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Gli scenari francesi dell’intervento in Ucraina

La notizia del giorno sembrerebbe quella secondo cui, intervistato dalla CBS, Vladimir Zelenskij avrebbe dichiarato che Kiev è disposta a colloqui con la Russia, a condizione che le forze ucraine possano tornare ai confini del 2022.

Ora, l’unica possibilità che ciò si realizzi è che le forze russe si ritirino, non certo che quelle ucraine siano in grado di muovere all’offensiva. Sembra evidente che l’uscita del nazigolpista-capo, anche sullo sfondo della riproposizione della stantia “formula Zelenskij”, non sia altro che un tentativo di mercanteggiare.

Basta ricordare, osserva Rostislav Ishchenko su Ukraina.ru, che in precedenza la condizione posta da Kiev era il ritiro russo al di là dei confini del 1991. In altra data, Zelenskij aveva anche tuonato (emettendo all’uopo uno speciale decreto) che nessun negoziato sarebbe stato ammissibile con Putin, ma solo con un «nuovo potere russo».

È tuttora inoltre in vigore la risoluzione della Rada che proibisce colloqui con Mosca nel caso vertano su concessioni territoriali ucraine. In teoria, vista la facilità con cui Zelenskij ha deciso che, alla scadenza del suo mandato, non ci sarà alcuna elezione presidenziale, anche nel caso dei colloqui con Mosca potrebbe benissimo aggirare tutte le proprie precedenti dichiarazioni e ogni decreto del parlamento.

E, però, alla luce di alcuni altri “piccoli” avvenimenti, la sensazione è che su Kiev cominci a gravare qualche pressione esterna: quantomeno per arrivare a una tregua che dia tempo agli sponsor occidentali di rifornire i propri arsenali paurosamente sguarniti per le forniture alla junta nazigolpista e, a quest’ultima, di riequilibrare diversi intrecci affaristici interni.

Per esempio: significa qualcosa che Varsavia e la NATO facciano di tutto per attribuire a semplice “fatalità” e “cause naturali”, mentre l’ufficiale era “fuori servizio”, la morte del generale polacco Adam Marczak, lo scorso 26 marzo, allo scopo di sottacere il coinvolgimento nel conflitto ucraino?

Sembra che Marczak, insieme ad altri ufficiali ucraini e NATO, si trovasse nel bunker di comando di Chasov Jar, colpito da un razzo russo “Iskander”.

Ma la NATO evita di ammettere che un alto ufficiale dell’Alleanza atlantica si trovasse sulla linea del fronte, nel posto di comando allestito dopo la caduta di Avdeevka.

Lo evita, anche se questo contraddice le aperte dichiarazioni di paesi quali Francia, Gran Bretagna, la stessa Polonia (ultima, in ordine di tempo, la Ministra degli esteri finlandese Elina Valtonen ha dichiarato al Financial Times di non poter escludere l’invio di truppe occidentali in Ucraina) sulla necessità di inviare contingenti militari in Ucraina.

Di fatto, nota l’ungherese MAGYAR HÍRLAP, oggi né gli USA, né i paesi UE, a dispetto dei vari proclami guerreschi, sarebbero in grado di condurre una guerra aperta con la Russia e, dunque, si tenta di oscurare ogni partecipazione diretta a fianco di Kiev, magari mascherandola sotto forma di “contrattisti”, “istruttori” o mercenari, poi colti da “morte improvvisa”, rigorosamente “fuori servizio”.

Al Bundestag – altro “piccolo” avvenimento – si discute di come ci si dovrebbe comportare nel caso Mosca colpisse un obiettivo in area NATO.

Stando all’agenzia DPA, il Consiglio di esperti del parlamento tedesco è del parere che non si possa applicare l’art. 5 della NATO nel caso di un dispiegamento di truppe in Ucraina da parte di uno dei paesi del blocco e un attacco russo contro di esse; mentre l’art. 5 si applicherebbe solo nel caso di scontri sul territorio di uno dei paesi NATO.

Dunque, affermano i tedeschi, l’eventuale invio di truppe francesi in Ucraina non significherebbe affatto che tutti gli altri paesi NATO diverrebbero parte in conflitto.

Ora, secondo il politologo Vadim Trukacev, sentito da Svobodnaja Pressa, il caso ucraino è specifico. Si dovesse trattare di paesi quali i Baltici, Polonia, Finlandia, la NATO interverrebbe senza dubbio.

Nel caso però Mosca colpisca un aeroporto di un paese NATO da cui fossero decollati aerei da combattimento, essi non interverrebbero; oltretutto, all’Alleanza sono convinti che la Russia non risponderebbe colpendo gli aeroporti.

