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La Sapienza, il seminario di pace e disarmo

Padre di ogni cosa è la guerra”. Una riflessione sul frammento 53 di Eraclito “che ci portiamo dietro come una condanna convinti che la guerra faccia parte della natura umana e la pace sia un artificio, perchè l’uomo è portato a combattere tanto che si dice ‘Homo homini lupus’ che significa letteralmente ‘l’uomo è un lupo per l’uomo’”, proposto da Raniero La Valle, storico direttore dell’Avvenire d’Italia al tempo del Concilio e parlamentare della Sinistra indipendente per molte legislature, è stato il punto di partenza della “due giorni” sul Disarmo organizzata alla Facoltà di Lettere della Sapienza dal prof. Luciano Vasapollo, fondatore della “scuola di economia antropologica” e storico consulente di Fidel Castro e Hugo Chavez, per la politica economica dei governi cubano e venezuelano (impegni che continuano anche oggi).

Cattolico democratico da sempre impegnato in politica e nel sociale La Valle, e marxista militante Vasapollo, hanno offerto una lettura comune del valore della pace e del disarmo, con un’esplicita critica alla NATO, proclamando insieme che non esiste la “guerra giusta” ma giusta è solo la pace.

Entrambi hanno sposato la linea ‘No Guerra’ prendendo una posizione forte anche contro il conflitto tra Russia e Ucraina. “La guerra può finire in poco tempo, non c’è bisogno della guerra dei 30 anni. Bisognerebbe rinunciare all’unilateralismo”, hanno detto.

La “scuola” di Vasapollo ha continuato in questi mesi ad approfondire sotto il profilo scientifico il nesso causa-effetto tra la produzione delle armi e il loro uso assumendo con sempre maggiore convinzione una posizione di totale rifiuto della guerra.

Un orientamento netto e non neutrale che nasce dalla consapevolezza – ha sottolineato il docente – dei meccanismi economici che regolano le strategie militari, come si vede in questo conflitto che non è solo tra Russia e Ucraina ma tra due opposti sistemi geo-politici, che si affrontano anche in altri quadranti come il Medio Oriente, l’Iran e l’America Latina”.

Il rapporto reciproco che esiste tra il modello produttivo dominante e la società borghese prende ancor più chiaramente forza considerando il rapporto tra scienza e militarismo. Il primo elemento di chiarezza al riguardo è il contributo quantitativo – ha sottolineato Vasapollo – che la scienza riserva all’apparato globale di produzione militare e tecnologica: secondo i dati forniti in un rapporto della Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, fino a 49 università degli Stati Uniti sono complici del Complesso delle Armi Nucleari, in vari modi, diretti o indiretti: dalla gestione diretta, alle collaborazioni istituzionali, all’associazione con programmi di ricerca o con personale in programmi di sviluppo”.

Ecco, ha assicurato Vasapollo, “l’esperienza che viviamo con gli studenti della Sapienza è esattamente l’opposto: studiamo i benefici economici del dialogo e del multipolarismo, in linea con la negazione della guerra anche come possibilità sancita dalla Costituzione, benchè oggi non rispettata dalla linea bellicista assunta dai due ultimi governi senza nemmeno coinvolgere il Parlamento e contro il sentire della maggioranza dei cittadini”.

Si tratta – ha tenuto a notare – di una attualizzazione del pensiero di Gramsci che rappresenta per il nostro gruppo un punto di riferimento ineludibile”.

Non ci sarebbe stata guerra – è il ragionamento proposto da La Valle – se non si fosse negata qualsiasi alternativa all’ingresso dell’Ucraina nella NATO. In effetti non erano in gioco gli interessi vitali di nessuno, perciò sarebbe bastato un accordo sulla sicurezza senza far entrare la NATO in Ucraina.

Se poi questo era, come suonano le accuse, solo un pretesto colto da Putin per assecondare le sue pulsioni neoimperiali, sfogare la sua fobia antiamericana, ricostituire l’Unione Sovietica e restaurare addirittura il millenario impero di Pietro il grande e di san Pietroburgo, allora perché non metterlo alla prova togliendogli tale pretesto?

D’altra parte gli Stati Uniti prima hanno spinto l’Ucraina fino alla linea del fuoco, e poi dichiarato che nemmeno un soldato americano sarebbe andato sul suo suolo per difenderla nella guerra da loro provocata.

In tal modo l’Ucraina è stata presa dagli uni e dagli altri come vittima sacrificale, e come spesso accade con la vittima sacrificale, almeno secondo l’analisi di René Girard (fatta eccezione di Gesù, che ne ha smascherato il meccanismo) l’Ucraina stessa ha provocato il suo sacrificio attraverso un’insensata e letale politica di intransigenza”.

