Menu

Il flop del vertice di Gedda

Senza fanfare, e soprattutto senza un comunicato finale (che non è mai un buon segno nelle riunioni diplomatiche) sì è concluso il vertice di Gedda, dove curiosamente uno dei due contendenti non è stato invitato.

E non è stato invitato perché, come il vertice NATO di Vilnius, anche Gedda doveva sancire la “posizione di forza” dell’Ucraina dopo la vittoriosa controffensiva e offrire alla Russia una via d’uscita onorevole.

E invece è la posizione massimalista ucraina – i famosi “10 punti di Zelenski” – che è stata in pratica abbandonata: prevedeva la ritirata di tutte le forze russe entro i confini del 1991, il pagamento di tutti i danni di guerra, la consegna a un tribunale internazionale della leadership politica e militare russa.

Era una posizione irrealistica prima dell’inizio della controffensiva, lo è a maggior ragione oggi.

E infatti, al di là di un accenno all’integrità territoriale dell’Ucraina, che era presente anche nel piano di pace cinese (ma va ricordato che, oltre al principio dell’integrità territoriale, la carta delle Nazioni Unite prevede anche il diritto all’autodeterminazione…), non si parla più di ritiro russo ma di cessate il fuoco (quindi con le truppe russe che restano dove si trovano, centrale di Zaporižžja inclusa) seguito da negoziati sotto l’egida delle Nazioni Unite.

Non si parla più di pagamento dei danni di guerra da parte della Russia ma di progetti congiunti di ricostruzione e altri progetti economici e commerciali (anche questo già presente nel piano cinese); e la questione della consegna della leadership russa a un tribunale internazionale non è stata nemmeno accennata.

Resta da capire quanto questa posizione interessi alla Russia, e soprattutto quanto non sia un tentativo di bloccare per qualche tempo la situazione continuando però a mandare armi ed equipaggiamenti in Ucraina (cosa che alla fine alla Russia potrebbe anche non dispiacere, se contemporaneamente non si combatte più, l’Ucraina resta fuori dalla NATO e si tolgono le sanzioni).

Ieri Peskov e Medvedev hanno prodotto un bellissimo siparietto good cop/bad cop: Medvedev è partito in sordina (“è difficile condannare il desiderio di porre fine alla guerra“) per poi chiudere flamboyant scrivendo che al momento non c’è nessun bisogno di negoziati e che “il nemico deve strisciare in ginocchio, implorando pietà“.

Mentre Peskov, coi suoi occhioni da cerbiatto, ha detto a bassa voce che la Russia vuole “solo” i territori che ha inserito nella Costituzione come russi (cioè le oblast’ di Lugansk, Donetsk, Zaporižžja e Cherson, inclusa ovviamente la parte non ancora controllata dalle truppe russe) e non intende occuparne altri.

Se son rose fioriranno. Ad ogni modo pare chiaro che all’idea che la guerra finirà quando l’Ucraina avrà riconquistato tutto il suo territorio non ci crede più nessuno, nemmeno l’Ucraina.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *