Quindici persone, di cui 14 civili, sono state uccise questa mattina in un attacco delle forze aeree israeliane contro un edificio residenziale a Damasco. Lo riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti umani, organizzazione con sede a Beirut.
Il ministero della Difesa siriano, in precedenza, aveva riportato un bilancio provvisorio di cinque vittime, “fra cui un militare”, e 15 feriti di cui “alcuni in condizioni critiche”. Secondo l’Osservatorio, l’attacco ha colpito un edificio vicino a un centro culturale iraniano, nel quartiere della capitale siriana di Kafr Sousa. I filmati pubblicati dai media statali siriani mostrano un edificio di dieci piani che è stato gravemente danneggiato durante l’attacco, schiacciando l’intera struttura sottostante.
È “l’attacco israeliano più mortale alla capitale siriana” sino a oggi, ha affermato Rami Abdel Rahman, direttore dell’Osservatorio. Secondo l’agenzia di stampa statale siriana “Sana”, diversi edifici sono stati danneggiati. Secondo il ministero della Difesa siriano, l’attacco è stato effettuato intorno alle 00:22 (le 22:22 in Italia) dalle alture del Golan e ha “preso di mira diverse aree di Damasco e dintorni, comprese alcuni quartieri residenziali”.
Al momento, come di consueto, non ci sono commenti da parte delle autorità israeliane in merito alle accuse provenienti dalla Siria. Secondo i media siriani, la contraerea di Damasco avrebbe intercettato la maggior parte dei missili lanciati sugli obiettivi. I caccia israeliani avrebbero preso di mira anche obiettivi militari vicino all’aeroporto internazionale di Damasco.
Il raid israeliano contro la Siria già duramente devastata dal terremoto, appare non solo una aggressione gratuita ma un vero e proprio spezzone incendiario lanciato sul Medio Oriente.
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Marzia Tozzi
Cosa pensa di fare la comunità internazionale (ONU, USA, EUROPA)?
Sanzionato Israele? Mandiamo armi alla Siria?
Giorgio Stern
Certo Israele una volta di più si marchia dell’infamia più disgustosa. Mettiamolo in memoria e non dimentichiamolo mai. All’infamia, storicamente propria della ideologia sionista, si aggiunge l’infamia dei complici occidentali, muti davanti ai fatti più disgustosi e ciarlatani nel costruire altri di sana pianta.
Un sintomo, tra i molti, del declino di quella che fu la nostra civiltà.
Giorgio Stern
Giancarlo staffo
La civiltà non è occidentale…
Ermanno
ma perché???
Gianni Sartori
MENTRE A EREVAN SI RICORDANO LE VITTIME DEL POGROM DEL 1988, IN IRAN GLI ARMENI MANIFESTANO A SOSTEGNO DELLA REPUBBLICA DELL’ARTSAKH
Gianni Sartori
All’epoca dell’attacco dell’Azerbaijan ai territori armeni della Repubblica dell’Artsakh (con il sostegno di Ankara a cui Baku fornisce un quinto delle sue importazioni di gas naturale, oltre a ingenti quantità di barili di petrolio dal Mar Caspio), era lecito aspettarsi un maggiore sostegno all’Armenia da parte dell’Iran, in linea con una certa tradizione. Magari paradossalmente, in quanto gli azeri sono in maggioranza sciiti come gli iraniani. In compenso, Israele non mancava di mostrare sostegno (fornendo droni presumibilmente) alle richieste azere, in chiave anti-iraniana. Misteri della geopolitica. Poi sappiamo che le cose andarono diversamente.
Vedi: https://www.rivistaetnie.com/nagorno-karabakh-iran-126242/
Tuttavia in Iran gli armeni rimangono una minoranza tutto sommato tutelata, garantita (sicuramente più di altre, vedi curdi e beluci) e anche la causa dell’Artsakh gode ancora di qualche simpatia.
O almeno così sembrerebbe dalla notizia del recente raduno di Sourp Amenaprguitch. Nella mattinata del 24 febbraio, nonostante le condizioni atmosferiche inclementi, presto il monastero di Sourp Amenaprguitch (Santo Salvatore) di Ispahan si è tenuto un raduno di solidarietà con la popolazione armena della Repubblica dell’Artsakh (Nagorno Karabakh). Oltre alle comunità armene di Nor Jugha (Nuova Djulfa, un quartiere di Ispahan fondato dagli armeni di Djulfa nel 17° secolo) e di Shahinshahr, erano presenti molti armeni provenienti da ogni parte dell’Iran.
Numerosi gli interventi e i messaggi arrivati a sostegno alla causa della popolazione armena della Repubblica (de facto, anche se non riconosciuta in ambito onusiano) dell’Artsakh.
Quasi contemporaneamente, due giorni dopo, in Armenia venivano commemorate le vittime del massacro di Sumgaït (quartiere industriale a nord di Baku). Il Presidente armeno Vahagn Khatchatourian con il Primo Ministro Nikol Pashinyan, il Presidente del parlamento Alen Simonyan e altre figure istituzionali si sono recati al memoriale di Tsitsernakaberd a Erevan deponendo una corona e mazzi di fiori.
Il memoriale ricorda le persone uccise nei pogrom avvenuti (con la probabile complicità delle autorità azere) nel febbraio 1988 a Sumgaït, Kirovabad e Baku. Il massacro (in qualche modo un preludio alla guerra del 1992 in quanto legato alla questione del Nagorno Karabakh) sarebbe stato innescato da rifugiati azeri provenienti dalle città armene. Almeno ufficialmente. In realtà i responsabili andrebbero identificati tra i circa duemila limitčiki (operai immigrati delle fabbriche chimiche) a cui le autorità avevano distribuito alcolici in sovrabbondanza.
Se le fonti ufficiali azere parlarono soltanto di trentadue vittime, per gli armeni queste furono centinaia. Addirittura millecinquecento secondo il partito armeno Dashnak (oltre a centinaia di stupri).
Inoltre i militari inviati per fermare i disordini impiegarono ben due giorni per percorrere i circa trenta chilometri che separano Baku da Sumgaït. Vennero arrestate centinaia di persone, ma i processi si conclusero senza sostanziali condanne.
Gianni Sartori