Giovedì 6 luglio, a dieci giorni dalla morte di M.Nahel a Nanterre il 27 giugno scorso che ha scatenato una rivolta urbana estesasi non solo alle maggiori città francesi (Parigi, Marsiglia, Lione) ma a tutti i comuni di media grandezza ed ai Territori Oltre-Mare (DOM-TOM) un radioso Macron, in visita al sindaco di Pau e leader della formazione alleata MoDem, François Bayrou, afferma che «l’ordine è ristabilito».
Una esternazione abbastanza paradossale considerato che nella serata di martedì hanno cominciato a circolare due notizie drammatiche sulle conseguenze dei modus operandi della polizia per reprimere violentemente la reazione che ha scatenato l’assassino del 17enne nella periferia nord-occidentale di Parigi.
La prima è che un giovane di 25 anni – Aimène Bahou – era in coma a causa di un proiettile di tipo “beanbag” sparato da un’agente dell’unità speciale RAID che l’ha colpito alla testa.
Questo tipo di munizioni è la prima volta che vengono usate sul suolo metropolitano francese, dopo essere state adoprate in differenti Territori d’Oltre-Mare.
La seconda, più tragica, è la morte di un giovane di 27 anni per arresto cardiaco, colpito al torace da una (LBD), una “flash-ball”, mentre era in scooter a Marsiglia nella notte tra sabato e domenica nella zona del Vieux-Port e che sembra estraneo alle rivolte, stando alla testimonianza della moglie.
Giovedì, nel tardo pomeriggio si è svolta nella cité di Air-Bell a Marsiglia una marche blanche in onore a Mohamed, questo il nome dell’uomo ucciso.
Macron ed il suo esecutivo desiderano un ritorno alla normalità senza che vengano messe in discussione le cause che hanno provocato una inedita settimana di rivolta urbana che sono principalmente due: l’abbandono dei quartieri popolari e il modus operandi della polizia.
Sono le due questioni su cui una parte importante della sinistra di classe, le organizzazioni sindacali combattive ed il tessuto degli attivisti stanno ritrovando una unità di proposte e di azione, quel cammino che esattamente 40 anni fa diede uno sbocco politico e cornice organizzativa dopo la rivolta scoppiate mutatis mutandis per gli stessi motivi.
Oggi come allora l’estrema destra soffia sul fuoco del razzismo, additando “il caos migratorio” come principale fattore di ciò che avvenuto, nonostante il profilo delle persone fermate dica l’esatto contrario, ma ora ha molto più spazio nel dibattito pubblico, ed una parte rilevante dei gollisti – tradizionale forza conservatrice – ne ha fatto propri i toni ed i temi trattati.
In sintesi i neo-fascisti francesi sono egemoni nel campo reazionario.
Dall’altra parte c’è un potere che oltre a reprimere è sordo e fermo nelle proprie convinzioni e va ripetendo le proprie castronerie colpevolizzanti contro i genitori dei figli dei quartieri popolari coinvolti nelle rivolte.
Sempre Macron a Pau ha ribadito: «abbiamo un problema d’autorità che comincia con la famiglia».
Questo dopo avere affermato i giorni scorsi, mentre era in visita ad una stazione della polizia del 17° arrondissement, che era a favore dell’introduzione di una pena pecuniaria per i genitori dei figli che commettono un illecito, sanzionandoli finanziariamente.
Il Presidente dei Ricchi l’ha definita «una sorta di tariffa minima dalla prima cazzata (connerie)» suscitando le ira di tutta la sinistra, riprendendo una idea di Nicolas Sarkozy di 13 anni.
Questa disposizione, abrogata da Hollande nel 2013, vorrebbe essere ripristinata da M.Cioti, il leader dei gollisti, con l’appoggio da Bruno Retaileu, altro pezzo da Novanta di LR.
Se Macron poi sembra avere in parte ridimensionato questa proposta, sempre sull’onda della colpevolizzazione dei genitori il Guardasigilli Dupont-Moretti, il 30 giugno, aveva presentato una circolare ricordando che i genitori posso essere soggetti ad una pena carceraria di 2 anni e 30 mila euro di multa in caso di mancata autorità parentale.
L’ennesimo episodio della guerra ai poveri ed allo stesso tempo di deresponsabilizzazione dello Stato.
In una lunga intervista a Mediapart apparsa questo giovedì Jean-Luc Mélenchon leader de La France Insoumise fa il quadro della situazione di fronte al processo di pesante criminalizzazione che le posizioni prese dalla sua formazione politica hanno suscitato, rilanciando l’attività politica tout court.
Il compito della LFI è: «formulare una valutazione politica d’un problema politico a cui dare risposte politiche» a differenza di ciò che sta facendo il Presidente che oltre a dare la colpa ai video-giochi e ai genitori ha: «ha passato il suo tempo a rincorrere la polizia», dopo un primo momento in cui aveva avuto una reazione umana.
Mélenchon afferma – anzi ribadisce – senza mezzi termini che: «noi siamo in pericolo perché il potere non controlla la polizia. Ne ha paura. Gli è sottomesso».
