Siamo già abituati da tempo alla vuotezza delle parole di libertà e ‘civiltà’ dell’Occidente che si dice paladino dei diritti umani, e la progressiva erosione dei diritti civili e sociali, fisiologica per il sistema capitalistico attuale man mano che la sua crisi s’inasprisce, rende evidente ogni giorno di più la tendenza ad un imbarbarimento generalizzato.
Pochi giorni dopo aver sorbito la ‘lettera’ agli studenti del ministro Valditara, in cui loda la bontà di quella che viene da tempo presentata come l’unica soluzione possibile e pensabile per un’organizzazione sociale che garantisca libertà e diritti, cioè ‘la liberaldemocrazia’ – neanche a dirlo, nell’alveo del capitalismo – in occasione del convegno “Nel socialismo l’amore è legge: rivoluzione, uguaglianza e famiglie a Cuba”, organizzato da Cambiare Rotta e dall’Associazione Italia-Cuba, martedì abbiamo potuto sentire dal vivo l’alternativa reale.
La delegazione cubana composta da Yamila González Ferrer e Leonardo Pérez Gallardo, dell’Unione Nazionale Giuristi Cubani e componenti della Commissione di Redazione del Codice di famiglia, oltre che Enmanuel George López, del Gruppo di Coordinamento RIAM, è venuta alla Sapienza per ricordarci che un altro modello di società non solo è possibile e realizzabile, ma che non può esserci reale, consistente e sostanziale avanzamento in campo di diritti senza un radicale cambiamento dei rapporti sociali e di forza, e senza lo sviluppo di un modello di società alternativo, che garantisca le condizioni materiali per questo cambiamento nel tempo.
Il processo rivoluzionario di Cuba socialista, pur schiacciata dalle politiche criminali e dal blocco statunitensi da ormai 60 anni, è riuscito a portare avanti il progetto di un modello sociale ed economico alternativo, diventando anche, con l’approvazione a settembre del nuovo Codice delle famiglie, il paese con lo statuto giuridico familiare più avanzato dal punto di vista dei diritti e del riconoscimento di modelli familiari ‘non tradizionali’, approvato tramite referendum dalla popolazione dopo uno straordinario processo democratico di discussione e modifica.
Oltre 79mila incontri popolari e con un lavoro di educazione e sensibilizzazione svolto sia attraverso i media statali, con programmi dedicati alla televisione, sia trasversalmente all’interno della società, nelle organizzazioni, nelle unioni dei lavoratori, tra i militanti.
In questo, Cuba si è dimostrata avanguardia in termini di partecipazione democratica e popolare alla vita sociale e politica del proprio paese, smentendo alla luce del sole qualsiasi tentativo dell’imperialismo statunitense di manipolare mediaticamente il processo rivoluzionario cubano.
Si è parlato della funzione di rottura del Codice, che “intende superare uno dei pilastri fondamentali del patriarcato”, ‘la’ famiglia, che nella forma in cui si è sviluppata nella società patriarcale rappresenta uno strumento essenziale per la sua stessa perpetuazione.
Lo scopo del Codice è allora quello di rompere con questo paradigma ampliandolo, rappresentato tutte l altre forme familiari già presenti nella realtà della società cubana, promuovendo l’autonomia e l’autotutela della persona nell’ambito familiare, offrendo, anche con la sostituzione del termine ‘patria potestà’ con ‘responsabilità parentale’, una prospettiva diversa sulla genitorialità (ma sui rapporti sociali in generale) che si basi su legami di affetto e responsabilità piuttosto che di possesso e autorità, ma anche una visione della divisione del lavoro domestico e di cura improntata all’equità e alla corresponsabilità e riconosciuta nel suo valore socioeconomico.
Questa rottura ovviamente opera a livello innanzitutto legale, ma non solo: il Codice delle famiglie “non è una dichiarazione di principi”, ma fondamentale è la sua applicazione pratica, nonostante in parte ostacolata materialmente dalla situazione economica derivante dal bloqueo, e l’istituzione di nuove figure istituzionali, di sanzioni civili e di sostegni, e appunto il processo di educazione popolare che lo ha preceduto e lo accompagnerà, avendo presente che certe modalità e pregiudizi sono ancora radicati e “la mentalità ci mette di più a cambiare della nostra legge”.
La radicalità del testo, tenendo a mente l’ampissimo processo di partecipazione popolare per cui è passato e il contesto in cui tutto ciò è stato possibile, mostra la fragilità della narrazione, dominante nel nostro centrosinistra, che vittimizza e individualizza laddove non riesce a ‘riassorbire’ in forme profittevoli o vantaggiose per sé tutte le nuove figure, mostrando l’incompatibilità del sistema capitalistico con qualsivoglia reale avanzamento in termini di diritti civili e sociali.
Al contrario, il Codice delle Famiglie emerge come all’avanguardia approcciando l’enorme questione dell’uguaglianza in termini di diritti civili senza dimenticare il ruolo sociale, all’interno delle famiglie e dell’intera società, di tutti e tutte.
Nessun tema viene affrontato guardando ad una società individualizzata che schiaccia all’interno della propria sfera privata ogni problematica, ma anzi, inserendole sempre all’interno dei rapporti sociali e socio-affettivi mostra una Cuba unita nel processo rivoluzionario socialista.
Nel capitalismo non si possono “scardinare i pilastri” del patriarcato, perché il capitalismo, seppure posteriore l’ha ‘ricompreso’, ne trae vantaggio e in una certa misura ne ha bisogno per perpetuarsi.
Può rinnovarsi, addolcirsi, colorarsi di rosa, di viola, ma al suo interno non può darsi un reale superamento di un modello di relazioni sociali e familiari improntate alla prevaricazione, al possesso, alla rigida asimmetria dei ruoli, perché il capitalismo stesso è fondato sulla disuguaglianza e si nutre di questi rapporti.
Di fronte alla barbarie della crisi economica, sociale e dei valori che questo sistema genera, Cuba è per noi un faro di luce, un esempio a cui mirare e una speranza.
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