Sabato si è svolta la settima giornata di mobilitazione generale contro il progetto di riforma pensionistica in discussione al Senato.
In serata il progetto è stato approvato poi dalla Camera Alta con 195 voti favorevoli contro 112 contrari, dopo che da venerdì 10 marzo – in sede di discussione – era stato adottato il “voto bloccato”, reso possibile dall’articolo 44-3 della Costituzione, che di fatto sospende la possibilità di esprimersi mediante votazione sui singoli emendamenti proposti, ma da come unica chance di voto quella sull’intero pacchetto di legge.
Quindi sia all’Assemblea Nazionale che al Senato la discussione è stata “azzoppata” dentro una cornice di discussione già ristretta nei suoi tempi, imposta dal governo, a causa dell’anomalo iter legislativo scelto per fare approvare tale legge.
É bene ricordare che nella Camera Bassa si è votato solo su due articoli, senza affrontare il famigerato articolo 7 che innalza l’età pensionabile dagli attuali 62 anni a 64, e aumenta il periodo di contributi da versare per potere accedere alla pensione.
La maggioranza governativa non aveva i numeri per far passare tale progetto e si è appoggiata ai gollisti di LR, che si sono allineati all’esecutivo, nonostante qualche incrinatura poi addirittura sanzionata dai dirigenti dei Les Républicaines.
Mercoledì si vedrà a porte chiuse a Palais-Bourbon la Commissione Mista Paritetica (CMP) composta da 7 membri del Senato, e 7 dell’Assemblea Nazionale (più i sostituti), in cui il governo insieme ai gollisti possono contare sulla maggioranza, 5 al senato e 4 all’AN. La CMP cercherà di trovare una soluzione condivisa da far votare il giorno successivo: dalle 9 del mattino al Senato, e dalle 15 nella Camera Bassa.
Se non si trovasse l’ accordo, il governo imporrebbe il “famigerato” articolo 49.3, facendo passare – senza votarlo – un progetto di riforma osteggiato dalla maggiorate della popolazione (il 90% di quella ancora in età lavorativa, stando ai sondaggi) che si è espressa con ben sette mobilitazioni unitarie promosse da tutto il quadro delle organizzazioni sindacali, un’ondata di scioperi prolungati in settori strategici ed una strenua opposizione parlamentare sia della sinistra – la NUPES – che dell’estrema destra, il RN di Marie Le Pen.
E se il governo dovesse adottare questa ennesima “forzatura”, sia la sinistra che la destra porrebbero una propria “motion de censure”, cioè la sfiducia senza peraltro mischiare i propri voti.
La mobilitazione di sabato è stata una sorta di “cerniera” tra la riuscitissima iniziativa del 7 marzo e quella che è stata convocata per il 15, nel mentre i settori più combattivi hanno di fatto prolungato gli scioperi dal 7 e “rilanciato” già per la settimana che si apre.
Ad “aprire le danze” è stata la Federazione della CGT Ports et Docks che ha proclamato 72 ore di sciopero da tenersi nelle giornate del 14-15-16.
Per questo, nonostante i numeri inferiori a quella precedente, la mobilitazione di sabato è servita per dare continuità: 368.000 in piazza per il Ministero dell’Interno, più di un milione per la CGT.
Si sono tenute comunque manifestazioni su tutto il territorio nazionale, di cui la più partecipata è stata quella parigina dove si segnala una maggiore tensione rispetto alle precedenti ed un approccio più aggressivo delle forze dell’ordine nei confronti dei manifestanti, segno probabilmente di un imminente “cambio di passo” nelle strategie di contenimento delle piazze.
Il governo, durante questi quasi due mesi di mobilitazione, è rimasto del tutto sordo alle richieste dei manifestanti, e Macron ha risposto picche all’appello per un incontro proposto dagli 8 rappresentanti delle organizzazioni sindacali, affermando di volere rispettare i “tempi parlamentari”!
É chiaro che il comportamento del “Presidente dei Ricchi” e del suo esecutivo esprime ormai un modo di governare che fa fare un salto di qualità al processo di “verticalizzazione” della politica, acuendo ulteriormente il fossato tra élite e popolo, derubricando le istituzioni rappresentative a organi meramente consultivi di un Presidente “monarca” e delegittimando il peso dei corpi sociali intermedi – come i sindacati – che hanno dimostrato una grande capacità di mobilitazione dei propri iscritti, così come l’essere diventati i vettori principali del sentimento maggioritario nella popolazione.
Come gli stessi dirigenti sindacali segnalano, anche quelli solitamente più moderati, sta montando una collera che può esplodere e che sarà difficilmente contenibile e incanalabile nei binari che fino ad ora si è data “l’inter-sindacale”, nonostante i rapporti di forza fino ad ora raggiunti.
Questo, considerando che anche l’ipotesi referendaria per far esprimere i francesi sulla legge – proposta dai dirigenti sindacali, qualora venisse approvato il progetto – non sembra minimamente essere stata accolta dalla classe politica che governa il paese.
A questo punto nei prossimi giorni o prevarrà la rassegnazione – poco probabile – facendo risultare vincente la strategia di logoramento portata avanti da questo esecutivo fin dall’annuncio della riforma ai primi di gennaio; oppure la collera, in forme difficilmente prevedibili oltre a quelle fino ad ora conosciute nei settori più mobilitati – trasporti, energia, chimici, porti, operatori ecologici, in parte insegnanti e settore giovanili – e dalle embrionali Assemblee Generali “inter-professionali” che si stanno tenendo.
Come ha detto un manifestante sabato al corteo parigino: “la collera sarà più forte della rassegnazione” ed è un sentimento che continua a covare tra i più dallo scoppio del movimento dei giletes jaunes.
É questo che teme il governo, ed è quello che ci auguriamo.
Allora anche il vergognoso trattamento mediatico che ha avuto questo movimento in Italia sarà costretto a parlare della rage du peuple contro il neo-liberismo e la sua torsione autoritaria.
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Maurizio
I cortei e le manifestazioni francesi non hanno alcun appeal per i media-shit itagliani e quando anche qui arriverà la collera è giusto che i primi ad essere colpiti saranno i pennivendoli di regime che hanno venduto a loro anima e culo
Giovanni Scavazza
Bene bene. Ne vedremo delle belle!
In Francia c’hanno avuto pero’ una Rivoluzione, cosa che non c’ha avuto l’Italia, dove l’imperativo e sempre stato invece… Franza o Spagna purche’ se magna.
Giovanni Scavazza
Agli Tagliani caro Maurizio la collera j’arrivera’ soltanto quando alla maggioranza dei garantiti j’e’ metteranno la patrimoniale del 5% e pure la tassa sulla prima casa. Praticamente sui capitali che hanno fatto, ops rubato grazie all’evasione fiscale. Chi lo fara’?… Il PD?… I M5S?… 😄😅😂🤣