Difficile dargli torto dopo la mancata presa di posizione da parte del Presidente e dell’esecutivo di fronte al comunicato congiunto del maggior sindacato della polizia – Alliance – insieme alla branca dell’UNSA degli agenti in cui dicevano letteralmente di essere in guerra contro orde selvagge.
La France Insoumise non si è unita al coro del “ritorno alla normalità” e proprio il suo leader ricorda l’affermazione dell’allora sindaco socialista di Clichy-sous-Bois, Claude Dilan, al Congresso del PS dopo la rivolta urbana del 2003: «voi desiderate un ritorno alla normalità, ma è la normalità che è insopportabile».
Un «blocco borghese» si è agglutinato in una sorta di «fronte anti-popolare» che ha tra i suoi avversari la LFI, un coagulo di forze che va dai liberali al governo, ai conservatori e all’estrema destra facendo saltare quel fronte repubblicano che nel bene e nel male aveva tenuto come argine all’affermazione dell’estrema-destra dai tempi del FN di Le Pen “padre”.
«Noi rappresentiamo un settore della popolazione» afferma Mélenchon, essendo consapevole della necessità di parlare a quel blocco sociale di riferimento per cui la LFI è una possibilità di riscatto, non importa se le proprie dichiarazioni vengono criminalizzate perché sa di difendere degli interessi di classe di fronte al combinato disposto della canea reazionaria.
Posizioni talvolta difficili da digerire per una parte del proprio elettorato, come le classi medie istruite e la knowledge class, ma che possono essere comprese con il tempo passata l’emotività del momento ed il becero sensazionalismo con cui vengono rappresentati gli eventi.
Il leader della LFI afferma che la polizia è «totalmente da rifondare», come suggeriscono le analisi puntuali di esperti della materia che hanno studiato a fondo il fenomeno, aggiungiamo noi.
L’atteggiamento compatto della LFI non è quello difensivo, ma propositivo: «non dobbiamo passare il nostro tempo a difenderci d’essere violenti, quando è il potere che istituzionalizza la violenza».
Nei confronti dei quartieri popolari Mélenchon indica due strade, quella del radicamento, ancora sufficiente ma comunque significativo, citando i 4000 «référents d’immeuble» nei quartieri popolari, un primato tutto della LFI, anche se la necessità è averne 4/5 volte tanto, e la strada della rappresentanza facendo eleggere deputati che provengano dalle loro fila citando i casi di Rachel cece, Carlos Martens Bilongo e di Louis Boyard.
E per ciò che riguarda la sinistra nel suo complesso specifica: «bisogna anzitutto che la sinistra esista».
La creazione della NUPES è senz’altro un traguardo, ma insufficiente. Potremmo dire che è una condizione necessaria ma non sufficiente l’unione delle organizzazioni.
L’orizzonte politico è quello di una «unione popolare» che travalichi questa sommatoria e che comprenda chi non ha ancora un ambito organizzativo.
É questa la sfida di un percorso che ha portato all’appello unitario per una mobilitazione che avrà come momento qualificante questo sabato con la manifestazione organizzata dal Comitato Verità e Giustizia per Adama a Beumont-sur-Oise, e di quella successiva del Coordinamento Nazionale contro le violenze poliziesche del 15 luglio, per trasformare in proposta politica ed unità d’azione ciò che si è espresso la scorsa settimana e per contrastare il progetto reazionario in corso incalzando l’esecutivo ed i suoi utili idioti.
In conclusione, occorre ammettere che è chiaro che in una situazione non certo facile dopo la “sconfitta” del movimento contro la riforma pensionistica, e la dissoluzione del collettivo ecologista “Les Soulèvements de la Terre”, e le inedite – per intensità ed estensione – rivolte urbane della settimana scorsa la sinistra di classe in Francia getta ulteriormente il cuore oltre l’ostacolo con i margini di azione politica che vengono sempre più erosi dall’azione libertina a tutto tondo del governo, il processo di fascistizzazione delle forze dell’ordine, e le orde di neo-fascisti lasciati scorrazzare liberamente in strada se non fosse per i gruppi organizzati di anti-fascisti.
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Paolo
beati i francesi che hanno melanchon…l’ultimo radicale italiano prima di sparire miseramente era diventato arcobaleno ed ebbe la stessa durata del fenomeno atmosferico….milioni di persone non vanno più a votare perché tanto chiunque vinca porterà sempre avanti piani stabiliti altrove da gruppi di potere sovranazionali. shlein o come si scrive, meloni, gonde…cambia faccia ma l’interesse è solo a stelle e strisce…d’Adda appiccia dicevano i 99 posse
Giancarlo staffo
La fascidtizzazione della polizia è la ricolonializzazione sub-metropolitanna sono espressione di un eurocentrismo di matrice coloniale mai rimosso, che oggi coincide con il blocco guerrafondaio euroatlantico..Quello che Joseph Borrel definisce “occidente come
giardino” da difendere con mura sempre.piu alte dalla “giungla” (il mondo barbaro…) che cresce a dismisura.
Giancarlo staffo
Tutta la sinistra deve rileggere Franz Fanon… e cambiare radicalmente metodo ed azione