Al contrario, a detta del giurista Vladimir Blinov, anche se la Russia colpisse un paese secondario della NATO, tipo Polonia o Paesi baltici, l’Occidente non scatenerebbe la terza guerra mondiale; altro fatto, «è improbabile che Mosca voglia giocare con il fuoco in questo modo. Soldati della NATO stanno già morendo in Ucraina, ma nessuno degli atlantisti ha fretta di iniziare una guerra per questo motivo».

Già oggi, afferma il giurista, la Russia avrebbe molte ragioni per dichiarare guerra ai paesi occidentali: l’attentato ai Nord Stream, ufficiali NATO in azione in Ucraina, droni sul territorio russo guidati da strumentazione NATO, ecc; «l’Unione Sovietica non avrebbe permesso al nemico di spingersi tanto oltre queste “linee rosse”».

Oggi Mosca opta per risposte asimmetriche, dice Blinov: se la Russia fornisse moderni sistemi antinave agli Houthi yemeniti, ciò bloccherebbe il commercio di paesi UE e NATO nel mar Rosso: «forse una visita della nostra flottiglia in questa parte dell’Oceano mondiale avrebbe conseguenze sul punto più sensibile dell’Occidente: l’economia».

Tra l’altro, a proposito delle esternazioni di Emmanuel Macron, Le Figaro analizza cinque possibili varianti dell’invio di truppe francesi.

Secondo la più “innocente” delle cinque, la Francia installerebbe in Ucraina fabbriche congiunte di armamenti e, quantunque queste non sarebbero affatto al sicuro dai missili russi, e il generale a riposo François Chauvancy affermi che «le spese assicurative sarebbero talmente alte da renderne improbabile la costruzione», pare che la britannica BAE Systems e la tedesca Rheinmetall si siano dette pronte a “entrare nell’affare”.

Un secondo scenario presupporrebbe l’invio in Ucraina di “istruttori” e genieri; fatto che, in realtà, non costituirebbe nulla di nuovo, così che su tale variante potrebbero concordare anche altri paesi e a detta del ministro della guerra Sebastien Lecornu, in questo caso i militari francesi non prenderebbero parte alla guerra e la Francia non diverrebbe parte in conflitto.

In ogni caso, nota però Chauvancy, Parigi dovrebbe spiegare ai francesi il rientro in patria dei genieri in sacchi mortuari.

Il terzo scenario sarebbe la cosiddetta “Difesa di Odessa”, o meglio, del frumento da esportare dal porto di Odessa. Ma la presenza francese in Ucraina, dice ancora il generale Chauvancy, comporterebbe alla fin fine «uno scontro diretto con l’esercito russo. Operativamente, la Francia potrebbe dislocare a Odessa artiglieria antiaerea, come il sistema “Mamba”, ma Parigi ne ha solo otto e molti di essi verranno utilizzati per garantire la sicurezza interna durante i Giochi olimpici».

Soprattutto, afferma un anonimo rappresentante del complesso militare-industriale francese, in tal modo la Francia diverrebbe parte in guerra e, di nuovo, si dovrebbe spiegare a quali interessi nazionali risponda la morte di francesi in terra straniera.

Secondo il quarto scenario, Parigi creerebbe zone cuscinetto in Ucraina per proteggere con propri militari i confini ucraini: i francesi non prenderebbero parte alle ostilità, sostituendo solo le guardie confinarie ucraine, da inviare al fronte.

A parere degli esperti militari, questo scenario contiene gli stessi rischi di tutti i precedenti, ma su scala più ampia. E anche la logistica solleva molti interrogativi; basti pensare che la Germania aveva già vietato ai carri armati francesi diretti in Romania di passare attraverso il proprio territorio, costringendoli a trasporto in treno.

Il quinto scenario, definito “francesi in trincea sul campo di battaglia”, viene criticato da tutti gli esperti. Innanzitutto, Parigi potrebbe inviare non più di ventimila soldati, difficilmente in grado di coordinarsi con le forze ucraine, anche solo per la barriera linguistica.

Inoltre, sorge ancora una volta la questione dei “sacchi mortuari” da spiegare alla nazione e, insieme, quella dell’interrogativo se la Francia sarebbe in grado di rispondere alla morte di propri soldati e, infine, se gli USA consentirebbero a Parigi di andare in guerra da sola.

Pare comunque assodato che al poligono de La Courtine sia già in corso l’ingaggio di duemila uomini e i media ucraini sostengono che verranno schierati al confine con la Bielorussia, mentre le guardie confinarie ucraine andranno al fronte.

Ora, è molto probabile che Emmanuel Macron si ricordi della fine ingloriosa di ciò che rimaneva della Grande Armata di mezzo milione di uomini guidata da Napoleone in Russia nel 1812; ma, a quanto pare, sembra voler volutamente ignorare che esattamente 210 anni fa, il 31 marzo 1814, era Charles Tallyrand a offrire ad Alessandro I le chiavi di Parigi.

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