Riguardo alle risposte alla crisi, La Valle ha rilevato che “alla Russia sono state irrogate sanzioni capaci di provocare al suo popolo il massimo dolore, di metterla fuori del sistema monetario e del commercio mondiale, e in sintesi di precipitarla nella condizione di paria. Tutto ciò letteralmente annunciato da Biden, e poi fatto proprio dal corteggio dell’Europa e di tutto l’Occidente”.

Secondo La Valle, a parte l’inefficacia e l’autolesionismo di queste sanzioni, sottrarre a qualcuno l’uso del denaro e del commercio può sembrare una misura non militare e moderna, ma è in realtà una misura apocalittica ed antica, l’altra faccia della violenza apocalittica.

Il messaggio mandato alla Russia, insieme alla cacciata dal Consiglio d’Europa, dalle competizione sportive e tutto il resto, è che “la Russia deve sparire dalla faccia della terra”.

È un miracolo che di azione in reazione non si sia arrivati (finora) alla guerra nucleare, ma tutto ciò dimostra la catastroficità della politica e dell’attuale ordine globale del mondo che ci hanno portato fin qui. È tutto questo che dobbiamo cambiare”.

Nell’aula magna del Centro Universitario Marco Polo, circa 200 studenti hanno partecipato attivamente al Seminario che ha avuto relatori anche il cardinale Francesco Coccopalmerio, Mario Marazziti, per molti anni portavoce della Comunità di Sant’Egidio, il vaticanista Marco Politi, il missionario e giornalista Giulio Albanese e il direttore di Contropiano Sergio Cararo.
A coordinare i loro interventi, un altro giornalista e oggi professore alla Sapienza oltre che direttore di FarodiRoma, Salvatore Izzo.

Il card. Coccopalmerio ha elogiato il documento sulla “Fratellanza Umana” che ha ispirato il viaggio di Papa Francesco in Barhein. Coccopalmerio.

Ogni guerra – ha osservato il porporato, presidente emerito del dicastero per i testi legislativi – rappresenta anche la morte della verità. Quello in cui viviamo è un fragile equilibrio e non vogliamo sprofondare. Pochi potenti decidono della vita e della morte di milioni di persone”.

Il dialogo è l’ossigeno della pace che non può essere solo proclamata”, ha scandito il card. Coccopalmerio ricordando che per la Bibbia “Dio è fonte di pace. Dio mai conduce alla guerra”.

Marazziti ha ripercorso il cammino iniziato ad Assisi il 27 ottobre 1986 con la Giornata Mondiale di preghiera per la pace alla quale San Giovanni Paolo II invitò i leader di tutte le religioni chiedendo e ottenendo che in tutti fronti dei conflitti del mondo si rispettasse un giorno di tregua.

Da allora ogni anno la Comunità di S. Egidio ripropone la formula della preghiera contemporanea dei capi religiosi e la condanna di ogni pretesto religioso della violenza è diventata un patrimonio comune.

Marazziti ha anche raccontato l’iter della mozione contro la pena di morte votata a grande maggioranza dall’Onu e che ha visto dispiegare un grande impegno della Comunità di S. Egidio.

Tutto nacque dalla lettera ricevuta da un condannato a morte, con il quale iniziò una corrispondenza”, ha rivelato offrendo ai ragazzi della Sapienza la possibilità di seguire lo stesso percorso avvicinandosi attraverso scambi epistolari alle sofferenze di chi in un braccio della morte attende per mesi e anni la propria esecuzione.

Nella seconda sessione, dedicata alla comunicazione nel tempo della guerra, è stato rilevato l’oscuramento che i media hanno decretato al tema del disarmo proponendo al contrario l’invio delle armi come la soluzione che consente di partecipare alla guerra senza correre (in apparenza) troppi rischi.

La spesa militare – ha osservato padre Albanese – cresce raggiungendo nel mondo nel 2021 un livello record di 2,1 trilioni di dollari, ma nell’Africa sub-sahariana l’aumento in spese militari è stato addirittura del 51%, ammontando a 20,1 miliardi di dollari.

Fino a qualche anno fa, ha ricordato il missionario comboniano, l’Africa è stato teatro delle “cosiddette guerre per procura tra due blocchi”, cioè l’ex Unione Sovietica da una parte e i Paesi occidentali dall’altra. Oggi, invece, si sta proponendo un nuovo scenario, ha spiegato padre Giulio.

Uno scenario inedito, perché riveduto e corretto della guerra fredda.” “È evidente che in questi ultimi anni vi sono stati molteplici interessi da parte dei grandi players internazionali, rivolti al controllo delle commodity, delle materie prime. E noi sappiamo che l’Africa – o meglio le Afriche – sono davvero una miniera a cielo aperto”.

