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Vertice ad Ankara tra i capi delle intelligence russa e statunitense

I capi dei servizi di intelligence svolgono spesso la funzione di “apripista”. Il direttore della CIA William Burns ha incontrato ieri ad Ankara il suo omologo, Sergey Naryshkin, capo dei servizi segreti esteri della Russia. Occorre rammentare che Burns è stato ambasciatore statunitense in Russia.

L’incontro è stato confermato sia da fonti Usa che russe.

Secondo l’agenzia di stampa TASS, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha dichiarato che: “Tali negoziati hanno avuto luogo davvero. È stata un’iniziativa della parte americana”.

Conferme del dialogo in corso sono arrivate proprio dagli Stati Uniti. “Non si tratta di un negoziato, non si sta cercando una via d’uscita alla guerra in Ucraina. Con i russi siamo stati chiari sui rischi di una escalation, soprattutto nucleare”, ha dichiarato un funzionario della Casa Bianca, che ha preferito rimanere anonimo, ma ha aggiunto che con gli ucraini il dialogo c’era già stato.

Un funzionario statunitense, che ha parlato con l’agenzia di stampa Reuters a condizione di anonimato, ha sottolineato che Burns “non sta conducendo trattative di alcun tipo. Non sta discutendo di risolvere la guerra in Ucraina. Sta trasmettendo un messaggio sulle conseguenze dell’uso di armi nucleari da parte della Russia e sui rischi di un’escalation verso la stabilità strategica”.

Il primo a riportare la notizia è stato il quotidiano russo Kommersant. Sul tema nucleare era già intervenuto Jake Sullivan. Il consigliere per la sicurezza nazionale americano ha aperto un canale con ufficiali russi con l’obiettivo di ridurre il rischio di ricorso al nucleare e tentare di dare nuovo impulso al trattato di non proliferazione nucleare rimasto lettera morta.

L’incontro ad Ankara certifica il ruolo centrale della Turchia non solo nella mediazione tra Russia e Ucraina, ma anche nel dialogo tra la Nato e il Cremlino.

Ma diventare un “crocevia diplomatico” comporta anche dei prezzi. Proprio Ankara domenica è stata oggetto di un attentato nelle strade affollate del centro del quale il governo si è affrettato ad incolpare i curdi del Pkk, ma questi ultimi hanno smentito ogni responsabilità.

Il ministro dell’Interno turco Suleiman Soylu ha affermato che Ankara non accetta le condoglianze di Washington in relazione all’attacco terroristico nel centro di Istanbul, osservando che sa dove è stato coordinato l’attacco, e la Turchia “non ha più tolleranza per questi atti infidi”. Per stemperare le tensioni, Biden ha annunciato che confermerà la vendita di 40 jet F35 alla Turchia.

Ankara del resto è il luogo in cui il presidente ucraino Volodimir Zelensky ha dichiarato che un negoziato potrebbe essere possibile. Un’opzione che non dispiace neanche al leader russo Vladimir Putin. Ma la dichiarazione di Vladimir Zelensky secondo cui non ci sarà alcun “Minsk-3” conferma la posizione di Kyiv di riluttanza a negoziare, ha detto alla RIA Novosti il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.

Qualche altro segnale di dialogo si è palesato. Sia al vertice dell’Asean a Phnom Pen che a quello del G20 in Indonesia – diversamente che in altri vertici internazionali precedenti – la delegazione statunitense non si è alzata e andata via quando è intervenuto il ministro degli Esteri russo Lavrov.

Insomma spiragli di negoziato si sono aperti ma ancora tanti, tantissimi tasselli vanno incastrati nel percorso che potrebbe portare quantomeno ad un cessate il fuoco in Ucraina.

Secondo il giornale statunitense “Politico”, diversi funzionari dell’amministrazione Usa continuano a sostenere la posizione espressa pubblicamente nei giorni scorsi dal capo dello stato maggiore congiunto, generale Mark Milley, che ha definito il ritiro da Kherson una potenziale “finestra aperta” per la pace.

Washington teme che tali messaggi possano essere interpretati da Kiev come un venir meno del sostegno statunitense; dagli alleati degli Stati Uniti giungono inoltre segnali di preoccupazione per i costi globali crescenti del conflitto, e per il progressivo ridimensionamento dei loro arsenali a seguito dei continui aiuti militari alle forze ucraine.

Secondo le fonti citate da “Politico”, il dipartimento della Difesa Usa avverte che le difficoltà incontrate dalle forze ucraine nelle scorse settimane, prima del ritiro russo da Kherson, sono un’anticipazione di quanto accadrà qualora Kiev tentasse di riconquistare i territori occupati dalla Russia dal 2014. Inoltre, il dipartimento di Stato Usa starebbe “gettando le basi” per colloqui di pace tra Ucraina e Russia, che però Washington intenderebbe agevolare solo “in piena consultazione con i partner a Kiev”.

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1 Commento


  • Gianfranco

    Tutta fuffa… La Russia non è crollata come pensavano, la maggior parte delle nazioni non ne vuol sapere delle sanzioni USA, la Cina resta vicina alla Russia. Si cerca di agitare l’ostacolo.

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