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Guerra in Ucraina. Contrasti nell’amministrazione Usa sui negoziati con la Russia

Secondo il New York Times l’amministrazione USA è divisa in merito all’opportunità di sollecitare Zelensky, a cercare una soluzione diplomatica al conflitto con la Russia.

Il “New York Times”, cita le recenti dichiarazioni del capo dello stato maggiore congiunto delle Forze armate Usa, generale Mark Milley, secondo cui il ritiro russo da Kherson potrebbe offrire l’opportunità per una cessazione delle ostilità. Fonti anonime citate dal quotidiano riferiscono che la posizione espressa di Milley si scontra però col parere diverso di “altri consiglieri del presidente Biden”, secondo i quali sarebbe ancora “troppo presto” per intavolare negoziati.

Per i “falchi”dell’amministrazione Usa, una pausa nelle ostilità in Ucraina “darebbe soltanto al presidente russo Vladimir Putin un’opportunità per riconsolidare” le sue forze. Diversi collaboratori di Biden ritengono che il conflitto in Ucraina “alla fine sarà risolto tramite negoziati, ma hanno concluso che il momento non sia quello giusto, e che gli Usa non dovrebbero mostrare di esercitare pressioni sull’Ucraina quando quest’ultima ha dalla sua l’iniziativa”.

Le due differenti posizioni all’interno dell’amministrazione statunitense avrebbero animato un dibattito acceso, divenuto di dominio pubblico dopo le ultime dichiarazioni del generale Milley, secondo cui il ritiro delle forze armate russe dalla sponda ovest del fiume Dnepr e da Kherson, se confermato, aprirebbe una “finestra di dialogo” per tentare di porre fine alla guerra in Ucraina. Per Milley il conflitto in corso dallo scorso febbraio è costato alla Russia la perdita di oltre 100 mila militari tra morti e feriti, e circa altrettanto all’Ucraina: allo stato attuale delle ostilità, sia la Russia che l’Ucraina dovrebbero giungere alla “mutua comprensione” che una vittoria “probabilmente non può essere raggiunta tramite mezzi militari, ed è dunque necessario tentare altre strade”. A detta di Milley, la Russia ha accumulato tra i 20 mila e i 30 mila militari a Kherson e nelle aree circostanti, dove le forze ucraine proseguono da settimane un’offensiva con scarso successo.

A parere degli analisti militari la difesa russa dei territori ad ovest del fiume Dniepr era diventata difficilissima da quando, grazie ai missili Himars forniti dagli Usa, gli ucraini avevano distrutto l’unico ponte attraverso cui Mosca poteva rifornire la regione di tutto il necessario: vettovaglie, armamenti, proiettili, medicamenti, truppe, mezzi corazzati. L’unico altro passaggio rimasto, circa 80 chilometri a Est di Kherson, è il ponte sulla diga di Nova Kakhovka, pure sotto il tiro dei missili ucraini, il cedimento della diga provocherebbe inondazioni catastrofiche nel territorio conteso. Vladimir Leontyev, capo dell’amministrazione cittadina ha denunciato all’agenzia russa RIA Novosti  che nella serata di ieri e per tutta la notte, le truppe ucraine hanno continuato a bombardare Novaya Kakhovka e la centrale idroelettrica di Kakhovka.

Avendo ritirato le truppe sulla sponda orientale, i russi si sono attestati su posizioni estremamente difficili da attaccare per le truppe ucraine. Inoltre in tutta la regione di Kherson, il Dnepr è largo almeno mezzo chilometro e costituisce dunque una barriera formidabile per un’eventuale prosecuzione dell’offensiva da parte delle truppe di Kiev. I russi a questo punto potranno spostare una gran quantità di uomini e mezzi nel Donbass e nella regione di Zaporizhzhia, stabilizzando così il fronte anche a Est.

I russi hanno mantenuto la capacità di danneggiare le infrastrutture elettriche e idriche ucraine e da quelle parti l’inverno ormai in arrivo è rigidissimo. Le temperature a Kiev, e non solo, scendono facilmente al di sotto dei 20 gradi sottozero. Chiedere ancora alla popolazione di resistere con acqua e luce razionata in queste condizioni sarebbe complicato rischioso per le autorità di Kiev, e altrettanto complicato sarebbe garantire la produzione e i rifornimenti all’esercito.

L’attenzione a questo punto si sposta in Asia e precisamente a Phnom Pen in Cambogia, dove è in corso il vertice dell’Asean e sono presenti sia il ministro degli esteri russo che quello ucraino. Il ministro degli Esteri dell’Ucraina, ha affermato di essere pronto a considerare un eventuale incontro con l’omologo russo Sergej Lavrov, nel caso venisse avanzata tale richiesta. Lavrov “non ha chiesto un incontro, come si usa a livello diplomatico; qualora lo facesse, prenderemo attentamente in considerazione la richiesta, considerando tutti gli aspetti e la realtà della situazione attuale”, ha detto Kuleba. Il viceministro degli Esteri di Mosca, Serghei Ryabkov, aveva affermato nei giorni scorsi che la Russia è aperta al dialogo sull’Ucraina senza precondizioni.

Se può essere colto come segnale, la delegazione statunitense al vertice Asean questa volta è rimasta nella sala ad ascoltare l’intervento di Lavrov invece di alzarsi e andarsene come accaduto in altri vertici internazionali.

Ma al momento il vertice Asean in Cambogia, come prevedibile, si chiuderà senza accordo. La Russia si è opposta alla pubblicazione di un documento comune, definendo “inaccettabile” il linguaggio utilizzato sulla situazione in Ucraina da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati.

“Non c’è stato alcun accordo. Gli Stati Uniti e i loro alleati insistono su un linguaggio inaccettabile in relazione alla situazione in Ucraina, quindi verrà rilasciata una dichiarazione presidenziale”, ha detto Lavrov.

Il vertice Asean, in cui sono presenti sia Stati Uniti che Russia, si è quindi concluso senza un comunicato congiunto perché la Russia non ha potuto accettare i riferimenti alla guerra in Ucraina richiesti dagli Usa e dagli altri alleati; Phnom Pen si limiterà a una dichiarazione presidenziale.

 

 

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