.

    L’ultimo caso è quello di Tawar. In Svizzera da sei anni, la militante curda aderente a Lawan (organizzazione giovanile del Partito democratico del Kurdistan-Iran), è già stata convocata dalle autorità elvetiche per informarla che la sua domanda d’asilo viene rigettata e che dovrà lasciare il Paese. Tawar era politicamente in stretto rapporto con i militanti uccisi nella sede del PDK-I di Koya (città dove viveva prima di espatriare) dai missili iraniani nel settembre 2018. E molto probabilmente, qualora non se ne fosse andata in precedenza, sarebbe ugualmente rimasta vittima dell’attacco (orchestrato, pare, direttamente dai Guardiani della rivoluzione). Del resto anche recentemente i missili iraniani hanno nuovamente colpito le sedi del PDK-I in territorio iracheno (nella regione autonoma del Kurdistan del Sud) uccidendo una dozzina di persone.Peggio ancora se dovesse finire in Iran, pensando a quanto subiscono i curdi che vivono all’interno dei confini iraniani (dove forniscono circa la metà dei prigionieri politici dell’intero Paese).E’ auspicabile che la Svizzera ci ripensi.In caso contrario dovremo tornare a intonare tristemente la canzone di Pietro Gori “Addio Lugano bella”.Ricordate? “Elvezia il tuo governo schiavo d’altrui si rende, di un popolo gagliardo le tradizioni offende…”.

    Gianni Sartori

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