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In Iran non accennano a diminuire gli scontri. Colpite le aree kurde in Iraq

Lo scontro politico e gli scontri nelle strade dell’Iran non accennano a diminuire. Nelle autorità iraniane si confrontano linee diverse sul come affrontare una protesta sociale che però non accenna a rientrare.

L’ayatollah Khamenei, in un discorso tenuto nella ribelle Isfahan, non ha usato la retorica né ha invitato all’escalation della repressione dei disordini rispetto ai precedenti discorsi fatti nelle ultime settimane.

Diversamente, diversi alti funzionari del regime hanno chiesto una decisa repressione delle manifestazioni del 20 novembre, con l’escalation repressiva contro i manifestanti nell’Iran nordoccidentale, lasciando intendere che Khamenei probabilmente ha dato il via libera all’aumento dell’uso della forza contro i manifestanti.

Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha sottolineato che le autorità responsabili dovrebbero intraprendere azioni urgenti e decisive contro i “rivoltosi” e ha accusato gli attori occidentali di disordini.

Secondo il think thank statunitense Institute for Study of War, il segretario del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale Ali Shamkhani sarebbe stato licenziato oppure si è dimessoLe voci rimangono non confermate e, sebbene Shamkhani non sia apparso né abbia rilasciato dichiarazioni da quando sono emerse, il suo silenzio non è particolarmente insolito.

Tuttavia, la pressione o la rimozione di Shamkhani potrebbe riflettere un cambiamento nell’equilibrio di potere all’interno della cerchia ristretta del regime, del tipo che avrebbe potuto portare a un cambiamento nella guida del leader supremo come risposta alle proteste.

Il comandante dell’unità delle Guardie della Rivoluzione nella provincia di Esfahan, Mojtaba Fada, ha annunciato l’arresto di una “squadra terroristica” che aveva ucciso personale di sicurezza nella provincia di Esfahan e possedeva armi da fuoco e bombe artigianali fabbricate da poco.

In alcuni casi i militari e le Guardie della Rivoluzione hanno fatto anche ricorso a mitragliatrici pesanti contro i manifestanti.

Diversi report condivisi sui social media hanno reso noto che il 19 novembre gli apparati di sicurezza iraniani hanno sparato indiscriminatamente contro i manifestanti a Mahabad, nella provincia dell’Azerbaigian occidentale.

Migliaia di persone provenienti da diverse parti del Paese hanno manifestato a Shiraz, nel sud dell’Iran, dopo le preghiere del venerdì, per condannare il recente attacco terroristico nel santuario sciita di Shah Cheragh, che ha fatto 15 morti e una quarantina di feriti. L’attentato è stato rivendicato dall’Isis.

Il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (Irgc) ha annunciato un nuovo round degli attacchi con missili e droni contro le postazioni dei curdi separatisti anti-iraniani ospitati in alcune basi nel nord dell’Iraq.

La dichiarazione dell’unità di Hamzeh Seyyed ol Shahada metteva in guardia sulla possibilità un’azione decisiva contro presunti gruppi terroristici “anti-iraniani” affiliati agli Stati Uniti in tutta l’area, creando le condizioni per dispiegare truppe in altre città all’interno del Kurdistan e delle province dell’Azerbaigian occidentale nei prossimi giorni.

Sullo sfondo ci sono poi i campionati mondiali di calcio in Qatar, la petromonarchia forse meno ostile all’Iran. Ad ogni conferenza stampa dell’allenatore della nazionale di calcio iraniana, Carlos Queiroz, o di uno dei giocatori, i giornalisti inglesi hanno chiesto come potessero rappresentare una nazione che “opprime le donne”, “reprime le manifestazioni” e altre questioni simili. Alla vigilia della partita tra Iran e Inghilterra la pressione si era fatta ancora più forte.

Poi è successo che durante la conferenza stampa dell’allenatore inglese Southgate, un giornalista iraniano, prima di porgli la domanda, ha esordito dicendo: “Come vede qui ci sono molti giornalisti iraniani, ma nessuno le ha posto domande politiche, chiedendole ad esempio come fa a rappresentare una nazione che in Afghanistan ha ucciso molte donne e bambini innocenti, che la popolazione inglese non è soddisfatta delle enormi spese che ci sono state per il funerale della regina o sul difficile inverno che aspetta l’Inghilterra. Noi ci limitiamo a porre domande di tipo tecnico e sportivo perché vogliamo ricordare che siamo qui per parlare di calcio”.

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2 Commenti


  • Vannini Andrea

    bell’ articolo. bravi voi e bravo il giornalista iraniano.


  • Gianni Sartori

    PER COMBATTERE L’OPPOSIZIONE CURDA L’IRAN POTREBBE INVADERE L’IRAQ

    (GIANNI SARTORI)

    Prendendo a modello l’astuto Erdogan (che ora sembra raccogliere qualche simpatia anche tra i nostrani rosso-bruni), Teheran potrebbe emulare Ankara. Del resto, anche quando Turchia e Iran erano in contrasto su quasi tutto, su una cosa concordavano: togliere di mezzo la resistenza curda, magari sterminando la popolazione (curda) stessa.

    Se finora poteva persistere una certa comprensione per gli eredi della legittima ribellione antimperialista del 1979 (poi comunque presto degenerata in teocrazia), di sicuro negli ultimi mesi ogni speranza di rinnovamento per l’Iran odierno è andata a ramengo.

    Pur nella consapevolezza che le rivolte iniziate nel Rojhilat e da qui estese in tutto il paese (in particolare nel Belucistan) potrebbero venir dirottate, strumentalizzate (per esempio dai nostalgici del regime monarchico o più semplicemente dalla CIA), è evidente che così non poteva continuare. Soprattutto per le popolazioni minorizzate come i Curdi e i Beluci.

    Ed è appunto contro i dissidenti curdi, i partiti dell’opposizione rifugiati in Iraq che potrebbe scattare l’ulteriore rappresaglia del regime. Prendendo a modello le operazioni turche in atto nel nord della Siria (Rojava) e dell’Iraq (Bashur).

    In questi giorni il regime iraniano ha posizionato oltre 700 (settecento!) veicoli militari alla frontiera con l’Iraq.

    Solo una minaccia o il preludio all’invasione vera e propria, via terra?

    Stando a quanto denunciava l’Ong Hengaw, centinaia di blindati iraniani si trovano attualmente parcheggiati nelle città di Piranshahr, Oshnovieh e Sardasht, in prossimità del confine.

    Un innalzamento del livello dello scontro contro le organizzazioni curdo-iraniane che già vengono regolarmente bombardate dall’inizio delle manifestazioni.

    Inevitabile pensare ad un’azione combinata, simultanea e convergente (come una tenaglia) tra Ankara e Teheran.

    Una stessa logica genocida che nel nord della Siria assume i tratti di una vera e propria sostituzione etnica. Appare infatti scontata l’intenzione di Erdogan di esportare i rifugiati siriani attualmente in Turchia nei territori curdi una volta che siano stato “ripuliti” e svuotati.

    Prevedendo forse quanto stava accadendo alcuni associazioni curde avevano lanciato due campagne di tweets (#Noflyzone4Kurdistan_Iran e #TurkeyAttacksRojava)

    Chiedendo alle Nazioni Unite di chiudere gli spazi aerei siriano e iraniano proprio per fermare l’invasione del Rojava in corso e bloccare sul nascere la possibile invasione dell’Iraq.

    Gianni Sartori

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