Mentre Vladimir Zelenskij arriva su un vagone d’oro a Varsavia, in quello che è ufficialmente lo hub degli “aiuti” militari occidentali a Kiev, nessuno pare ormai nascondere che ci sia una certa “stanchezza” nel campo dei curatori occidentali dell’Ucraina nazi-golpista.
Le forniture di armi – per la maggior parte datate – alle truppe di Kiev, che sono servite e servono a ripulire gli arsenali di molti paesi NATO dal “ferro vecchio” per far posto alle appetitose commesse di nuove tecnologie di distruzione, sembrano pian piano esaurire il proprio compito.
In diverse alte sfere militari occidentali non si fa mistero dell’augurio che, a questo punto, sarebbe preferibile che la fantomatica “controffensiva” ucraina di primavera non cominciasse nemmeno (o, peggio, cominciasse subito, così da chiudere al più presto il discorso ucraino) per evitare altre figuracce che finirebbero ai danni di quelle stesse armi occidentali.
L’ulteriore allargamento della NATO alla Finlandia (di cui si parla diffusamente in altra parte del giornale) pare inoltre aver allentato in buona parte l’interesse per l’Ucraina. Lo aveva detto anche il neo Presidente ceco, Petr Pavel, che il conflitto in Ucraina, proprio in ragione delle forniture (e delle carenze) di armi, non può durare più a lungo.
Insomma: nessuno crede che, dietro le quinte, non ci si stia muovendo – e probabilmente da tempo – per venire a capo della questione, cercando in qualche modo di salvare, se non tutta la faccia, almeno la bocca, per potersi poi vantare di qualcosa per cui, in realtà, ci si è sinora mossi nella direzione contraria.
D’altronde, è addirittura quello che è forse il più vecchio (tra quelli oggi in circolazione) e uno dei più autorevoli media polacchi, Mysl Polska, a dirsi sicuro della vittoria… russa.
Antoni Koniuszewski scrive infatti su Mysl Polska che la lotta tra Russia e Occidente in Ucraina è «una lotta a morte, in cui ci si gioca di tutto, soprattutto per Mosca. Evidentemente, alla Russia non avevano lasciato altra scelta. Dopo la vittoria sul Terzo Reich, era maturata a lungo la contrapposizione tra gli alleati. Tuttavia, la “guerra fredda” si è protratta molto e solo nel XXI secolo è successo quello che doveva accadere da tanto tempo».
In ogni caso, a parere di Koniuszewski, tanto Kiev quanto Varsavia non rivestono che un piccolo ruolo internazionale; a dispetto delle pretese di grandezza polacche e dei suoi appetiti territoriali, aggiungiamo noi.
E allora, cosa fa Zelenskij a Varsavia? Di cosa discute col Presidente polacco Andrzej Duda, a parte le informazioni ufficiali rilasciate alla stampa «sugli sviluppi della situazione in prima linea ucraina, sul sostegno internazionale e sulla cooperazione economica» (Ag. Nova)?
Già un paio di giorni fa, sul quotidiano Rzeczpospolita, l‘ex comandante delle forze di terra polacche ed ex vice Ministro della difesa, Waldemar Skrzypczak, aveva espresso l’opinione che Vladimir Zelenskij potesse presto recarsi a Varsavia per prepararsi ai negoziati con Mosca.
«Credo che si tratti del primo di una serie di viaggi», aveva detto Skrzypczak; «Zelenskij ha bisogno di cominciare a creare intorno a sé un’atmosfera di sostegno politico. Egli è in possesso della forza militare, ma ora, quando si avvicina la fine del conflitto, a mio parere, lui ha bisogno proprio dell’appoggio politico».
Su questo giornale si è detto più volte delle mire, anche abbastanza palesi, di Varsavia nei confronti dei vicini ex-sovietici, Ucraina e Bielorussia. Presentarsi ora quale principale “portavoce” delle linee atlantiche sul tema ucraino, evidentemente, agli occhi polacchi può costituire un passo avanti per reclamare anche ufficialmente alcuni “diritti storici”.