Padre Albanese ha citato non solo ai minerali e alle fonti energetiche, ma anche alle fonti agricole “spesso dimenticate”.

Padre Albanese ha ribadito che “dove non passano le merci, passano gli eserciti”. “Oggi, siccome gli attori internazionali sono tanti e il mondo è sempre più diviso, è evidente che si acuisca a dismisura questa conflittualità. Il problema vero è che poi tutta questa spesa bellica grava sulle casse degli Stati sovrani, e questo non fa altro che acuire a dismisura l’esclusione sociale e soprattutto la povertà”.

Padre Albanese ha parlato anche della corruzione, specificando che il vero problema, quando si parla di corruzione, è che “solitamente siamo portati a stigmatizzare il male fatto dai regimi corrotti, dai regimi totalitari, che possono essere presenti nell’Africa sub-sahariana”.

Ma ci dimentichiamo che la corruzione è un’operazione di business: “Il che significa che da una parte c’è la domanda e dall’altra c’è l’offerta, da una parte c’è il corrotto e dall’altra c’è il corruttore”.

È ingiusto che quando vengono stilati i rapporti internazionali sulla corruzione, i Paesi africani siano sempre i peggiori in assoluto perché “se è un’operazione di business, è evidente che il giro d’affari va ben al di là di quello che finisce nelle tasche dei corrotti. Dobbiamo tener conto anche della ricchezza che finisce nelle tasche dei corruttori: i potentati internazionali di vario genere che fanno affari in Africa”.

E dunque – ha concluso padre Albanese – se parliamo della corruzione in questi termini, allora sì, è evidente che la corruzione rappresenta un fattore destabilizzante, ma non parliamo solo della corruzione ad intra, perché questo è altamente ingiusto”.

Politi, Cararo e Izzo hanno presentato le dinamiche dei media che raccontano la guerra con eccessiva vicinanza o troppo distacco, comunque faticando a mantenere un atteggiamento corretto da un punto di vista professionale.

Per Marco Politi “il Pontefice argentino rappresenta un’ostinata voce alternativa alla passività del governo Draghi, oggi ereditata dal governo Meloni. Ha condannato ripetutamente le distruzioni e le violenze inflitte dai russi alla ‘martoriata Ucraina’, ha denunciato nettamente le responsabilità di Mosca e al tempo stesso ha ricordato che il conflitto non era inevitabile, che la corsa continua al riarmo è insensata, che la continuazione della guerra non porta da nessuna parte e che l’unica via d’uscita è quella millenaria: fermare i combattimenti, sedersi al tavolo e negoziare un accordo di pace”.

Dal dibattito, a cui ha partecipato anche il vignettista di FarodiRoma, Andrea Sillioni, è poi emerso l’auspicio che la Chiesa promuova pratiche e strategie nonviolente (per esempio: resistenza nonviolenta, giustizia riparativa, guarigione dai traumi, protezione non armata dei civili, trasformazione dei conflitti, strategie di costruzione della pace) e che si concretizzi una conversazione globale sulla nonviolenza con persone di altre fedi e visioni per dare risposta alle enormi crisi del nostro tempo utilizzando la visione e le strategie della nonviolenza.

Si continui a sostenere – è stato detto – la necessità di abolire le guerre e l’uso delle armi; si innalzi la voce profetica della Chiesa per sfidare le grandi potenze mondiali ingiuste e sostenga e difenda gli attivisti nonviolenti che per il loro impegno per la pace e la giustizia mettono a rischio le loro vite.

Sempre mantenendo ciascuno la propria identità come avviene ad esempio, nell’ambito universitario, alla Sapienza, con la scuola di economia antropologica di Vasapollo, nella quale convivono la visione marxista e quella cristiana, entrambe schierate contro una visione unipolare e basata sulla logica oppressiva del profitto, come richiamato dal docente nel suo intervento conclusivo.

Al fine di proteggere ulteriormente il loro capitale all’estero, gli USA e l’UE – ha spiegato Vasapollo – hanno creato una nuova dottrina NATO che rende legali le guerre di aggressione contro ogni Paese che minacci interessi economici vitali (delle loro multinazionali), chiamandole ‘guerre preventive’. Le alleanze militari dello Stato imperiale con più Stati sono fatte per assicurare un lasciapassare per le multinazionali americane ed europee all’interno dei Paesi ‘deboli’ e per garantire che i profitti possano essere rimpatriati senza problemi nelle sedi centrali negli Stati Uniti e nell’Europa occidentale”.

 * da IlFarodiRoma

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