Forse è proprio su questo, piuttosto che per «per prepararsi ai negoziati con Mosca», che Zelenskij e Duda si incontrano. Dicono infatti alla redazione di RuBaltic.ru che Varsavia è la penultima capitale «dove potrebbe recarsi Zelenskij per consigliarsi sui colloqui con la Russia. Concordare le condizioni per i colloqui di pace, Zelenskij può soltanto con un paese, gli USA. Coi polacchi, Zelenskij può parlare solo dell’allargamento degli aiuti militari e di una nuova escalation».
In effetti, notano a RuBaltic, l’Ucraina è talmente importante per Washington, ha un così alto significato geostrategico, che non si porrà mai il suo passaggio sotto controllo polacco.
Sta di fatto, però – come nota il polonista Stanislav Stremidlovskij – che già lo scorso anno l’ex Ministro degli esteri polacco, Radoslaw Sikorski, aveva apertamente dichiarato che, dopo l’inizio del conflitto in Ucraina, Varsavia non era affatto convinta che il regime di Kiev potesse reggere all’urto e si stava quindi preparando a un possibile ingresso in Ucraina occidentale, in quelli che i polacchi chiamano “Kresy Wschodnie”. Tesi ripetuta anche qualche settimana fa.
Dopo i recentissimi colloqui tra il Presidente bielorusso Aleksandr Lukašenko e il direttore dell’Intelligence estera russa Sergej Nariškin, durante i quali a farla da padrone era stata proprio la “questione polacca”, a Mosca si era detto che, appunto, la maggiore attenzione era appuntata su Varsavia, che potrebbe voler arrischiare qualcosa del tipo dell’avanzata di Jozef Pilsudski contro Bielorussia e Ucraina occidentali nel 1918-1919.
Sarà una coincidenza, ma nelle stesse ore in cui Zelenskij era a pranzo con Andrzej Duda, Lukašenko volava a Mosca per colloqui di lavoro; dopo l’incontro con Vladimir Putin, oggi prenderà parte alla seduta del Consiglio superiore dello Stato unitario Russia-Bielorussia.
Insomma, in pochi in Polonia dimenticano il passato, anche se la comune russofobia cementa, temporaneamente, diverse scelte comuni. Ma, non foss’altro la presenza di centinaia di migliaia di ucraini sfollati in Polonia, visti con crescente insofferenza, torna di continuo a rinfocolare i vecchi rancori.
Tanto più che i più radicali tra i nazionalisti polacchi non hanno alcuna intenzione di dimenticare le “imprese” dei nazionalisti ucraini ai danni dei civili polacchi.
Nei giorni scorsi, la Fondazione “Wolyn, ktory pamietamy” (La Volynia che noi ricordiamo) ha aspramente criticato la deposizione di corone a L’vov, da parte di esponenti polacchi di alto livello, al monumento che ricorda polacchi e ucraini caduti nella guerra del 1918-1919. I nazionalisti polacchi dicono che non si possano mettere sullo stesso piano i difensori polacchi di L’vov e le bande dei loro assassini ucraini.
I quali ucraini, secondo un sondaggio condotto dall’Istituto internazionale di sociologia di Kiev, hanno per l’83% (era del 22% dieci anni fa) un atteggiamento positivo proprio nei confronti di Stepan Bandera, che fu a capo di quelle bande terroristiche.
Nessuna meraviglia, quindi, che appena l’8% consideri positivamente Vladimir Lenin, che il 64% veda l’Ucraina come una ex colonia dell’impero russo e oltre il 50% affermi che fosse stata l’Unione Sovietica a scatenare la Seconda guerra mondiale. In compenso, il 63% degli ucraini intervistati, considera quello polacco il popolo più vicino.
Mentre gli stessi polacchi non si fanno scrupolo di portar via vagoni interi di preziose terre nere ucraine: la stessa “attività”, nota Ukraina.ru, praticata dai tedeschi durante la guerra. Un paragone che non fa una grinza.
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